Circa 1.200 all’anno sono i bambini adottabili in Italia, decine dei quali non trovano una famiglia che voglia adottarli perché «troppo grandi», «con troppi fratelli» o perché affetti da «troppe patologie».
30.000 sono i giovani in affido – familiare o in comunità – nel nostro Paese, che vivono fuori casa per il tempo necessario alle famiglie biologiche di essere nuovamente in grado di crescerli adeguatamente.
8.568 in meno sono le domande di adozione nazionale presentate nel 2021 dalle coppie, a fronte delle 16.538 richieste del 2006.
Non sono banali cifre: quelli che sono emersi dalla lunga chiacchierata di Wamily con Ivana Lazzarini, Presidente di Italia Adozioni, sono dati allarmanti, che dietro a quei numeri nascondono nomi e storie di bambini e adolescenti a cui è stato negato un diritto vitale: quello di avere una famiglia.
Un mondo, quello dell’adozione e dell’affido, all’ombra della società. Chi lo conosce, è perché l’ha sperimentato da vicino. La narrazione comune tende a dipingerlo come un aggrovigliato e spaventoso covo di cavilli burocratici, soldi e tragedie. Ce lo insegna la piccola Federica (nome di fantasia), di 11 anni, che ha confidato, in una lettera spedita a Italia Adozioni, di non sentirsi «normale» perché – per chi non è stato adottato o non ha adottato – l’adozione è una «cosa orribile».
Proprio per questo motivo, Ivana – insieme a tutti i volontari – ha fondato una realtà, quella di Italia Adozioni, che punta alla corretta divulgazione sull’adozione e sull'affido. Un megafono sotto forma di pagine di libri, spettacoli ed eventi, da cui esce forte e chiaro il messaggio di un’adozione che ha come unico interesse la salvaguardia dei diritti dei più piccoli.
Perché le adozioni – sia quelle entro i confini dello Stivale, sia quelle internazionali – stanno drasticamente calando di anno in anno? Quanto la pandemia ha inciso nella diminuzione delle adozioni? E quanto la procreazione medicalmente assistita? Per quanto tempo una coppia adottiva è costretta ad attendere il proprio figlio, che arriva, anziché con una cicogna, su un aeroplano? Perché tanti dei minori adottati fuori dall’Italia non sono sani?
Domande aperte, a cui abbiamo provato a trovare una risposta con la presidente di Italia Adozioni.
Cosa significa adottare un bambino e cosa spinge una coppia a intraprendere il percorso dell’adozione?
Adottare vuol dire fare posto a un bambino che c’è già. Vuol dire anche l’incontro di due bisogni: quello della coppia di diventare genitori e quello del bambino di avere una famiglia. Il bisogno preminente è quello del bambino, perché nel mondo dell’adozione tutto si muove nel superiore interesse del minore, come precisa la legge.
In genere a scegliere l’adozione sono coppie che non riescono a procreare in modo biologico, o, per spiegarlo ai bambini, non con la pancia. Quando la mamma e il papà hanno la pancia che “non funziona”, allora adottano. Ci sono famiglie che si aprono all’adozione pur potendo avere figli, ma sono rare.
Che cosa sono l’adozione e l’affido?
L’adozione è legittimante in Italia e si divide in nazionale e internazionale. Nel caso della nazionale, i bambini adottabili sono nati in Italia (il che non significa siano di origine italiana, ma solo che sono residenti sul territorio italiano), mentre nel caso dell’internazionale sono bambini che nascono e risiedono nel Paese in cui la coppia si reca per adottare.
Le coppie possono presentare la disponibilità per entrambe le adozioni, o sceglierne una soltanto. Quando il bambino è dichiarato adottabile (dall’Italia o dal Paese in cui si adotta), cioè quando è decaduta la patria potestà, i Tribunali cercano la mamma e il papà per sempre attraverso l’adozione. Una volta adottato, il bambino assume il cognome della famiglia, diventa erede ed entra a tutti gli effetti nello stato di famiglia.
