Secondo i più recenti studi, i ragazzi occidentali sono sempre più stressati, vivono in uno stato d'ansia costante e sono maggiormente esposti al rischio di sviluppare malattie mentali. Le cause possono essere molteplici, dall'incertezza sociale al futuro compromesso dal clima impazzito, tuttavia per lo psicologo statunitense Jonathan Haidt, l'uso incontrollato dei social network contribuirebbe in modo rilevante ad aggravare la situazione.
Questa tesi, oggetto di controversie e dibattito tra gli addetti ai lavori d'Oltreoceano, è stata esposta nell'ultimo libro di Haidt, The Anxious Generation, dove il professore titolare di una cattedra alla New York University ha messo a confronto alcune delle più autorevoli ricerche sul rapporto tra social e adolescenti per poi trarre alcune conclusioni decisamente interessanti.
«Gli adolescenti non sono solo gli utenti di smartphone più compulsivi – scrive Haidt – ma sono anche i più vulnerabili, in parte perché l'adolescenza è un periodo di rapido sviluppo sociale ed emotivo».
A supporto di ciò, l'autore riporta alcuni dati inquietanti, come il numero più che raddoppiato di casi di depressione tra gli studenti americani o un tasso di suicidi adolescenziali aumentato del 167% per le ragazze e del 91% per i ragazzi, che Haidt associa all'uso sfrenato degli smartphone, definiti come «bloccatori di esperienze».
Se però la tecnologia può rappresentare la pistola fumante, a mettere in mano quest'arma alle Generazioni Z e Alpha sono stati i genitori moderni, tanto iperprotettivi nel mondo offline quanto superficiali nella valutazione delle insidie di Internet.
Secondo Haidt, la tendenza a preoccuparsi fino all'eccesso di pericoli "reali" come la criminalità, gli infortuni o le cattive compagnie ha portato le madri e i padri a cercare di escludere ogni forma di rischio "concreto" dalle vite dei figli.
Ciò ha comportato un innegabile beneficio in termini di mera tutela della salute fisica (incidenti, ricoveri ospedalieri e morti traumatiche sono calate drasticamente a partire dagli anni '80), ma ha anche impedito ai giovani di "farsi le ossa" e acquisire esperienze utili per superare le sfide del mondo. E i social, con le loro dinamiche complesse hanno senza dubbio presentato il conto.
I ragazzi si sono infatti trovati a sperimentare da soli e senza la giusta consapevolezza le infinite possibilità offerte dalla Rete, trascorrendo sempre più tempo online e finendo per preferire chat e scambi di like ai rapporti reali con altri coetanei.
Il Web è però un ecosistema spietato e se da un lato qualcuno è riuscito a sfruttare il meccanismo social per ampliare il proprio ventaglio di opportunità, dall'altro molti giovani impreparati alla durezza della vita virtuale si sono esposti a fenomeni come il cyberbullismo o l'ansia sociale scaturita dai modelli irrealistici (come influencer o ostentatori di professione) propinati dall'algoritmo.
Questa visione, forse un po' troppo catastrofica, ha diviso a metà la critica, anche perché, come ammesso dallo stesso psicologo nel corso di alcune interviste successicve alla pubblicazione del libro, l'analisi non tiene conto di molti fattori che, al pari delle dipendenze social, potrebbero cooperare al disagio dei nostri giovani.
Oltre ad evidenziare il problema però, Haidt propone anche delle possibili soluzioni. Secondo l'autore, la prima cosa da fare dovrebbe essere quella di ridefinire un nuovo modello genitoriale in cui madri e padri cessano di comportarsi come «carpentieri», ossessionati dal controllo e della progettazione maniacale di ogni aspetto della vita dei figli, per diventare più simili a «giardinieri» che offrono ai propri ragazzi le condizioni migliori per fiorire in modo indipendente.
Nel libro sono però presenti anche alcuni consigli ben più concreti per fare in modo che i figli non diventino facili prede dei social e degli smartphone. Tra questi:
- Accesso ai social dopo i 16 anni, età durante la quale è più probabile che ragazzi e ragazze abbiamo raggiunto una maturità sufficiente per maneggiare le dinamiche social senza farsi male.
- Controllo vigile, con genitori in grado di usare il parental control di app e dispositivi esercitando però una sorveglianza non troppo esplicita e, quindi, soffocante.
- Niente social prima di andare a dormire. Impedire l'uso di device almeno un'ora prima di andare a dormire permette ai figli di dormire meglio, Può esmbrare una banalità la mancanza di sonno innesca spesso conseguenze che favoriscono l'insorgere di stati ansiosi e/o depressivi.
- Stabilire routine familiari per impedire che i ragazzi a casa finiscano sempre per chiudersi nella propria camera.
- Più esperienze reali. Per Haidt le gite al mare o le passeggiate in montagne sono esperienze arricchenti che portano i giovani a spostare la propria attenzione dai social al mondo che li circonda.
- Favorire il gioco libero nei più piccoli, così da stimolare la creatività e lo spirito d'iniziativa.