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Apparecchiare la tavola insieme ai bambini è un rituale per sentirsi in famiglia

Molte famiglie si interrogano se sia giusto o meno che i figli aiutino in casa: alcuni pensano sia un dovere dei figli compartecipare alle faccende domestiche, altri pensano non sia così importante. È giusto che i bambini aiutino ad apparecchiare la tavola? Se la risposta fosse si, come si può fare per evitare che per le famiglie diventi l'ennesima occasione di scontro?

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Apparecchiare la tavola insieme ai bambini è un rituale per sentirsi in famiglia
Pedagogista
Apparecchiare la tavola
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Apparecchiare la tavola può essere un momento di vera coesione famigliare, oppure può trasformarsi nell'ennesima battaglia quotidiana. In ogni caso si tratta di una pratica sana ed è auspicabile che i bimbi siano coinvolti. Quando chiediamo ai genitori se i loro piccoli sistemano la tavola difficilmente sentiamo risposte come: "No, non ci importa" oppure "Per noi può farlo come non farlo". Capita, piuttosto, che le risposte siano: "Sarebbe bello ma ..." oppure "Meglio lasciar perdere" o ancora "Glielo chiediamo, ma per evitare di sentirci dire sempre no e magari litigare, allora lasciamo perdere". É giusto quindi che i bimbi apparecchino la tavola?

Apparecchiare la tavola: valore o regola?

Anzitutto va specificato che apparecchiare la tavola deve essere fatto insieme. La relazione è il principale veicolo che trasmette valori e norme, è lo strumento educativo per eccellenza. Non possiamo insegnare un valore o una regola, se non siamo i primi ad aderire allo stesso principio. Quando questo non succede la nostra comunicazione perde di forza, veridicità e autenticità e a quel punto né la gentilezza né l'imposizione porteranno ad un risultato efficace.

Il tempo conviviale è dedicato alle persone più che al fare

Apparecchiare la tavola è forse la pratica quotidiana con più ricadute sul piano dei valori famigliari. La consumazione del pasto è un'occasione di unione, in cui tutto si ferma e si condivide. È un momento di quiete in mezzo alle tante cose da fare. Tra le risorse di una famiglia, annoveriamo di certo il tempo conviviale dedicato alle persone, anziché al fare. Per questa ragione è importante che siano in primis gli adulti ad adattarsi, per trasmettere al figlio questo atteggiamento, questo valore.

Apparecchiare la tavola assume quindi i connotati di un valore per la famiglia, prima di diventare una regola famigliare; di sicuro è bene precisare che non è un compito dei figli. Quello che è importante non è l'esecuzione di una richiesta, ma la partecipazione alla vita domestica.

Apparecchiare la tavola

Come ogni transizione da una fase – in questo caso quella del gioco, del tempo libero o dei compiti – a un'altra – quella della colazione, del pranzo, della merenda o della cena – una strategia efficace è quella di permettere ai propri figli di – appunto – transitare attraverso un rituale.

Apparecchiare la tavola: un rituale per stare insieme

Assistiamo di continuo a regole domestiche boicottate dai figli, con frasi come: "Dopo lo faccio", "Non ho voglia" e in casi di figli più piccoli assistiamo a fughe, capricci o, nei casi più complessi, anche "scenate" di rifiuto. Apparecchiare la tavola non dev'essere un'occasione di conflitto, perché non è da intendersi come un compito, per cui si raccomanda la prospettiva della gradualità.

Dividiamo il rituale in tre fasi:

Fase preparatoria

Ecco alcune indicazioni che non sono da intendersi come condizioni essenziali, ma come occasioni di relazione, in cui l'unica cosa che si raccomanda e disponibilità e creatività verso i figli.