Invece, nell’affido i minori coinvolti hanno un rapporto che continua con uno o più componenti della famiglia d’origine. Il legame rimane, la frequentazione anche (dove possibile), quello di cui c’è bisogno è un sostegno temporaneo. Nell’affido per un periodo di solito di due anni prorogabili il bambino è supportato da una famiglia fino a quando quella d’origine torna in grado di crescerlo. In base alle necessità del bambino esistono affidi diversi:
- Affido residenziale, in cui il bambino vive tutti i giorni nella famiglia che lo accoglie
- Affido diurno, in cui il bambino va nella famiglia accogliente solo un pomeriggio a settimana, durante le vacanze, nel weekend o, comunque, per poco tempo
In quei due anni i servizi sociali si adoperano in progetti di sostegno al nucleo familiare in modo che il bambino possa poi tornare nella famiglia d’origine. Per l’affido è previsto anche un contributo alle spese: il minore non è a carico della famiglia che accoglie.
La cosa interessante dell’affido è che è aperto a tutti: anche coppie omosessuali, single, persone anziane (per esempio nonni) possono diventare genitori affidatari. Basta essere maggiorenni. L’affido è un accompagnamento che, se funziona, ha un inizio e una fine. Il distacco è la parte più dolorosa, ma chi intraprende l’avventura dice che ne vale la pena.
Qual è la situazione attuale delle adozioni?
I numeri – sia delle adozioni, sia delle disponibilità all’adozione – parlano di un calo, ma è un calo che era già presente prima del Covid e che la pandemia ha peggiorato. Una delle motivazioni è che in Italia fino a qualche anno fa la procreazione medicalmente assistita non era praticabile per legge, mentre ora sì, e questo ha contribuito a cambiare gli scenari.
Noi di Italia Adozioni nel 2019 abbiamo effettuato una ricerca sull’adozione nel nostro Paese. Alla domanda “Se conosci una coppia che non riesce ad avere figli, cosa gli consigli?”, la prima risposta, fra gli italiani intervistati, è stata la fecondazione omologa, la seconda l’adozione, la terza l’eterologa.
In effetti, nel 2019 sono stati 14.000 i bambini nati tramite PMA, a fronte di 8mila bambini nel 2006. Se le domande di adozione nel 2006 erano 16.538, nel 2021 sono 7.970: dal 2006 al 2019 le disponibilità all’adozione sono diminuite del 50% in meno e, parallelamente, sono aumentati del 50% i bambini nati attraverso PMA.
L’adozione si configura sempre di più come una scelta di serie B: prima provo a fare un figlio in tutti i modi possibili, che mi somigli, col mio DNA, poi, se mi va male, tento con l’adozione.
A calare è soprattutto l’adozione internazionale. Per quale motivo?
Nell’adozione internazionale il calo è dovuto essenzialmente a tre fattori:
- Tanti dei Paesi in cui si andava ad adottare hanno implementato l’adozione nazionale, di conseguenza ci sono meno bambini adottabili e quelli che ci sono spesso hanno problemi (sono minori che nell'adozione nazionale del Paese d'origine sono difficilmente collocabili)
- I costi e le permanenze all’estero creano difficoltà: alcuni Paesi richiedono più di un mese di permanenza, e, con la crisi economica in corso, sostenere i costi e assentarsi da lavoro a lungo non è semplice
- I bambini che arrivano ad essere figli attraverso l’adozione internazionale sono, nella maggior parte dei casi, special needs, classificati come: minori grandi (con più di 7 anni), minori con fratrie (tre o più fratelli), minori con problemi sia psicologici sia fisici
Agli aspiranti genitori non viene chiesto di essere supereroi, se uno si candida a cose più grandi di lui e poi non le riesce a gestire il danno è enorme, perché sono bambini già provati dalla vita. Ecco perché ci sono i corsi di formazione e di accompagnamento, perché l'adozione è una realtà impegnativa, complessa, a cui occorre prepararsi adeguatamente.
