Oggi è il primo giorno di Ramadan, e, come accade ogni anno, in una scuola di Milano è scoppiata una polemica sul digiuno diurno dei piccoli studenti durante il mese sacro per l’Islam. Sotto i riflettori è finita una circolare scolastica in cui il dirigente fornisce ai genitori musulmani due alternative: o i figli rimangono in mensa insieme ai compagni e mangiano i piatti proposti, o escono durante l’orario di pranzo «vista l’impossibilità di vigilare gli stessi in altri locali della scuola per mancanza di personale». Una scelta che rischia di produrre come effetto collaterale piatti inviolati (con conseguente spreco alimentare), pance che brontolano, sguardi di frustrazione, perenne acquolina in bocca, e discriminazione. Le diatribe, puntuali alla vigilia del Ramadan, sono fomentate dall’assenza di indicazioni precise e linee guida nazionali per aiutare gli istituti a rendere le scuole – e, quindi, il servizio mensa, le lezioni di educazione fisica, la ricreazione – più inclusive per gli studenti che rispettano il “sawm”. Dopotutto, anche se teoricamente i bambini sono esentati dal digiuno religioso (prescritto a partire dalla pubertà), sono tante le famiglie musulmane in cui pure i più piccoli lo osservano, evitando di ingerire cibo e bevande (inclusa l’acqua) dall’alba al tramonto.
Da che età si inizia il digiuno
Il digiuno (“sawm”) durante il Ramadan è obbligatorio per i musulmani sani adulti e adolescenti a partire dall’età della pubertà, quindi circa dai 12 anni (nelle femmine dopo il menarca, la comparsa della prima mestruazione). Durante l’infanzia infatti è fondamentale che i piccoli siano adeguatamente idratati e assumano i nutrienti essenziali per la loro crescita, con particolare attenzione a proteine, fibre, carboidrati complessi e grassi sani. Sempre più bambini però iniziano già prima della pubertà a osservare uno dei cinque pilastri dell’Islam, il digiuno appunto.
I piccoli – vedendo genitori, nonni e fratelli e sorelle più grandi astenersi dal cibo e dall’acqua dall’alba al tramonto e attendere il buio per riunirsi in comunità e rompere il digiuno – vogliono emularli e partecipare pure loro al pasto notturno, che è anche un’occasione di aggregazione.
Nel mondo anglosassone si utilizza l’espressione “baby fast” per indicare il digiuno musulmano a misura di bambino. Alcuni pargoli infatti iniziano gradualmente a digiunare, astenendosi da acqua e cibo solo per poche ore o digiunando esclusivamente nei fine settimana. Il “baby fast” prevede:
- Digiuno progressivo, evitando nei piccoli lunghi periodo di tempo senza mangiare e limitando il digiuno al massimo a qualche ora (per esempio si salta la colazione e si pranza alle 12:30)
- Assunzione di alimenti che mantengano alti i livelli di energia e di idratazione per rompere il digiuno, come frutta, verdura, succhi, frappé, acqua, insalate, yogurt, latte, frutta secca, uova, pane, formaggio, datteri (in numero dispari), evitando cibi salati, fritti o grassi che aumentano la sete
- Divisione della cena in due pasti (anziché in uno solo più abbondante), per non sovraccaricare il sistema digestivo dei piccoli
Come riporta il Los Angeles Times, per certi versi astenersi dal mangiare è più semplice per i bambini perché non hanno ancora acquisito cattive abitudini come la dipendenza dal caffè, hanno notevoli quantità di energie e sono meno vincolati dalle norme sociali (quindi, se hanno sonno, non essendo costretti a lavorare o non avendo incombenze tassative, dormono). Tuttavia, la mancanza di un’alimentazione adeguata negli anni di sviluppo rischia di avere un impatto negativo sulla salute dei piccoli, perciò i medici raccomandano alle famiglie musulmane di monitorare i bambini garantendo loro il corretto apporto nutritivo.
Il Ramadan diventa complicato quando i dettami religiosi vanno incastrati con gli obblighi accademici, le attività extrascolastiche e le uscite con i coetanei (che magari non sono musulmani e non conoscono la tradizione islamica).
Esoneri per il ciclo mestruale e lo sport
Tra gli esonerati dal digiuno, sono inclusi, come già anticipato, i bambini in età prepuberale, e pure le donne durante il periodo mestruale, oltre che gli anziani non in grado di sopportare l’astinenza alimentare, i disabili, i malati, le gestanti e le donne che allattano, chi affronta lunghi viaggi. Si consiglia quindi alle adolescenti nei giorni di mestruazioni di rompere il digiuno, recuperando i giorni persi prima del successivo Ramadan.
