A 12 mesi di vita ha già un debito con lo Stato. A sperimentare con almeno diciassette anni d’anticipo il brivido di ricevere una raccomandata intestata a propio nome è stata una bambina di un anno di Cavallino, un Comune in provincia di Lecce. Nella posta delle lettere di casa i genitori hanno trovato una cartella esattoriale dell’Agenzia delle Entrate indirizzata alla figlia per un mancato pagamento della Tari, la tassa dei rifiuti, relativo al 2018. Si tratta di cinque anni fa, quando la piccola non era neppure venuta al mondo, ed era ancora lontana dal vedere la luce.
La somma reclamata dall’agenzia fiscale dello Stato non è esorbitante, ma neppure esigua: ammonta a circa 700 euro, comprese le sanzioni. «La postina mi ha detto che doveva firmare mia figlia, che ha solo un anno – ha spiegato la mamma della bambina, come riporta il Quotidiano di Puglia che ha ricostruito l’assurda vicenda –. Non ci potevo credere, è tutto assurdo». La donna sul momento era convinta si trattasse della lettera dell’Asl per il vaccino della figlia, tuttavia si è dovuta ricredere quando la portalettere l’ha avvisata che per quel tipo di carteggio doveva essere la figlia a firmare.
La madre ha contattato immediatamente l’ufficio comunale, che ha invitato la donna a telefonare a un numero verde al quale tuttavia non ha mai risposto nessuno. La mamma della più giovane debitrice d’Italia si è allora rivolta direttamente alla fonte, l’Agenzia delle Entrate, per chiedere spiegazioni sull’accertamento per la Tari non versata. A quel punto è arrivata la conferma: la piccola risulta effettivamente iscritta al registro dei debitori.
Logicamente si tratta di un errore. Sulle cartelle di pagamento è riportato l’anno di nascita della piccola debitrice, il 2022, mentre l’ingiunzione di pagamento risale al 2018, anno in cui peraltro la famiglia salentina non abitava ancora in quella casa. Nel frattempo la mamma, non essendo riuscita a venire a capo della questione, si è rivolta a un legale per risolvere la situazione paradossale. «Sulle cartelle di pagamento è scritta per esteso la data di nascita di mia figlia, nata nel 2022, e si chiede di pagare per l’anno 2018 – ha continuato la donna –. È inaudito tutto questo»
La speranza della madre è che la pratica venga riesaminata dagli uffici di competenza e annullata evitando alla famiglia di ricorrere a giudici e tribunali per un errore burocratico.