L’arrivo di un figlio scombina la routine a cui l’adulto fino al giorno della cicogna si era attenuto scrupolosamente. Uno dei capisaldi della vita di un neogenitore che rischia di essere minato per primo è il sonno notturno. Quando inizia a scarseggiare e a perdere di qualità, i riflessi e il benessere psicofisico di mamme e papà ne potrebbero risentire.
Come gestire in serenità le notti in bianco dei genitori in carenza di sonno? No, la risposta non è un cuscino in piuma d'oca, né una tazza di camomilla. Curare l’igiene del sonno della famiglia, creare nuovi equilibri in camera da letto e imparare a conoscere i bisogni del bambino, abbandonando l’idea di perfezione, sono ottimi punto di partenza. In questo, gioca un ruolo cruciale la vicinanza con il piccolo durante la notte.
Quando ci si accorge che trascinarsi come zombie in ufficio la mattina sta avendo ripercussioni sul corpo e sulla mente, imparare a chiedere aiuto a un professionista diventa una priorità da non rimandare.
Sintomi e rischi
Al nostro corpo occorrono dalle sette alle nove ore di sonno a notte per ricaricare le pile e rialzarsi energico e in forze al risveglio. Un monte ore che rischia di diventare quasi un miraggio con un neonato al fianco, fra pianti notturni e poppate.
«Non è vero che con l’arrivo di un figlio i genitori sono condannati a non dormire più: è terrorismo psicologico. Piuttosto, il sonno di mamme e papà con la nascita del bebè è destinato a cambiare per qualche anno, perché un bambino dorme in maniera diversa rispetto a un adulto» spiega la puericultrice Alma Giorgis.
Un sonno ridotto, frammentato o di cattiva qualità influisce sull’umore, sulle energie di mamme e papà e, quindi, sulle manifestazioni di affetto che dedicano al piccolo. Dormire poco si traduce in sonnolenza diurna, affaticamento, irritabilità, negatività, cattivo umore, difficoltà a concentrarsi, improduttività, perdite di memoria, calo di interesse per le attività quotidiane. A lungo termine, poche ore di sonno potrebbero causare sintomi fisici più o meno gravi nell'adulto, dall’ipertensione, all'obesità, dal diabete all'ictus, fino all'infarto. A pagare le conseguenze di un sonno insufficiente è pure la salute mentale: i genitori in carenza di sonno si dichiarano stressati e tendono a cadere trappola di stati d'ansia, depressione e paranoia. Senza un sonno ristoratore i nostri riflessi potrebbero essere più rallentati, con un rischio di reazione più lungo e, quindi, un aumento della probabilità di incidenti dentro e fuori casa. La condizione di privazione del sonno, tra l’altro, potrebbe peggiorare i sintomi della depressione postpartum.
Qual è la fase più critica? Contrariamente a quanto si possa immaginare, non è quella immediatamente successiva alla nascita.
«Per assurdo tanti genitori trovano più semplice la gestione del sonno nei primi 3-4 mesi di vita del neonato piuttosto che in quelli successivi, quando il sonno del piccolo inizia a strutturarsi. La fase in cui più neogenitori lamentano difficoltà a far dormire il figlio è in genere dai 5-6 mesi fino ai 2 anni del bambino».
Ricordiamo che il sonno di qualità è fondamentale: ci aiuta a formare i ricordi e a non ammalarci, ripara cellule e tessuti e ci garantisce quelle energie essenziali per goderci l’indomani.
Soluzioni e rimedi
Il neonato ha cicli di sonno più brevi rispetto all’adulto, che variano circa fra l’1 e le 3 ore. Di conseguenza, il piccolo si sveglierà più volte nel corso della notte, interrompendo le dormite della mamma o dell’altro genitore.
«Magari quando una mamma è incinta s’immagina di comportarsi in un determinato modo alla nascita del figlio, s’impone che “farà sicuramente così”, sulla spinta anche della società e del marketing, ma le cose potrebbero andare diversamente. È importante, piuttosto, imparare a conoscere il bambino, osservarlo, cercare di capire i suoi bisogni, oltre che i nostri, trovando nuovi equilibri. Il sonno del piccolo è in evoluzione per tutta l’infanzia e segue delle fasi – spiega la puericultrice – il sonno di un neonato di un mese è diverso da quello di uno di quattro mesi, che a sua volta cambia rispetto al sonno di un lattante di sei mesi e di un bambino di 2 anni».
Come gestire le notti in bianco? Una buona strategia consiste nel curare l’igiene del sonno (cioè le abitudini che aiutano a migliorare la qualità delle dormite) dell’intera famiglia e nell’imparare a conoscere i bisogni del cucciolo d’uomo e a riconoscere i segnali di sonnolenza che ci lancia.