È vero anche che quando una famiglia si forma, a volte può trovarsi in difficoltà nel post-adozione. Alle famiglie adottive è chiesto di ricucire il prima con il dopo, di dare un nome e un senso alle cose che il bambino ha vissuto aiutandolo a elaborarle. Quando si presentano i problemi, nel pubblico non ci sono sufficienti servizi e professionisti preparati a supportare il figlio e la famiglia. Si è da soli e nel privato si spendono cifre folli per essere seguiti in tempi rapidi da psicologi, neuropsichiatri, logopedisti…
Quali sono le tempistiche per l’adozione nazionale?
L'adozione nazionale non ha tempistiche. Ti possono chiamare entro i tre anni di validità della domanda, dopodiché la disponibilità decade.
In Italia i minori adottabili più o meno sono 1.200 all’anno: circa 1000 sono adottati, mentre il “residuo" che rimane sono minori con handicap, con malattie importanti e minori grandi. L'adozione nazionale non coprirebbe mai tutte le coppie che la richiedono, anche per quello esiste l’internazionale.
Nell’internazionale è necessario avere il decreto d’idoneità rilasciato dal Tribunale per i Minorenni di competenza territoriale e affidarsi a un Ente autorizzato dal governo italiano, che seguirà la coppia per le procedure e durante la permanenza nel Paese scelto.
Fino a che punto le famiglie sono informate sullo stato di salute del bambino che stanno per adottare?
Nel caso dell’adozione internazionale ricevi dal Paese nel quale vai la cartella clinica di tuo figlio. Ci sono Paesi che scrivono tutto quello che è successo, mentre ci sono Paesi in cui hai poche informazioni. La quantità di notizie sul minore dipende anche dalla sua storia personale, ad esempio dall'età in cui è arrivato in orfanotrofio. Ecco perché è importante scegliere l’Ente migliore quando adotti nel mondo: sono loro che fanno da intermediari con il Paese d’origine del minore.
I problemi sono essenzialmente due:
- Il livello di cure e diagnosi dipende dal Paese in cui si adotta
- Patologie che si manifestano solo dopo i 2 anni di età
Una coppia che ha adottato in Vietnam una bambina di 4 mesi ha scoperto, solo una volta arrivata a casa, che la piccola era sorda. Te ne accorgi nella frequentazione uno a uno, negli istituti queste patologie rischiano di non venire precocemente diagnosticate.
Esistono anche casi opposti, in cui la diagnosi negativa iniziale scompare una volta che il piccolo è accolto in famiglia: la deprivazione, il malnutrimento, il non avere gli stimoli nei primi mesi o anni di vita determinano diagnosi errate. Minori a cui è prospettato un disturbo dello spettro autistico, in realtà sono bambini sani che fioriscono quando vengono accuditi e amati all'interno della famiglia adottiva.
Quest’anno la legge sull’adozione compie 40 anni. Quali sono le criticità dell’adozione sul piano legislativo?
I giuristi dicono che a livello internazionale la nostra legge sull’adozione è molto buona. È anche vero che ci son stati degli aggiustamenti nel corso degli anni.
L’adozione, comunque, è sostanzialmente cambiata: negli anni Sessanta e Settanta vigeva l'idea di seconda nascita, quel che era avvenuto prima dell’adozione veniva messo nel dimenticatoio.
Si manteneva il segreto sul “prima”, le persone, se adottate neonate, spesso non sapevano di essere state adottate, e questa bugia detta "a fin di bene" creava un trauma quando veniva a galla (per esempio chiedendo in Chiesa la documentazione per il matrimonio, alla morte dei genitori, oppure per fare luce su una patologia genetica). A quel tempo, l’adozione era dare un bambino a una coppia che ne era priva.
Adesso non è più così, l’adozione è trovare la famiglia migliore per quel bambino. Al centro c’è il minore e la sua storia va accolta.
Cosa servirebbe oggi?
