Pennini, alfabetieri a muro con la parola «ciliege» scritta senza “i”, copertine con l’immagine di Winston Churchill, banchi con i nomi degli scolari intagliati nel legno. A Macerata esiste un Museo interamente dedicato alla scuola italiana, che ripercorre la sua storia dall’Unità d’Italia fino al ventunesimo secolo. Nelle sale che riproducono fedelmente le pluriclassi degli anni Quaranta si intreccia la memoria di un’educazione lontana con la curiosità dei giovani studenti in visita di oggi e i ricordi degli adulti e nonni che li accompagnano. Il Museo ha alle spalle una storia familiare, quella dei coniugi Ricca che a partire dagli anni Novanta hanno iniziato a collezionare cimeli e materiale scolastico ottocenteschi e risalenti alla loro infanzia, raccogliendo un patrimonio che dal 2012 si è formalizzato nel Museo della Scuola "Paolo e Ornella Ricca" dell’Università degli Studi di Macerata. L'esposizione è da tre anni sotto la meticolosa gestione di Fabio Targhetta, docente di Storia dell’educazione e direttore del Museo, e Marta Brunelli, prof.ssa di Educazione al patrimonio e vicedirettrice. «A partire dagli oggetti emerge uno spaccato della società italiana perché chiunque di noi è stato a scuola – spiega il prof. Targhetta a Wamily –, da un lato c’è l’emozione della memoria collettiva e dei ricordi personali, dall’altro la creazione di un’identità nazionale e la trasmissione di valori».
È come se nel Museo maceratese le lancette dell’orologio avessero smesso di scorrere sul quadrante. I banchi in legno sono intatti e non hanno lasciato spazio a quelli di plastica. Le lavagne nere girevoli non sono state sostituite da quelle a muro o da supporti interattivi multimediali. In quelle aule il “pennino” indica la lamina di metallo accompagnata dal set di inchiostro e calamaio, non lo stilo elettronico del tablet. Sulle copertine dei quaderni, riprodotti in serie, non sono stampati i personaggi dei cartoni animati, ma sono vergati messaggi di propaganda politica.
«Anche le materie scolastiche sono cambiate negli anni – racconta a Wamily il direttore del Museo, il prof. Targhetta –. Le maestre che vengono in visita con i loro studenti parlano con rammarico della perdita dell’insegnamento della calligrafia a scuola. Oggi fanno fatica a correggere i compiti perché sono scritti malassimo». Il Museo della Scuola "Paolo e Ornella Ricca", oltre al percorso di visita, propone agli alunni delle scuole primarie laboratori di calligrafia o scrittura epistolare e attività per realizzare cartelle di cartone “come una volta”, permettendo ai più piccoli di vivere per un giorno un’esperienza sui banchi vecchio stampo. «Facciamo sedere i bambini, diamo loro la fotocopia di un vecchio quaderno e li invitiamo a scrivere con pennino e inchiostro – spiega Targhetta –. Non è per nulla facile perché se calchi troppo rischi di rompere la punta del pennino o di creare una macchia di inchiostro rovinando la pagina».
L’esposizione segue l’evoluzione della scuola nel corso delle epoche, spaziando dall’Ottocento e dall’Unità d’Italia alle pluriclassi povere di età giolittiana, dalla scuola di epoca fascista, ricca di materiali e sussidi didattici, agli anni della ricostruzione, fino alla scuola di massa, con i banchi verdi e i regoli per imparare a contare. «Ai ragazzi più grandi illustriamo attraverso gli oggetti le differenze tra la scuola di un tempo e la scuola di oggi – continua il prof. –. Parlare di storia della scuola significa parlare di storia d’Italia, della didattica, della pedagogia, dell’industria. Semplici quaderni possono essere in realtà veicolo di indottrinamento. Le copertine dei quaderni di epoca fascista, inclusi nella collezione del Museo, ad esempio, riportano messaggi del regime, con rimandi espliciti a Mussolini, l’esercito italiano, l’Opera Balilla, le colonie in Africa. Nella teca della scuola di massa, abbiamo esposto invece quaderni degli anni Duemila che pubblicizzano marchi, bambole, programmi tv, attraverso i quali il consumismo è arrivato a scuola».