«Per esempio – precisa Giorgis – nelle prime 6-8 settimane di vita sarebbe meglio evitare di far dormire il neonato al buio totale di giorno, ricercandolo invece la notte, al contrario, dopo un paio di mesi l’ideale è creare un ambiente buio e tranquillo anche di giorno, per favorire la chiusura agli stimoli esterni e farlo riposare di più. Un’attenzione particolare richiedono i pisolini: non deve dormire troppo né troppo poco durante il giorno e l’ambiente dev’essere adatto. Anche l’attività fisica conta, così come l’alimentazione».
Le raccomandazioni più comuni sono non cenare tardi, creare e mantenere una routine serale precisa e definita, evitare l’uso di dispositivi elettronici prima della nanna, creare un ambiente accogliente e rilassante, non sovrastimolare il piccolo prima del sonno ed evitare corse e giochi frenetici. Anche il co-sleeping aiuterebbe a garantire un sonno ristoratore al bimbo e, quindi, ai genitori.
«Tra i bisogni primari del piccolo è incluso il contatto fisico – spiega la puericultrice – noi siamo mammiferi prossimali e la vicinanza con il caregiver, cioè con chi si occupa di noi, gioca un ruolo cruciale. Studi scientifici hanno dimostrato che il sonno dei genitori che dormono in prossimità dei loro bambini tende a diventare più leggero, non tanto per paura di non sentire il suo pianto, ma per rispondere in maniera pronta all’esigenza del cucciolo. Inoltre, si sincronizzano le fasi di sonno, magari l’adulto si sveglia e dopo 30 secondi, o 1 minuto, si sveglia anche il bambino. Questo permette di trovare l’equilibrio giusto. Genitore e figlio che condividono la stanza e dormono con un sonno ravvicinato, in co-sleeping, tendono a coordinarsi nelle fasi di sonno leggero/pesante: il genitore riesce ad avere un sonno più pesante mentre il bambino dorme profondamente, mentre quando il bambino ha un sonno più leggero, perché ha bisogno di essere allattato o accudito, anche l’adulto ha un sonno leggero, rispondendo in maniera efficace. Se il bimbo inizia a piangere o richiedere attenzioni quando il genitore dorme profondamente, uscire dal sonno profondo è molto più fastidioso per un individuo».
Quali sono i segnali di sonno che il piccolo ci lancia e che il genitore potrebbe assecondare? «I tipici segnali di sonno sono l’arcata sopraccigliare arrossata, lo sfregamento degli occhi o degli orecchi, il tirarsi i capelli, il coprirsi il viso cercando il seno o l’ascella, lo guardo fisso» precisa la dott.ssa Giorgis.
Una buona idea per genitori in carenza di sonno è sfruttare i pisolini diurni del piccolo per stendersi e riposare. Affidare il piccolo a qualcuno – il nonno, la zia, la babysitter – per qualche ora per lasciarci il tempo di sonnecchiare in tranquillità o di dedicarci alle nostre attività non è sinonimo di disinteresse per nostro figlio. Anzi, oltre che noi, ne trarrà beneficio il nostro bambino, che avrà al suo fianco un genitore più rilassato e tranquillo. Dire di no non è un dramma: anche se amici e cari vorranno incontrare il piccolo, possiamo declinare l’invito e rimandarlo a quando ci sentiremo più pronti e a nostro agio e avremo creato una routine solida con il bebè.
Chiedere aiuto non è fallire, è amare se stessi e il piccolo
A volte, un genitore assonnato o in difficoltà per la privazione di sonno notturno potrebbe sentirsi in difetto nel chiedere aiuto. Stringere la mano che qualcuno – che sia un parente o un professionista – ci sta tendendo non equivale a un fallimento, anzi, significa amare e volere bene a noi stessi e al piccolo.
«Chiedere aiuto per gestire la privazione di sonno è importante. A meno che il bambino non sia affetto da una patologia diagnosticata, l’equilibrio può essere ricercato. Nel caso di un piccolo senza disturbi, un sonno compromesso è un segnale che qualcosa non sta funzionando. La carenza di sonno potrebbe essere dovuta semplicemente a una mancanza di informazioni su come rilassare il piccolo, o su come conciliargli il sonno. Per questo è essenziale osservare e imparare a riconoscere i segnali di sonno che ci lancia il nostro bambino, così da rispondere in maniera congrua al suo bisogno, senza arrivare ai pianti e alle crisi serali, che rendono tutto più frustrante. Se il bambino non dorme non dobbiamo colpevolizzarci o abbatterci: è semplicemente qualcosa da monitorare e non da ignorare».
La comunicazione con il partner è fondamentale per dividere equamente le responsabilità nei risvegli notturni.
Se la fatica a dormire del genitore si protrae nelle settimane e nei mesi successivi al parto, è raccomandabile consultare il medico per capire se l’insufficienza di sonno richiede un'attenzione più approfondita.