A regolamentare l’adozione internazionale in Italia sono due leggi. La prima è la stessa che norma l’adozione nazionale: la legge n. 184 del 1983, aggiornata dalla legge n. 149 del 2001. Il secondo testo è quello della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, firmato ad Aja, in Olanda, il 29 maggio 1993, dai Paesi membri.
Queste leggi si pongono l’obiettivo primario di tutelare il bambino da possibili traumi, ma hanno allo stesso tempo un grande vulnus: ad oggi non sono del tutto inclusive e molti potenziali genitori rimangono fuori. Visti i numeri dei minori in stato di abbandono, non sono mai abbastanza le famiglie che vorrebbero adottare un bambino che arriva da lontano. Scegliere di adottare un bambino che proviene da un altro Paese, strappandolo così da una situazione di solitudine o di povertà è un gesto enorme d’amore.
- 1I requisiti per l’adozione internazionale
- 2A chi presentare la dichiarazione di disponibilità all'adozione internazionale
- 3Cosa deve fare la coppia dopo aver ricevuto il decreto di idoneità
- 4Come si conclude la procedura d’adozione e quali sono i tempi di attesa
- 5Che cosa vuol dire ente autorizzato?
- 6Attese anche di 4 anni per adottare
- 7Il bambino è a casa, e adesso?
I requisiti per l’adozione internazionale
Esistono dei requisiti per chi sente il desiderio di adottare un bambino? La risposta è naturalmente sì: per quanto si sia spinti da intenti altruistici, è necessario che venga innanzitutto tutelato il diritto fondamentale del bambino di non incorrere in un nuovo trauma. Adottare un bambino non è semplice, il piccolo si deve adattare alla nuova realtà e i genitori al loro ruolo. Dobbiamo essere pronti a spiegare al piccolo cos’è l’abbandono, anche a sostenere un suo eventuale rifiuto, o parole adolescenziali dettate da traumi passati.
I requisiti per l’adozione internazionale sono gli stessi richiesti in Italia per l’adozione nazionale, sia per i genitori che per i bambini. Perché sì, per quanto sembri assurdo, non tutti i bambini possono essere adottati. A regolamentare ciò sono gli articoli 6, 7, 8 e 9 della legge 184/83, come già detto integrata dalla 149/01.
Ecco quindi quali sono i requisiti per l’adozione internazionale necessari per diventare genitori adottivi e presentare la domanda di adozione:
- Possono adottare le coppie sposate da almeno 3 anni, oppure chi seppur sposato da meno tempo, dimostri al tribunale per i minori di aver convissuto in modo stabile e continuativo per almeno 3 anni.
- I futuri genitori devono risultare capaci e volenterosi di educare e istruire il piccolo. Inoltre devono essere in grado di mantenerlo economicamente. Alla richiesta di adozione vanno, infatti, allegati anche i certificati economici modello 101, 740 e la busta paga. Non esiste, però, una limitazione vera e propria legata al reddito dei genitori, ma in alcuni casi, condizioni economiche difficili potrebbero tradursi in maggiori difficoltà affinché la richiesta d’adozione venga considerata.
- L’età dei genitori adottivi deve superare di 18 anni quella del piccolo ma la differenza di età con lui non deve essere di più di 45 anni. Il limite massimo di differenza di età può aumentare di 10 anni, se ad averlo superato è uno dei due coniugi nei confronti del fratello o della sorella di uno dei minori adottati. Questo per evitare di dover separare i due fratelli, creando un forte trauma.
I requisiti che invece deve avere un bambino o un adolescente proveniente da un altro Paese per essere adottato sono questi:
- Deve essere stato dichiarato in stato di abbandono dalle autorità competenti dello Stato d'origine. Dunque non ci deve essere possibilità che i genitori naturali tornino a rivendicare il loro diritto di genitorialità. Proprio perché questo causerebbe in lui un forte trauma.
- Le stesse autorità devono aver dichiarato che l’adozione internazionale è nel suo specifico interesse
- Se il piccolo ha più di 12 anni deve essere sentito il suo parere, se il ragazzo ha più di 14 anni deve dare il proprio consenso
Dal momento che l'adozione deve tutelare il minore, anche nel caso di adozione internazionale, la Corte Costituzionale ha stabilito che ci sono delle casistiche, definite "adozioni particolari" in cui l’adozione è possibile anche da parte di persone diverse da coppie sposate eterosessuali.
È possibile l’adozione per i genitori single, secondo l'articolo 44 della legge 184/83, nel caso in cui il minore abbia problematiche fisiche o cognitive che rientrano in quelle specificate nel testo di legge, e nel caso in cui vi sia constatata impossibilità all'affidamento pre adottivo. Un altro caso in cui è possibile l’adozione per i single è quello in cui l’adottando abbia già un rapporto col bambino, o un legame di parentela fino al sesto grado, perché impedirglielo significherebbe traumatizzarlo. Anche in questo caso la decisione ultima dipenderà sempre dal tribunale per i minori del Paese di origine del bambino, che dovrà fare la scelta migliore per il piccolo.
