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3 Aprile 2023
9:00

Bambino podalico: cosa significa, quali sono i rischi e come farlo girare

Il bambino è podalico quando le natiche, i piedi o entrambi sono posizionati verso il basso, mentre la testa è in alto. In genere il piccolo assume la posizione cefalica, con la testa in giù, favorevole al parto naturale, già intorno alle 30 settimane di gravidanza. Se non si gira nel corso dell'ultimo trimestre, il medico programma un taglio cesareo. Il ginecologo Papadopoulos: "Riguarda circa il 5% delle gestanti"

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Bambino podalico: cosa significa, quali sono i rischi e come farlo girare
Intervista a Dott. Nikolaos Papadopoulos
Specialista in Ginecologia e Ostetricia
podalico

Il bambino è podalico se presenta le natiche, i piedi o entrambi rivolti verso il basso, in posizione per uscire per primi durante il parto.

La maggior parte dei bambini quando sono nella pancia della mamma assume la posizione cefalica (cioè è disposto con la testa verso il basso), mentre solo una minoranza di loro non si gira prima del travaglio, rimanendo in posizione podalica, con i piedi o il fondoschiena in direzione dell’utero della mamma. Se la cosiddetta capovolta, da podalico a cefalico, non avviene nel corso dell'ultimo trimestre, il medico intorno alle 36 settimane programma un parto cesareo fissandolo a 39 settimane, perché il parto naturale con un feto podalico potrebbe rivelarsi pericoloso per la salute della mamma e del figlio.

«La maggior parte delle gestanti arriva intorno alla fine della gravidanza con il feto in posizione cefalica, cioè a testa in giù, pronto a uscire, una posizione che di norma è raggiunta dal piccolo già intorno alle 30 settimane – risponde a Wamily il ginecologo Nikolaos Papadopoulos – ma esiste una piccola parte di donne incinte, intorno al 5%, che alle 39 settimane ha il feto in posizione podalica, cioè con i piedi o le natiche in giù: in sostanza, il bambino è al contrario».

Perché il bambino può essere podalico?

Nelle ultime settimane di gravidanza il feto tende ad assumere la posizione cefalica, a testa in giù, che è la posizione più favorevole per la riuscita di un parto naturale perché la testa è già posizionata per uscire per prima dalla vagina. Se il feto, invece, si sistema con i piedi o le natiche verso il basso, significa che assume una posizione podalica, condizione che richiede un parto cesareo.

Non sono sempre chiare le cause di un feto podalico. Secondo The American Congress of Obstetricians and Gynecologists (ACOG), i fattori che potrebbero contribuire a far sì che il feto si trovi in una presentazione podalica sono:

  • Una precedente gravidanza
  • Gravidanza plurima (gemelli o più)
  • Carenza o, al contrario, eccesso di liquido amniotico
  • Placenta previa (la placenta si trova nella parte bassa dell'utero)
  • Feto prematuro

La posizione podalica non è connessa a rischi particolari per la salute del bambino in gravidanza. Solo occasionalmente i feti con determinati difetti alla nascita, non si girano in posizione cefalica prima del parto.

In quanti modi può presentarsi la posizione podalica?

Un bambino podalico può trovarsi in una delle seguenti posizioni:

  • Posizione podalica completa o franca: il bambino ha il sedere in basso, con le cosce contro il petto e i piedi all'altezza delle orecchie. La maggior parte dei bambini podalici si trova in questa posizione
  • Posizione podalica flessa: il bambino è in basso, con le cosce contro il petto e le ginocchia piegate
  • Footling podalico: quando uno o entrambi i piedi del bambino sono sotto il fondoschiena. È una condizione comune nei bambini podalici che sono prematuri

Quali sono gli esami da fare per scoprire se il feto è in posizione podalica?

A 35-36 settimane compiute occorre ricontrollare la posizione del feto, eseguendo un esame ecografico. Nel corso della visita, di solito viene effettuato anche un monitoraggio cardiotocografico (CTG) per valutare il benessere fetale.

Il medico potrebbe essere in grado di capire se il feto è rivolto verso l’alto o il basso anche toccando l’addome della mamma e sentendo dove si trovano la testa, la schiena e le natiche del feto.

Bisogna fare il cesareo se il bimbo è podalico?

Se al termine della gravidanza il feto è ancora in posizione podalica, il medico di regola procede programmando il taglio cesareo e fissandolo a 39 settimane di gestazione circa.

«A meno che non inizi il travaglio prima del previsto, che richiede il cesareo d’urgenza, ovunque ci sia un’indicazione di cesareo si tende ad arrivare più vicino possibile alle 40 settimane, quindi alle 39 settimane, per ridurre il rischio di problemi respiratori nel bambino, che più vai indietro nell’epoca gestazionale più aumentano. – spiega il dott. Papadopoulos – A 30 settimane il bambino nell’80% dei casi è già in posizione cefalica, e più si va avanti nelle settimane, più è difficile che il feto si raddrizzi da solo, ma per concedergli tutte le chance possibili si arriva quasi al termine, cioè alle 39 settimane. Esiste sporadicamente chi già pur essendo già posizionato a testa in giù cambia all’ultimo momento. Nella mia esperienza quasi ventennale, una volta mi è capitato che un feto si sia girato addirittura durante il travaglio».

