Il bullismo è un fenomeno in aumento nelle scuole, eppure a definirsi “bulli” sono in pochi. Come riporta il monitoraggio annuale del Ministero dell’Istruzione e del Merito, nell’anno scolastico 2022/2023 il 26,9% degli studenti ha dichiarato di essere stato vittima di bullismo, contro il 25,3% dell’anno precedente e il 22,3% del 2020/2021. Sono numeri in aumento, che non trovano riscontro nei “mea culpa” di chi quella violenza, fisica o verbale, la esercita: se nel 2020/21 il 18,2% ha ammesso di aver partecipato attivamente a episodi di bullismo, l’anno seguente la percentuale si è ridotta al 18,1%, mentre nel 2023 solo il 17,5% degli alunni ha confessato di essere stato, sistematicamente o in casi isolati, un “bullo”.
Emerge un profondo scollamento nella percezione di chi ritiene di essere stato un bullo (in diminuzione) e chi vittima di bullismo (in aumento). Un distacco dettato da diversi fattori: dalla codardia, all'assenza di consapevolezza, fino alla disinformazione su quale sia il limite fra scherzo e angheria e alla sofferenza.
E se le due etichette a volte combaciassero? Bullo e vittima sono due ruoli apparentemente agli antipodi, generalmente ritenuti distinti, chiari e definiti: il bianco e il nero, il giorno e la notte, il buono e il cattivo. In realtà, non è esattamente così. La distinzione netta è una semplificazione: il bullismo (come la sua variante online, il cyberbullismo) è un fenomeno dalle tante sfaccettature, dove i ruoli evolvono e, a volte, si confondono.
Mirko Zumbo, studente di 24 anni di Psicologia e processi sociali all’Università Sapienza di Roma, si è sentito entrambe quelle definizioni addosso, in tempi diversi della sua esperienza scolastica. Dopo un’infanzia e una prima adolescenza segnata dal bullismo subìto dai coetanei, al primo anno di Liceo da ripetente, più grande di due anni dei suoi compagni e iscritto a una scuola dove non lo conosceva quasi nessuno, ha indossato la maschera del bullo.
«Avevo perso due anni di Liceo, ho cambiato scuola e, sentendomi il più grande, ho iniziato ad avere un atteggiamento arrogante – racconta Mirko a Wamily –. Rispondevo male, mettevo in soggezione dei compagni. Dopotutto, avevo imparato a mie spese che il più grande, il più forte, doveva rapportarsi col più piccolo dimostrando la sua superiorità». «Ad oggi ho capito che non è corretto affrontare il tema del bullismo con l’idea di trovare per forza un colpevole e una vittima o di dipingere il bullo a prescindere come un criminale – continua –. Pure il bullo soffre, ha bisogno di attenzioni. Abbiamo una responsabilità, come adulti, sia verso chi pratica che verso chi subisce bullismo».
Mirko frequentava la terza primaria quando fu escluso dal gruppo di compagni «perché sei gay». Secondo i dati del Ministero, l'orientamento sessuale è la seconda causa più frequente di bullismo basata su un pregiudizio. La prima è l’etnia, mentre la terza è la disabilità. L’8,1% dei partecipanti al monitoraggio nazionale, che nel 2023 ha coinvolto oltre 84mila studenti, ha dichiarato di aver subito bullismo o insulti di tipo omofobico nel contesto scolastico nei mesi precedenti alla rilevazione. L’anno precedente le vittime erano il 7,8%, mentre nel 2021 il 6,4%. «Dal confronto tra i dati delle rilevazioni 2021, 2022 e 2023 – scrive il Ministero – emerge un trend in aumento di tutti i tipi di vittimizzazione e bullismo basati sul pregiudizio, che evidenzia, da un lato, i cambiamenti del contesto scolastico, sempre più multietnico ed inclusivo, dall’altro le difficoltà di alcuni studenti e studentesse ad accettare la diversità».
«Alle medie i miei genitori hanno tentato di aiutarmi, – continua Mirko – un ragazzo mi aveva chiamato “frocio” e mia mamma è andata dal preside, che però ha gestito male la situazione. Purtroppo persi la fiducia nel mondo adulto. La terapia mi ha salvato».
Quando Mirko ha recentemente raccontato online la sua esperienza di bullismo è rimasto sorpreso dai commenti. «Quando ho raccontato di aver subito bullismo in un podcast pubblicato online, la gente si è dimostrata comprensiva e mi ha dimostrato vicinanza, mentre nel video in cui ho spiegato di essere stato anche io un bullo, in conseguenza al bullismo subìto da piccolo, sono stato aspramente criticato e insultato. Improvvisamente ero diventato un criminale».
In realtà, la propensione di chi è stato vittima di episodi di bullismo a diventare a sua volta bullo e a mettere in atto condotte aggressive è piuttosto frequente, ed è stata evidenziata da diversi studi. Una ricerca americana del 2016 (Increased Risk of Aggressive Behavior among Victims of Multiple Forms of Bullying) esaminando i dati di circa 2mila adolescenti tra i 10 e i 17 enni ha constatato un aumento del comportamento aggressivo tra chi è stato vittima di bullismo. In un articolo pubblicato due anni più tardi dalla Southern Illinois University di Carbondale, viene sottolineata la frequente associazione tra coloro che una volta erano vittime di bullismo e coloro che ne sono autori. «Alcuni bulli che si mostrano prepotenti, sono vittime di bullismo da parte di altri – scriveva Sujung Cho, professoressa di Criminologia e giustizia penale dell’Università americana –. C’è una sovrapposizione e un collegamento».
«Grazie alla terapia e con l’iscrizione alla facoltà di Psicologia, però ho approfondito diversi aspetti – prosegue il 24enne –. Ho capito che se si è vittime di bullismo in un contesto e la propria autostima sociale è bassa, a volte in un contesto diverso si ha l’esigenza di innalzare la propria autostima e ci si comporta come ci è stato insegnato, cioè con la sopraffazione».
Oggi Mirko sta studiando per diventare psicoterapeuta. «In futuro vorrei collaborare con le scuole nella gestione del rapporto degli insegnanti con gli studenti vittime e agenti di bullismo».