A chi presentare la dichiarazione di disponibilità all'adozione internazionale
Dopo aver dialogato a lungo e aver deciso che per noi diventare genitori adottivi è la scelta giusta, consapevoli di avere tutti i requisiti per poter adottare, è il momento di iniziare l’iter burocratico. Questo percorso prevede tantissimi protagonisti, che si frappongono tra i genitori e il piccolo, prima che si incontrino e nasca così una nuova famiglia.
- La coppia presenta la dichiarazione di disponibilità all’adozione internazionale al tribunale per i minorenni del distretto in cui hanno la residenza, chiedendo che le venga riconosciuta l’idoneità. La dichiarazione si può scaricare dal sito del comune della propria città, a questa vanno allegati attestati riguardanti la salute e lo stato di famiglia, certificati economici, il certificato casellario giudiziale e l'atto notorio che attesta che tra i due coniugi adottanti negli ultimi 3 anni non vi è stata alcuna separazione. La dichiarazione ha validità di 3 anni, non dovesse essere presa in considerazione in questo arco di tempo, può essere rinnovata. Se i cittadini italiani risiedono all’estero, devono mandare la richiesta al tribunale per i minorenni dell’ultimo comune nel quale hanno vissuto insieme. In mancanza, possono rivolgersi al tribunale per i minorenni di Roma.
- Dunque inizia un’indagine da parte dei servizi territoriali sulle famiglie che hanno fatto richiesta di adozione internazionale. La coppia viene contattata in modo da organizzare un colloquio conoscitivo, terminato il quale i servizi sociali scriveranno una relazione che raccolga tutte le informazioni a proposito della loro storia familiare, personale e sociale. Il testo verrà spedito al tribunale per i minorenni di riferimento.
- A questo punto interviene il Tribunale per i minorenni che se ritiene di aver ricevuto abbastanza informazioni dalla relazione rilasciata dai servizi territoriali, convoca la coppia ed emana la sua decisione. In caso avesse bisogno di altre delucidazioni, fa altre domande alla coppia, poi rilascia o il decreto di idoneità o un decreto in cui dichiara la mancanza dei requisiti per l’adozione.
Cosa deve fare la coppia dopo aver ricevuto il decreto di idoneità
Finalmente abbiamo ottenuto il decreto di idoneità e il nostro desiderio di diventare genitori sembra prendere forma. Purtroppo l’iter è ancora lungo, ma è proprio questo il momento in cui entriamo in gioco noi futuri genitori. Dobbiamo rivolgerci entro 1 anno dal rilascio del decreto, a uno degli enti per le adozioni internazionali, autorizzati dall’apposita Commissione.
L’ente è fondamentale perché individua il bambino e si intessa dei rapporti burocratici con il tribunale per i minorenni del Paese di provenienza del piccolo. Raccoglie tutta la documentazione riferita al bimbo, insieme al provvedimento emanato dal suo tribunale e lo invia alla Commissione per le adozioni internazionali italiana. La Commissione certifica che l’adozione sia conforme alle disposizioni della Convenzione dell’Aja, dunque che l’interesse del minore sia stato tutelato e non vi sia stato uno scambio di denaro di alcun tipo. A questo punto autorizza l’ingresso del bambino in Italia.
Come si conclude la procedura d’adozione e quali sono i tempi di attesa
Siamo letteralmente a un passo dal nostro bambino: l'ente trova l'abbinamento tra la coppia e il bambino, ci chiama e dobbiamo partire. É bene avere il passaporto, per mettersi subito in viaggio. L’incontro sarà un momento fondamentale. Potrà accadere che per il bimbo sarà difficile fidarsi di noi, anche avvicinarsi, più è grande e più è consapevole di aver subìto un abbandono.
Il bimbo entrerà con noi in Italia e inizierà la sua nuova vita, in una famiglia, diventando nostro figlio a tutti gli effetti.
Alcuni Paesi richiedono che periodicamente i genitori inviino una relazione che racconti dello stato psicologico e di salute del bambino, l’ente contattato per l’adozione ci aiuterà anche in questo.
Che cosa vuol dire ente autorizzato?
L’intervento di un ente autorizzato è necessario, come già detto, per creare un filo conduttore tra genitori adottivi e bambino. Non solo accompagnano noi genitori durante tutto l’iter adottivo, ma saranno anche attivi e contattabili anche una volta che il piccolo arriva a casa, consapevoli della delicatezza del momento.
La parola “autorizzato” significa che l'associazione ha una particolare autorizzazione governativa. Devono averla, in realtà, tutti coloro che si occupano delle procedure di adozione internazionale, altrimenti compiono un reato penale. Lo stesso reato, però, lo compie anche la famiglia che sceglie di affidarsi a un ente non autorizzato.
