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26 Marzo 2024
14:00

Anche i calciatori soffrono per la mancanza del congedo di paternità

Intervistato da un quotidiano spagnolo, l'attaccante Pablo Sarabia ha raccontato le inaspettate difficoltà che un calciatore deve affrontare dopo la nascita dei figli, dal cambio di alimentazione al riposo lontano dalla camera da letto.

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Anche i calciatori soffrono per la mancanza del congedo di paternità
calciatore lamenta mancanza congedo paternità

Diventare calciatore ad alti livelli comporta stipendi invidiabili e uno stile di vita privilegiato, tuttavia alcune rinunce sono difficili da metabolizzare, soprattutto quando riguardano la propria famiglia. A mostrare questo inedito aspetto della vita calcistica è stato Pablo Sarabia, attaccante spagnolo nel giro della Nazionale che recentemente ha rilasciato un'intervista al quotidiano El Mundo per parlare di un problema che affligge tanto i comuni mortali quanto le stelle dello sport: la difficile conciliazione tra il lavoro l'essere genitori.

Se infatti la vita dorata di un calciatore consente l'invidiabile lusso di poter disporre di tutti gli aiuti possibili, il rigore dello stile di vita necessario per garantire delle buone prestazioni si scontra immancabilmente con il desiderio di essere un genitore presente e proattivo.

Nel corso dell'intervista l'attaccante madrileno, ora in forza al Wolverhampton in Premier League, ha così raccontato le difficoltà incontrate durante i primi mesi della nuova esperienza inglese iniziata dopo il Mondiale in Qatar (dove Sarabia ha anche sbagliato un rigore decisivo per la qualificazione della Spagna).

«Quando ho firmato, ho viaggiato con mia moglie incinta di otto mesi – ha raccontato al giornalista di El MundoI calciatori non hanno congedo di paternità, e i bambini sono nati un martedì, ho avuto il mercoledì libero e sabato ero già in campo a giocare una partita. Questo influisce, e molto. La mia capacità di concentrazione era nulla».

Oltre all'aspetto mentale però, uno sportivo deve curare soprattutto il proprio stato fisico, mantenendo uno stile di vita poco adatto ai primi e tribolati mesi di vita di un bebè, dove levatacce e orari sballati diventano parte della quotidianità.

«Dovevo dormire separato da mia moglie in modo che i bambini non mi svegliassero durante la notte: avrebbero compromesso il mio riposo» ha spiegato Sarabia, il quale ha anche dovuto fare i conti anche con un regime alimentare del tutto rivoluzionato.

Tra pasti e spuntini, infatti i calciatori devono mangiare ad intervalli il più possibile regolari: un compito assai arduo con un lattante in casa tanto che l'attaccante talvolta doveva rinunciare al pranzo con i compagni per aiutare la moglie, costringendosi a mangiare molto più tardi di quanto avrebbe dovuto.

Insomma, un bel problema, molto spesso sottovalutato, anche perché il corpo rimane il principale strumento di lavoro dei calciatori, i quali godono di prospettive di carriera molto più brevi (10-15 anni la massimo) rispetto alle altre professioni.

Certo, i sacrifici sono lautamente ricompensati e lo stesso Sarabia non ne fa mistero del proprio privilegio:

«Sono consapevole del dono che mi è stato dato dal Signore fin dalla nascita, e dell'educazione che mi hanno dato i miei genitori» ha ribadito, tuttavia il dispiacere di non poter essere presente quanto vorrebbe nei primi anni di vita dei propri bimbi rimane un cruccio con cui fare i conti. Perché prima del calciatore e del divo c'è sempre l'uomo e, in questo caso, il papà.

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Niccolò De Rosa
Redattore
Dagli studi umanistici all'esperienza editoriale, sempre con una penna in mano e quel pizzico d'ironia che aiuta a colorare la vita. In attesa di diventare grande, scrivo di piccoli e famiglia, convinto che solo partendo da ciò che saremo in grado di seminare potremo coltivare un mondo migliore per tutti.
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