Dietro alle pagelle ingiallite, al crocefisso in ferro, al ritratto del re d’Italia, alle fotografie delle scolaresche in bianco e nero che immortalano gli alunni con le scarpe sporche di fango per il lungo tragitto mattutino per raggiungere la scuola, si cela la curiosa storia familiare di Ornella e del marito Paolo Ricca. È stata la coppia cosentina, classe 1935, a iniziare a collezionare i cimeli e i materiali della scuola oggi esposti al Museo, donandoli all’Università degli Studi di Macerata nel 2009.
«Un giorno mio marito ha pensato di recuperare il suo vecchio libro di prima elementare, ma non lo trovava, perciò cominciammo a battere i mercatini di antiquariato, – racconta Ornella Ricca, ex insegnante di lettere oggi 88enne, a cui è intitolato il Museo insieme al marito, venuto a mancare nel 2015 –. Mentre andavamo in cerca del libro, trovammo quaderni e cartine geografiche dell’epoca, astucci, matite, pennini, calamai, e iniziammo a collezionarli». La raccolta andò ingrandendosi, tanto da diventare una delle più grandi collezioni private di oggetti scolastici d’Italia. «I banchi li recuperammo da una soffitta, li volevano distruggere – spiega Ricca –. Erano quelli di una vecchia pluriclasse: all’epoca in un’unica aula venivano riuniti anche centinaia di alunni dalla prima alla quinta, e i banchi erano di altezza diversa perché costruiti a misura di bambino».
La collezione divenne itinerante, spostandosi tra Cosenza, Corigliano Calabro, Amantea, Castrovillari, Bracciano e Brescia e, infine, a Macerata e Civitanova Marche. In occasione delle esposizioni nelle città marchigiane, i coniugi si convinsero ad affidare all’Ateneo di Macerata la collezione per creare un’esposizione permanente annessa al Centro di documentazione e ricerca sulla storia del libro scolastico e della letteratura per l’infanzia. L’anno scorso, dopo un impegnativo lavoro di restauro e ripensamento delle esposizioni, è stata inaugurato un nuovo allestimento su spazi più che raddoppiati rispetto a quelli originariamente occupati dal Museo, ora ribattezzato con l’acronimo Mudesc.
«Abbiamo raccolto circa mille quaderni, il più antico è del 1874 mentre l’ultimo è del centenario dell’Unità d’Italia – continua Ricca – . Recuperammo anche giocattoli dell’epoca, oggi conservati al Museo, come una macchinina a pedale, un triciclo, le letterine di Natale, un secchiello di latta per il mare, cerchi per giocare, la carriola di legno su cui si sedevano i fanciulli, un cavallo a dondolo, birilli, tamburini di latta. Mio marito trovò nella spazzatura di un negozio un "Abc italoamericano", un libretto che era stato portato dagli Americani durante la liberazione. Ho fatto una ricerca e pare che sia l’unica copia esistente conservata sia alla biblioteca del congresso di Washington».
Nel preambolo del libriccino americano trovato dai coniugi Ricca si legge:
“Questo libretto ve lo offriamo noi bambini degli Stati Uniti. Lo affidiamo ai nostri babbi e fratelli maggiori che vengono tra voi in Italia. Ci han promesso di darvelo da parte nostra. Siamo un po’ tristi che se ne vadano così lontano, ma pensiamo quanto voi sarete contenti di vederli arrivare per aiutare i vostri babbi e i vostri fratelli, e questo ci conforta. Gli amici devono ben aiutarsi tra di loro. Quando saremo grandi e l’Oceano che ci separa potrà essere attraversato da centinaio d'aeroplani al giorno, allora veramente potremo conoscerci e lavorare insieme perché non ci siano più guerre, in nessuna parte del mondo.”
Oggi Ornella Ricca continua a seguire a distanza le iniziative del Museo, che in vista del Natale aprirà le porte ai più piccoli per coinvolgerli in laboratori di scrittura di letterine a Babbo Natale con un’esposizione temporanea dedicata alla tradizione epistolare, che un tempo rappresentava la prima attività di scrittura a scuola.
Negli anni la raccolta delle memorie scolastiche è stata ampliata grazie alle donazioni di ex insegnanti e di figli di maestri che, svuotando la casa dei genitori, hanno rinvenuto schede didattiche e libri di scuola dei genitori. «Quella raccolta è come un terzo figlio per me» ammette Ricca.