L’elenco degli enti autorizzati si trova nell’albo consultabile dal portale della Commissione per le Adozioni Internazionali. La legge 465 del 1998 specifica le caratteristiche che questi enti devono avere per ricevere l’autorizzazione:
- essere diretti e composti da persone formate e competenti in ambito di adozioni internazionali
- avvalersi di professionisti in campo sociale, giuridico e psicologico, che sostengano gli adottanti
- avere un’adeguata struttura organizzativa in Italia e nei Paesi stranieri in cui vogliono agire
- non devono dare vita a discriminazioni di alcun tipo
- devono promuovere i diritti dell’infanzia
- devono avere sede legale in Italia
- non devono avere come fine un guadagno personale. La gestione contabile deve essere trasparente, i costi che le famiglie affronteranno devono essere esposti con chiarezza sin dall’inizio della procedura.
Soffermandoci su quest'ultimo punto, è necessario dire che spesso chi decide di non iniziare un iter di adozione internazionale lo fa perché i costi sono molto elevati. Purtroppo tutto ha un costo: corsi di formazione per i genitori, interventi professionali, servizi post adozione, servizi resi all’estero dagli enti stessi, viaggi, vitto e alloggio. Inoltre dal momento in cui inizia l’abbinamento i genitori devono occuparsi di mantenere il piccolo nella struttura.
In media le spese sostenute per un'adozione internazionale possono arrivare anche a 20-30mila euro per la famiglia. Senza contare i costi in aumento quando si parla di adozioni difficili, percorsi riabilitativi o di sostegno del piccolo nella sua crescita, fanno alzare queste cifre di molto. Le spese, però, con apposita richiesta all’Agenzia delle Entrate sono deducibili fino al 50%, senza un tetto massimo.
Attese anche di 4 anni per adottare
Una cosa è certa, le famiglie faticano a sostenere oltre alle spese, le tempistiche delle adozioni. Nel 2021 le sentenze di adozione sono state 866, contando un periodo medio di 4 anni per ottenere l’ingresso del piccolo in Italia, nel 2017 le richieste per l’adozione internazionale inviate da coppie italiane sono state circa 1163. Questi dati si traducono in 297 bambini che avrebbero potuto trovare una casa e una famiglia nel nostro Paese, ma non l’hanno fatto.
Dunque mentre la burocrazia fa il suo corso, troppi bambini rimangono in stato di abbandono. In più la legge per le adozioni parla di coppie eterosessuali, se non per le adozioni speciali concesse ai single, decide dunque a quale tipo di famiglia è concesso adottare, single, in molti casi, e coppie omosessuali, pur volenterosi di adottare, restano esclusi. Insieme a loro rimangono fuori moltissimi bambini in cerca di una famiglia, nella quale superare il trauma dell’abbandono.
È faticoso aspettare tanti anni prima di avere una risposta, certo se il desiderio di diventare genitori è forte si attende ma sicuramente servirebbe un servizio psicologico ad hoc. La coppia deve essere supportata, mentre ogni giorno che passa rinnova l’idea che mai arriverà la propria chiamata.
Il bambino è a casa, e adesso?
Nessuno ci insegna ad essere dei buoni genitori. Ci sentiamo ancora più in dovere di esserlo, però, quando abbiamo deciso di adottare e dopo il lungo iter, il piccolo è con noi a casa.
Innanzitutto è importante condividere con il proprio partner gli stessi metodi educativi, perché sapremo sempre di avere un alleato al nostro fianco, che ci aiuterà a stemperare nervosismi, ad essere intransigenti su certe cose e ad ammorbidirci su altre. Il piccolo poi non sarà confuso, comprenderà i limiti e le sue libertà.
È fondamentale far sentire il bambino accolto, inutile dirlo ma arrivare in una casa che è anche fisicamente un posto pronto ad accoglierlo, gli farà sentire suoi anche gli spazi.
Se ci sono fratellini in casa serve essere sinceri, spieghiamo loro, fin dal principio, l’iter di adozione che abbiamo intrapreso, raccontiamo chi sta arrivando, diciamo che l’amore che abbiamo per loro non cambierà. Con questo non eviteremo tutte le possibili scenate di gelosia, i bambini desiderano in maniera totalizzante le attenzioni dei loro genitori, ma ridurremo alcuni scontri tra i fratelli che diventeranno alleati nel gioco e poi nella vita.
Non dobbiamo avere paura, mai, di chiedere supporto a figure esperte, come psicologi specializzati in età evolutiva e bambini che provengono da adozioni internazionali. Questi piccoli portano con loro storie diverse, traumi di abbandono e cicatrici che lasceranno in loro segni con i quali loro per primi, ma anche noi come genitori dobbiamo imparare a convivere e crescere insieme come famiglia.
Infine prepariamoci a dare tutto l’amore che abbiamo, coccoliamo il piccolo e ritagliamoci dei momenti solo con lui.
Può capitare che il bimbo non si trovi bene, abbia paura, si senta abbandonato per le sue esperienze pregresse, manifesti la mancanza della sua vecchia casa. Dobbiamo essere pronti al peggio, ma nessuno ci vieta di sperare nel meglio. Chiediamo al bambino di raccontarci cosa prova, anche le sue mancanze. Facciamogli capire che ci siamo e che d’ora in avanti non dovrà più leccarsi le sue ferite da solo.