L’attrice statunitense pluripremiata che tutti associamo immediatamente alla segretaria vestita di “ceruleo” di Miranda Priestly nel film “Il diavolo veste Prada”, Anne Hathaway, si è raccontata in una lunga intervista per Vanity Fair. L’attrice ha spiegato il suo difficile rapporto con i social e con i commenti crudi e crudeli dei followers, dicendo a gran voce che il cyberbullismo esiste ed è una reale fonte di sofferenza anche in mezzo a migliaia di commenti positivi e cuori.
Anne ha raccontato anche il dramma vissuto durante la ricerca delle sue gravidanze, il percorso da lei affrontato, ha spiegato, “non è mai stato una linea retta”, l’infertilità è stata una realtà con la quale ha dovuto fare i conti e che ha tenuto per sé per molto tempo.
L’evento più doloroso però da lei vissuto è stato nel 2015 quando ha subito un aborto spontaneo. L'attrice era coinvolta in una serie di riprese che sarebbero durate sei settimane dal titolo “Grounded” e che le imponevano, per il suo ruolo di attrice protagonista, di recitare proprio il ruolo di una donna in dolce attesa: «La seconda gravidanza non ha funzionato per me. Stavo recitando in uno spettacolo e ogni sera dovevo partorire sul palco». Dunque è stato proprio in questa situazione che ha deciso una sera, terminata la sua esibizione, di aprirsi con degli amici raccontando quella verità che tra i dolori delle doglie che emulava sul palco, rischiava di perdere per lei la sua autenticità.
Ha così scoperto che tante sue amiche avevano vissuto la stessa esperienza, si è informata online e anche lì ha trovato ricerche che rivelavano che infertilità e aborti spontanei non sono poi così desueti come i post di ragazze felici che stringevano tra le braccia un bebè le facevano credere.
L’attrice ha dunque deciso di usare i social per mettere in mostra una tipologia di contenuti che a lei non erano mai apparsi nel feed ma dei quali avrebbe tanto avuto bisogno: una maternità fragile e per questo in grado di dare moltissima forza.
Così nel 2019, quando poi è rimasta incinta del suo secondo figlio l’attrice ha smesso di recitare un ruolo anche sui social postando una foto in cui sorride davanti allo specchio accarezzandosi il pancione ma dalla insolita didascalia: «Non è per un film…Scherzi a parte, per tutti coloro che stanno attraversando l'infertilità e l'inferno del concepimento, sappiate che non è stata una linea retta per nessuna delle mie gravidanze. Vi mando una razione extra di amore».
La maternità fragile sui social è una conquista recente, agli hashtag #strugglingwithmaternity o #maternitàfragile o #motherhoodishard o semplicemente #motherhood, su TikTok e Instagram ad oggi compaiono decine di contenuti che raccontano una delle facce della maternità, fatta di notti insonni, dolori, depressione, e di quella forte solitudine che si sperimenta quando lo Stato in cui vivi garantisce solo alla madre 5 mesi di congedo di maternità da trascorrere con il proprio bambino, dicendole che è lei a doversi occupare di lui, è lei a dover rinunciare a tutto il resto, e che se non le viene spontaneo farlo poteva pensarci prima.
Tra le tematiche ad oggi sempre più raccontate sui social c’è anche il dramma dell’infertilità che l’attrice ha vissuto e dopo anni ha voluto raccontare: «Sarebbe sembrato falso pubblicare qualcosa di completamente felice quando so che la maternità ha molte più sfumature di quella per tutti». Oggi ci sono influencer e donne che raccontano le loro esperienza di PMA o chi spiega di aver deciso di congelare i propri ovuli per preservare la fertilità quando si sentirà pronta a diventare madre.
Il cambiamento social della narrazione della maternità sembrerebbe essere iniziato nel 2020, quando il lockdown pandemico, proprio quando la socialità si viveva solo sui social, uomini e donne si sono trovati ad essere faccia a faccia con la realtà che vivevano tra le mura domestiche.
Non che la maternità debba sempre e solo essere raccontata come un dramma, molte donne ne sono felici, non incappano in problemi legati alla fertilità di coppia e vivono la nascita del loro bambino o della loro bambina in maniera sana e serena. Questa eventualità fortuita, però, è stata raccontata come la normalità dai social e dalle parole di intere generazioni di donne per moltissimo tempo, facendo sentire sbagliate e mancanti di qualcosa tutte coloro che un figlio non riuscivano ad averlo o una volta avuto non riuscivano ad amarlo o a gestire la propria vita.
Un tempo la maternità non era percepita come una scelta, era per molte donne una tappa alla quale per forza la vita le avrebbe portate, dal momento che le loro possibilità a livello lavorativo erano ben diverse da quelle degli uomini (e molte meno di ora). Questo se da un lato faceva sentire inadeguate le donne che non riuscivano ad avere figli o che non li desideravano, permetteva alle altre di avere diverse conoscenti della stessa età che stavano vivendo la maternità, con le quali intessere relazioni e confrontarsi. Ad oggi la maternità è molto più sentita come una scelta, sancisce un prima e un dopo e sempre meno donne vi si approcciano, nonostante qualcuno la definisca cool. Perché che se ne dica, gestire figli e carriera, visto il numero di part-time involontari che sempre le donne sono obbligate a sottoscrivere, è molto difficile, se non impossibile.
Per questo abbiamo bisogno più che mai dei post come quello di Anne Hathaway e di chi si batte ogni giorno contro gli stereotipi di perfezione o devozione totale ai figli legati alla maternità, abbiamo bisogno di chi ci dica che è difficile ma che ce la si può fare, e non certo che siamo sbagliate perché non ce la facciamo.
La maternità fragile in mostra sui social e sempre più nella società, a dispetto del nome, è incredibilmente forte.