Sono vent’anni, dal 2001, che viene chiesto un database nazionale in condivisione con i 29 Tribunali che si occupano dell’adozione, in modo che tutti i Tribunali sul territorio abbiano l’elenco dei bambini adottabili in Italia e delle coppie disponibili. Magari per un minore di Brescia va bene una coppia residente in Sicilia, affinché il piccolo si allontani il più possibile dal contesto nel quale è nato. Occorre assolutamente uniformare le procedure, che purtroppo variano da Tribunale a Tribunale.
Oltre a quelli adottabili, ci sono circa 30.000 minori in affido: 15.000 in affido eterofamiliare e 15.000 in comunità. Hanno un nome, un’età, una storia. Sono tantissimi e sono bambini, ragazzi, che crescono… Sono anni di vita che non si recuperano. Anche qui urge una banca dati che monitorizzi i minori fuori famiglia.
Un altro tasto dolente riguarda gli affidi di pronta accoglienza, che consistono in affidi di minori 0-3 anni: proprio perché questi bambini sono piccolissimi hanno bisogno di una famiglia, di un accompagnamento limitato nel tempo, prima che si trovi loro una collocazione definitiva. Tuttavia, quel periodo limitato, che dovrebbe durare massimo un anno, a volte si allunga più del dovuto.
La realtà è che i servizi sociali sono in difficoltà: il personale è carente, gli assistenti sociali attivi sono oberati di lavoro, e lo stesso vale per i giudici e il mondo dei Tribunali per i Minorenni. Ti scontri col mondo dell’assistenza sociale che non viene sostenuto, su cui lo Stato non investe. Ecco perché c’è bisogno di cultura dell’adozione e dell’affido.
Di che cosa si occupa Italia Adozioni?
Italia Adozioni è un’associazione di volontari – e non di famiglie adottive – che parla a chi di adozione e affido non ne sa niente. Siamo figli e genitori adottivi e affidati, ma anche professionisti, studenti, pensionati, casalinghi, single, tutte persone che hanno a cuore queste tematiche poco masticate dalla società. Puntiamo sulla cultura: scriviamo libri e articoli che raccontano l’adozione e l’affido, promuoviamo ricerche e collaborazioni con le Università, organizziamo eventi, spettacoli teatrali e concorsi come "L’Adozione fra i banchi di scuola”, rivolto a tutte le scuole d’Italia di ogni ordine e grado.
Le famiglie adottive e affidatarie che vivono nella società testimoniano, con la loro presenza, che si amano, che è possibile amarsi nonostante non ci siano legami biologici, nonostante non c’entrino niente somaticamente l’uno con l’altro. Se parli di affido e di adozione parli di inclusione, di accoglienza, di multiculturalità, di ricchezza delle differenze, temi che sono dell’uomo, che riguardano ogni uomo.
Le famiglie adottive che vivono nella società testimoniano, con la loro presenza, che si amano, che è possibile amarsi nonostante non ci siano legami biologici, nonostante non c’entrino niente somaticamente l’uno con l’altro, nonostante abbiano storie importanti con cui fare i conti. Questo è quello che l’adozione porta con sé.
È necessario che gli insegnanti, i catechisti, i pediatri, i genitori, i compagni di classe, gli allenatori, i vicini di casa conoscano l’adozione e imparino a parlarne in modo corretto. Queste figure spesso dicono le cose sbagliate, ma per ignoranza, nel senso che ignorano quello che è il mondo dell’adozione e dell’affido.
Poco tempo fa ci è arrivata una lettera di una 11enne, Federica (nome di fantasia ndr), che mi ha confidato: «Non sono una ragazza normale perché sono stata adottata, e la gente pensa: “Oddio che cosa orribile”». Chi glielo ha detto? Chi glielo ha fatto percepire? Io le ho risposto che è normalissima. Orribile è il dolore – quello dei genitori e dei figli – perché fa soffrire e ne abbiamo tutti paura, non l’adozione, che è la medicina di quel dolore.