In caso di feto podalico, di regola si programma il cesareo a 39 settimane di gravidanza

Come precisa il Ministero della Salute, In Italia, nel 94,1% dei casi di presentazione podalica si è ricorsi al taglio cesareo.

«Esistono cliniche che praticano il parto naturale anche in caso di feto podalico, ma si preferisce evitarlo perché espone mamma e figlio a complicazioni in sala parto» aggiunge il ginecologo.

podalico feto

Esistono esercizi per la rotazione spontanea del feto?

Esistono metodi consigliati per girare il feto e favorire la capriola prima del travaglio, tuttavia quelli efficaci e riconosciuti all'unanimità dalla comunità scientifica sono pochi.

Tecniche naturali e posturali

«C’è chi consiglia metodi naturali legati all’omeopatia, come le gocce di Pulsatilla – continua il medico – o esercizi fisici da svolgere a casa, come camminare a carponi o fare il ponte, una posizione che dubito sia semplice da assumere in gravidanza».

Moxibustione

A 32-33 settimane le mamme con un piccolo podalico in grembo discutono con il medico di riferimento se utilizzare, per aumentare la probabilità che il piccolo si giri spontaneamente, la moxibustione, cioè una tecnica elaborata dalla medicina cinese che consiste nello stimolare attraverso il calore prodotto dalla combustione di erbe un punto del piede, in particolare dietro l’angolo esterno dell'unghia del quinto dito del piede.

«La medicina cinese è l’artefice della moxibustione, una tecnica che, quando è stata studiata in Europa, non ha dato dei risultati particolarmente strabilianti, ma che secondo gli studi cinesi funziona. – spiega il dott. Papadopoulos – In Europa solo gli spagnoli hanno pubblicato un articolo in cui ne incoraggiano l’uso, perché, al di là dei risultati, è innocua. In che cosa consiste? Si tratta di stimolare, secondo i principi dell’agopuntura, un punto del piede della donna incinta con il calore. In Italia è praticato in alcuni ospedali, in altri no, perché essendo basato sulla naturopatia non è del tutto accettato».

Manovra ostetrica di rivolgimento 

Qualche settimana più tardi, cioè intorno alle 36 settimane di gravidanza, alle mamme con presentazione podalica è illustrata l’opzione di procedere con il rivolgimento per manovra esterna (o versione cefalica esterna), che pratica l’ostetrico o il ginecologo in ospedale a partire dalle 37 settimane. Si tratta di “far fare una capriola” al feto attraverso una procedura manuale eseguita dal medico sotto controllo ecografico.

La percentuale di riuscita della manovra aumenta se è la seconda gravidanza

«A livello pratico, dopo aver escluso patologie e precedenti cesari, il medico somministra un farmaco alla gestante per rilassare la pancia e procede con la manovra controllando in tempo reale il feto dal monitor ecografico e spingendo il feto manualmente per cercare di capovolgerlo, mentre un secondo operatore controlla il battito e la posizione del feto. La pratica ha luogo in ospedale perché nella remota ipotesi in cui si presenti una complicazione, è disponibile la sala operatoria per il cesareo d’urgenza. Per chi è alla prima gravidanza funziona nel 40-50% dei casi, una percentuale di riuscita che aumenta fino al 70-75% per chi è alla seconda gravidanza, perché in quest’ultimo caso l’utero è già stato preparato dalla prima ed è più adatto a ricevere quella stimolazione con le mani. Nulla vieta, però, che il feto si rigiri nei giorni successivi, anche se è improbabile che cambi posizione alla fine della gravidanza».

La versione cefalica è controindicata in donne con una cicatrice o un’anomalia uterina, con compromissione fetale, membrane rotte, sanguinamento vaginale e problemi medici.

Come dormire se il feto è podalico?

Esiste una posizione da prediligere prima del sonno per la futura mamma che ha in grembo un feto podalico? La risposta è no. O meglio, prima di sonnecchiare, è raccomandabile che la gestante si accoccoli sul fianco sinistro, ma indipendentemente dalla posizione del feto, che sia podalico o cefalico.

È opportuno dormire sul fianco sinistro, indipendentemente dalla posizione del feto

«Il consiglio di dormire sul fianco sinistro vale a prescindere dalla posizione cefalica o podalica del bambino. È meglio riposare sul fianco sinistro, e non in posizione supina, perché l’utero diventando più grande schiaccia la vena cava, che raccoglie il sangue del corpo e lo porta al cuore, e la mamma, se è in posizione orizzontale, tende a svenire, per questo i lettini ginecologici in gravidanza sono inclinati. Questo non deve diventare motivo di ansia: se la gestante al mattino si sveglia supina, pazienza, non per forza succede qualcosa, ma se possiamo coscientemente prevenire dei rischi, è meglio farlo. Se quella supina è l’unica posizione in cui riusciamo a dormire, allora, a partire dalle 20 settimane, mettiamo 2/3 cuscini dietro la schiena» conclude il ginecologo.

Fonti mediche
NHS
Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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