Il mondo di un bambino, nei primi anni di vita, sono i suoi genitori, punto di riferimento assoluto. Non c’è nulla che lo faccia sentire più protetto delle braccia della mamma o del papà, nulla di più confortevole. Tra gli 8 e i 18 mesi, il piccolo capisce di essere una persona indipendente dalla sua mamma e non una sua proiezione. È fisiologico che in questa fase della vita sperimenti la cosiddetta ansia da separazione, ovvero la paura di separarsi delle sue figure di rifermento, anche solo per brevi momenti. Poi passa? Certo, passa, ma non è un processo così immediato. Ci vuole tempo. Spesso il bimbo manifesta questo disagio anche dopo i due anni e tutte le volte che inizia un percorso importante, come può essere l’inserimento alla scuola dell’infanzia o l’avvio della prima elementare.
Timidezza o ansia da separazione?
Avere un disturbo di ansia da separazione ed essere timidi non è la stessa cosa. La timidezza è un fattore caratteriale, indipendente dall’affetto dei genitori. Invece, i bimbi che soffrono di ansia da separazione sperimentano una vera e propria ansia e stati di agitazione. Talvolta, il disturbo è legato a un avvenimento stressante, come una separazione, la morte di un genitore, di un parente stretto o di un animale domestico, una malattia o un cambio di scuola o di casa.
I sintomi dell’ansia da separazione
L’ansia da separazione non è un capriccio e non deve essere banalizzata. Il bambino ha bisogno di sentirsi rassicurato e dobbiamo convalidare le sue emozioni, che possono manifestarsi anche con sintomi fisici. Quali ?
- Mal di pancia
- Vertigini
- Battito cardiaco accelerato
- Respiro corto
- Sudorazione
Spesso i bimbi potrebbero sviluppare delle paure, che non sanno esternare e di conseguenza manifestano con un comportamento oppositivo, come non voler andare a scuola o svolgere alcune attività. È solo un modo per manifestare un disagio, legato magari al terrore che possa succedere qualcosa al genitore proprio in quel momento o alla paura di sentirsi male in mezzo agli estranei.
Il risultato? Pianti disperati, grandi abbracci ai genitori, notti insonni, ma anche rifiutarsi di partecipare a una gita scolastica o di prendere un mezzo pubblico.
Come si manifesta l’ansia da separazione a scuola
Se è vero che questo problema riguarda soprattutto i bimbi più piccoli, è anche vero che spesso può essere accusato anche nel corso delle scuole elementari e medie. In questo caso potrebbe manifestarsi con:
- Frequenti ritardi
- Pianti
- Rifiuto di recarsi a scuola
- Evitare di svolgere attività con i coetanei oltre l’orario scolastico
- Bassa autostima in situazioni sociali e in ambito accademico
- Difficoltà di concentrazione
- Basso rendimento scolastico
- Lentezza nell’esecuzione dei compiti
- Frequenti domande e richieste di rassicurazione
E tutto ciò si può tradurre con una forma di isolamento sociale. Il bimbo che vuole stare solo a casa o con mamma e papà rischia di perdersi aspetti importanti della socializzazione.
Come aiutare il bambino
Se stiamo vivendo questa esperienza, sicuramente, ci stiamo chiedendo anche come aiutare nostro figlio. Non ha nulla da un punto di vista fisico, ma sta soffrendo. In base all’età, esistono delle strategie che si possono seguire. Prima di tutto sminuire la sofferenza non è mai giusto e soprattutto non porterà a una risoluzione. Proviamo invece a:
- Rassicurare: L’unica vera arma contro l’ansia da separazione è trasmettere un senso di calma e sicurezza al bambino. Se il bambino percepisce il mondo esterno come pericoloso e noi come spaventati difficilmente si avventurerà alla scoperta di nuove esperienze. Rassicuriamo il bambino che il mondo è sicuro e che comunque, in caso di qualche inevitabile imprevisto, noi siamo pronti ad accoglierlo senza esserne spaventati.
- Ascoltare il bambino: lasciamo che ci racconti le sue emozioni e se non dovesse riuscirci, facciamogli sapere che normale provare paura quando si è lontani da mamma e papà.
- Cercare di prevedere le difficoltà. Ci sono delle situazioni che probabilmente lo mandano più in crisi. Bisogna cercare di anticiparle. Per esempio, se il bambino si separa più serenamente da un genitore rispetto all’altro, quel genitore dovrebbe assumersi la responsabilità di accompagnarlo a scuola o alle attività
- Creare dei rituali. Instaurate una routine solo vostra, fatta di piccoli gesti, come dare tripli baci, fornirgli, una sciarpa, una coperta o un giocattolo speciale mentre è a scuola, lasciargli dei messaggini tra il materiale didattico. Quando vi salutate, facciamo in modo che l'addio sia breve e dolce. Se indugiamo, lo fa anche il tempo di transizione. E ciò può provocare ansia
- Non chiamarli mammoni. Le etichette non fanno mai bene e non servono a niente, se non a minare l’autostima del bambino. Il piccolo che sta crescendo si rende conto saranno sempre di più le occasioni di separazione dai genitori e ciò potrebbe fargli sentire più forte la voglia di stare con loro. Non è regressione, ma anzi una presa di consapevolezza. E i più insicuri potrebbero chiedersi: “sarà in grado anche senza il papà di farcela? Riuscirò a essere autonomo senza l’aiuto della mamma?”