Mestruazioni
Secondo uno studio pubblicato sull’Iranian Journal of Riproduttive Medicine, digiunare durante le mestruazioni rappresenta un rischio, poiché è stato associato a sintomi quali oligomenorrea (irregolarità del ciclo mestruale), polimenorrea (aumento della frequenza delle mestruazioni) e ipermenorrea (mestruazioni eccessivamente abbondanti e durature).
Minori con diabete mellito
La comunità scientifica invita i genitori a prestare particolare attenzione al digiuno per Ramadan nei bambini che soffrono di diabete mellito. Astenersi dal mangiare e dal bere nei piccoli diabetici presenta diversi rischi, fra cui l’ipoglicemia.
Esami e studio
La Dar Al-Ifta egiziana, autorità religiosa che emette fatwa, ha chiarito che in caso di esami gli studenti sono esonerati dal digiuno. L’alunno ha il compito di essere “giudice di se stesso” e valutare se astenersi dal consumo di cibo rischia di danneggiare il suo percorso di studio.
Sport
E per quanto riguarda l’esercizio fisico? Un adolescente a digiuno rischia di avere poche energie per l’attività fisica scolastica ed extrascolastica. Gli allenamenti sportivi, se si digiuna (anche se solo per poche ore), dovrebbero essere meno intensi e concentrarsi al mattino presto o comunque poco dopo l’ultimo pasto, quando ancora sono sufficienti le energie fisiche per affrontare lo sforzo.
Il Ramadan a scuola (mensa, ricreazione, educazione fisica)
Ad oggi non esistono delle linee guida ministeriali che chiariscano univocamente come le scuole debbano conciliare gli obblighi e i servizi scolastici con le esigenze spirituali (come nel caso del Ramadan). Non spetta al singolo dirigente scolastico, né allo Stato decidere se uno studente debba o meno astenersi dal mangiare e bere durante il Ramadan. L’importante è che venga garantito un bilanciamento fra il diritto alla salute e le libere scelte religiose della famiglia.
Negli anni tuttavia si sono moltiplicate le polemiche sul Ramadan a scuola, specie per quegli istituti in cui è previsto il tempo pieno e quindi il servizio mensa. A scontrarsi è il regolamento scolastico di diversi istituti (che non contempla l’opzione “digiuno” per i piccoli della scuola primaria e media) con il numero crescente di studenti che già prima della pubertà saltano il pranzo. Alcuni concedono ai genitori di ritirare i figli da scuola prima dell’orario di pranzo e riportarli prima dell’inizio delle attività pomeridiane, un’apertura che fatica a conciliarsi con gli orari di lavoro di tanti genitori musulmani.
Nel 2021 l’ex dirigente dell’Istituto comprensivo Ermanno Olmi di Milano, Laura Barbirato, aveva invitato le famiglie «a riflettere sull’opportunità del digiuno dall’alba al tramonto e per un mese di fila per bambini dai 6 ai 10/11 anni» perché, per la preside, «si tratta di un’esperienza da riservare a un’età più consona e che va valutata con attenzione». Barbirato aveva segnalato episodi di svenimenti «a scuola a causa del digiuno, altri che non hanno potuto più fare attività sportiva o partecipare alle gite», precisando che il pasto a scuola «è un’attività didattica a tutti gli effetti, con valore pienamente educativo».
Esistono istituti invece che spostano gli studenti a digiuno in un’aula separata dal refettorio, evitando agli alunni che osservano il digiuno di trascorrere la pausa pranzo nello spazio mensa con i compagni che mangiano. È una soluzione percorribile nel caso in cui la scuola disponga del personale necessario per garantire l’obbligo di sorveglianza dei minori.
Il digiuno non è l’unica pratica prevista durante il Ramadan che interferisce con le ore di lezione: l’altra è la preghiera (sono cinque al giorno). Alcune scuole – come è accaduto l'anno scorso all’Istituto tecnico Marco Polo di Firenze – predispongono uno spazio per gli studenti che vogliono pregare, garantendo la conciliazione del rispetto della libertà religiosa con gli obblighi scolastici. Nella scuola superiore fiorentina, nello specifico, il dirigente Ludovico Arte aveva destinato due aule alla preghiera (che dura cinque minuti) durante il secondo intervallo della mattinata.