Con la circolare del primo agosto diramata dall'Agenzia delle Entrate diventa ufficiale la misura prevista all'interno del cosiddetto "Decreto Lavoro" che introduce un innalzamento fino a 3.000 euro per i fringe-benefit esentasse erogabili dai datori di lavoro nei confronti dei propri dipendenti con figli a carico.
In sostanza da ora aumenta la quota delle somme che le aziende possono destinare ai lavoratori sotto forma di rimborsi per pagare le bollette o servizi come borse di studio o buoni pasto – i già citati fringe-benefit per l'appunto – senza che tali cifre vengano tassate (sia per il dipendente che per il titolare, che può detrarre tali importi).
Questo nuovo bonus figli 2023 è stato accolto da alcuni come un utile provvedimento in favore delle famiglie italiane, tuttavia – spiace fare i guastafeste, ma è il nostro lavoro – vi sono alcuni punti che è bene aver presente per poter ottenere un quadro complessivo della situazione.
Innanzitutto, nonostante il nome appioppato dai media, questo provvedimento non riguarda esattamente tutti i figli, ma solo quelli con genitori che lavorano per un'impresa che ha la possibilità (e la volontà) di dotarsi di una qualche forma di welfare aziendale.
Esclusi dunque i figli di chi è impiegato in ditte che non prevedono simili benefit, i figli dei lavoratori nel settore pubblico nonché tutti gli altri dipendenti senza prole, per i quali resta il limite di 258,23 euro.
Altro dettaglio non da poco: una simile misura comporti l'indubbio vantaggio di consentire ai datori di lavoro di conferire bonus più corposi senza il rischio di aumentare il reddito imponibile (e dunque le tassazione), ciò non rappresenta un obbligo. Le aziende possono tranquillamente passare oltre.
Ci troviamo di fronte dunque ad una situazione per la quale la politica si trova a delegare agli enti privati una misura incentivante che però incentiva poco e nulla visto che risulta destinata ad una fetta limitata di popolazione, non impatta in modo rilevante sulla vita di chi sta scegliendo se diventare genitore o meno e, soprattutto, rischia di riguardare solamente quelle realtà dotate di un welfare aziendale moderno che però in Italia appiono ancora come delle mosche bianche.
Da un Governo che afferma di mettere le famiglie al primo posto siamo certi di poterci aspettare di più, anche perché garantire asili per i figli di chi lavora e sostenere i giovani allo studio resta il compito di un Paese che vuole costruirsi un futuro e non deve diventare un privilegio per chi viene assunto da compagnie prestigiose.