  • Gioco di ruolo: può essere fatto in qualsiasi momento della giornata e può coinvolgere, anziché la tavola vera e propria, l'immaginazione del bambino e del genitore. Il gioco è lo strumento per apprendere il "come si fa", per poi tradurre questo apprendimento nella vita quotidiana. Il gioco, oltre ad avere regole che guidano l'azione, veicola emotività, benessere e abbassamento del livello di reattività. Attraverso la creatività del gioco, posso associare la preparazione della tavola, a un momento di pura relazione, dove il genitore diventa un alleato, testimone e co-pilota dell'immaginazione del figlio.
  • Tovaglie con disegnate le posizioni delle posate: sono rintracciabili sul mercato oppure si possono stampare. Le tovaglie con la raffigurazione della posizione delle posate è un modo per agevolare il passaggio dal "Come si fa", al gusto di farlo. Poter scegliere secondo proprio gusto, appunto, non solo aumenta il livello di gradimento e di coinvolgimento, ma anche il senso di auto-determinazione.
  • Stare in cucina: Se apparecchiare la tavola non può essere pensato come un compito, non possiamo nemmeno arrivare a questa richiesta dal nulla, senza aver prima stimolato la relazione con il bambino. Per portarlo a partecipare attivamente alla preparazione della tavola è necessario stare con lui anche prima della richiesta stessa. È consigliabile portare il bambino nell'ambiente dove si mangia. Svolgere un'attività in quel luogo, così come dialogare, facilita la transizione da quel che faceva prima al quel che andrete a fare dopo.

Fase operativa

Preparare la tavola è una richiesta complessa, che presuppone memoria di lavoro, pianificazione, controllo dell'errore, organizzazione spaziale. Se per noi adulti risulta una attività banale, questo non significa che lo sia anche per i bambini.

bimbo apparecchia

Sarà importante in questa fase essere osservatori attenti e delicati. Se noteremo delle fatiche in una delle abilità elencate, anziché correggerlo dall'errore, aiutiamolo la volta successiva prima che l'errore stesso avvenga. Questo presuppone che se il bambino sbaglia, dovremo trattenerci dal correggerlo automaticamente, per poi guidarlo in una esecuzione più corretta nella prossima occasione. Apparecchiare la tavola non è un compito e quindi non presuppone un giusto e uno sbagliato, ma un gratificante livello di partecipazione alla vita famigliare.

Scegliete la sequenza con cui apparecchiare la tavola e non cambiatela. Questo aiuterà il bambino a memorizzare le azioni, ma anche a monitorare quello che lui stesso sta facendo.

Fase narrativa

Quando siamo a tavola, evitiamo di ringraziarlo, perché non è stato un favore, evitiamo di esaltarlo, perché vogliamo diventi quotidianità e non un evento isolato, ma parliamo – semplicemente –  di quel che è successo. Valorizzare un comportamento significa prima inserirlo in qualcosa che ha valore. Non servono grandi elogi, con la speranza che la volta successiva sia più motivato nel ripetere l'azione.

Il bimbo non va ringraziato o esaltato perché ha apparecchiato la tavola, deve comprendere che è importante per il sistema famiglia

Per rendere motivante un'azione, deve avere valore per tutti i componenti del sistema, essere utile, essere parte di un tutto. "Ottimo che abbiamo preparato la tavola presto oggi, così mi sono potuta/potuto concentrare sul ragù, che infatti è buonissimo!", "Nonostante abbiamo fatto tutto di fretta, ce l'abbiamo fatta a preparare tutto, così ora possiamo mangiare tranquilli", "Mi sono sempre piaciuti questi bicchieri, però forse ora è il momento di cambiarli. Tu di che colore li vorresti?". Questo significa dare valore a ciò che è successo non come evento straordinario – che per sua definizione è ordinario non si ripeta – ma come flusso coerente e importante del vivere all'interno di un sistema, il sistema famiglia.

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Luca Frusciello
Pedagogista
Dopo gli studi superiori, mi laureo in Educazione Professionale. Mentre approfondisco le tematiche pedagogiche in percorsi universitari e formativi extra-universitari, progetto e realizzo interventi educativi finalizzati allo sviluppo globale della persona. Successivamente conseguo il titolo di Pedagogista Clinico® che aggiunge alla mia professionalità le basi scientifiche trasversali per interventi basati su metodi e tecniche proprie della disciplina, finalizzate alla comprensione dei processi che muovono l’individuo senza concentrarsi sui disturbi e le incapacità, ma attivando Potenzialità, Abilità e Disponibilità. Attraverso modalità, metodi e tecniche esclusivamente educative mi rivolgo a persone di ogni età, concentrandomi sulle capacità individuali e sociali. Grazie ad un approccio non curativo né correttivo, si favorisce la persona nel trovare le proprie risorse adattive, agendo interventi educativi specialistici. Visione, questa, che permette di accogliere, analizzare e associare ogni orientamento verso l’evoluzione e il cambiamento.
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