Sono in arrivo fra i banchi delle scuole superiori d’Italia le lezioni di «educazione alla sessualità». Il Ministero dell’Istruzione e del Merito, guidato dal ministro Giuseppe Valditara, sarebbe al lavoro per avviare un percorso di educazione alla non violenza di genere negli istituti secondari di secondo grado, secondo quanto riporta il Messaggero. La forza motrice che ha convinto le istituzioni ad intervenire in tempi rapidi è da ricercare nei ravvicinati casi degli stupri di gruppo di Palermo e Caivano, che hanno indignato l’opinione pubblica e reso ancora più evidente l’urgenza di estirpare la cultura della violenza di genere dalle sue radici, puntando su una sana e corretta educazione alla sessualità e affettività a scuola.
Si tratterebbe di lezioni frontali di «educazione alla sessualità» in partenza già a settembre nelle scuole secondarie di secondo grado, quindi in licei, istituti tecnici e istituti professionali. Non è chiaro se le ore di lezione siano destinate agli studenti dal primo anno di superiori o solo dal terzo anno, né è stata indicata la durata dei corsi, che secondo le indiscrezioni sarebbero previsti fino almeno alla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che cade il 25 novembre. I punti che verranno affrontati sono «la parità di genere, il rispetto dell’altro sesso e il contrasto ad ogni residuo di machismo e maschilismo».
La particolarità delle lezioni, di cui al momento non è arrivata l’ufficialità del Ministero, è che verranno svolte secondo la modalità di “peer education”, cioè di «educazione tra pari». In sostanza, le lezioni saranno tenute dagli studenti che, divisi in gruppi, avranno un ruolo attivo nell’approfondimento di determinati temi legati alla violenza di genere. Dai reati e dall’aspetto penale della violenza di genere, fino agli aspetti psicologici, storici o sociologici. Ogni gruppo lavorerà sullo specifico argomento che gli è stato assegnato, prima di presentarlo al resto della classe. L’obiettivo della “peer education” è infatti quello di incentivare la mutua collaborazione tra i ragazzi e creare un confronto attivo e inclusivo in classe.
Parallelamente alle ore “autogestite”, sono previsti corsi e interventi da parte di specialisti del settore su temi psicologici e sulle conseguenze penali della violenza di genere (violenza sessuale, revange porn). Secondo le indiscrezioni del Messaggero, le linee guida del progetto educativo verranno recapitate ai dirigenti scolastici.
Se i corsi di «educazione alla sessualità» entreranno effettivamente nelle classi d’Italia, si tratterebbe di una novità significativa. Il nostro Paese infatti è gravemente in ritardo e arretrato dal punto di vista dell’educazione sessuale: in Europa l'Italia è uno dei pochi Paesi a non prevederla come materia d’insegnamento in classe, insieme a Cipro, Bulgaria, Polonia, Romania e Lituania. Eppure, negli anni è stata avviata una sfilza di iniziative parlamentari per normare l’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole, che non hanno mai avuto seguito.
Perfino l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) è intervenuta per sottolineare la necessità di istruire i giovani su sessualità e affettività. «L’educazione sessuale – scrive l’Oms – fornisce ai bambini e ai giovani le conoscenze, le competenze, gli atteggiamenti e i valori che li aiutano a proteggere la propria salute, a sviluppare relazioni sociali e sessuali rispettose, a fare scelte responsabili e a comprendere e proteggere i diritti degli altri. […] Ciò a sua volta riduce i rischi di violenza, sfruttamento e abuso».
Paesi come l’Australia insegnano l’educazione sessuale fin dalla scuola materna, adeguando le tematiche e il linguaggio all’età degli studenti. In Italia esistono delle Linee guida introdotte nel 2017 dall’allora Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca «per l’educazione al rispetto nelle scuole come strumento per prevenire le forme di discriminazione come la violenza di genere». Si tratta però di direttive generiche e poco chiare, che faticano a trovare spazio nel piano didattico degli insegnanti.
A volte, nei casi più fortunati, le singole scuole invitano Associazioni ed esperti per incontri con gli studenti sulla violenza di genere, ma si tratta di iniziative una tantum, che non trovano una continuità nell’educazione scolastica. Ecco perché serve un intervento legislativo decisivo che metta mano alla questione dell’educazione sessuale e introduca stabilmente nelle scuole e nei programmi scolastici corsi ministeriali realmente educativi sulla non violenza e sulla parità di genere.
Dopotutto, come riporta l’Unesco, ricevere l’educazione affettiva e sessuale è un vero e proprio «diritto» dei più giovani, che rientra nel diritto alla salute, perché è fondamentale «per sviluppare relazioni sociali e sessuali basate sul rispetto».