Flavio Foffa ha 19 anni. Da qualche giorno sta facendo la sua prima esperienza lavorativa: si tratta dell'alternanza scuola lavoro, che svolge nel Ristorante Il Moro di Monza.
Niente di eccezionale, parrebbe. Se non che Flavio è un ragazzo con Trisomia 21 e in Italia, ancora oggi, non è così scontato che abbia un lavoro.
Tanto che la mamma, Emanuela, ha deciso di inviare una bellissima lettera al professore che ha deciso di accogliere il figlio nelle cucine e nella sala del locale che gestisce: parole non solo commuoventi, ma soprattutto dense di significato e riflessioni profonde.
La lettera
«Carissimo professore, forse lei non si rende neppure conto di quello che sta facendo. Probabilmente per lei questa è normalità, eppure per noi e per il nostro Flavio il suo gesto è qualcosa di straordinario. Lei ha trasformato le parole di molti che ogni giorno si riempiono la bocca di termini come inclusione, attenzione alle persone più fragili in fatti».
Così recita l'incipit della madre di Flavio Foffa, che pone subito l'attenzione sulla parola "inclusione": non dovrebbe essere solo retorica, eppure troppo spesso è così.
Prosegue: «Probabilmente per lei è tutto normale e non trova nulla di speciale nell’offrire a mio figlio questa opportunità formativa ed educativa. È da anni che si sentono grandi discorsi sull’integrazione lavorativa dei ragazzi diversamente abili, della necessità di farli lavorare, di valorizzare le loro competenze. Ma poi, difficilmente, dalle parole si passa ai fatti. Lei, che con la sua famiglia gestisce uno dei ristoranti più famosi della Brianza, non ha esitato e mi ha proposto di far vivere questa esperienza a Flavio. Io ero felicissima, ma anche spaventata. Quando mi ha chiesto se ero d’accordo le ho risposto di sì perché se un insegnante vede queste potenzialità nel mio ragazzo è giusto metterlo alla prova».
Il ristorante
Il ristorante a cui la lettera si riferisce è Il Moro. Si trova a Monza e a gestirlo è un docente di Flavio Foffa, Vincenzo Butticè.
A lui è destinato il pensiero di mamma Emanuela, perché è lui che ha deciso di dare al giovane con Sindrome di Down l'opportunità di mettere davvero al banco di prova della professione le sue capacità nell'ambito della pasticceria, che sta studiando presso l'istituto alberghiero che frequenta.
Sindrome di Down e lavoro
Come sottolinea la madre autrice di questa lettera, in Italia oggi si parla moltissimo di integrazione e di opportunità lavorative per persone con Sindrome di Down, ma le effettive realtà che danno questa possibilità sono concretamente pochissime. Basti pensare allo stupore che sale in maniera naturale quando ci si trova di fronte a personale con disabilità nella quotidianità: pare ancora qualcosa di eccezionale.
Alcune cooperative il cui scopo è precisamente l'inserimento professionale di persone con disabilità esistono. E alcuni negozi e catene accolgono già all'interno del loro organico ragazze e ragazzi con Trisomia 21. Ma sono ancora, purtroppo, rari.
Basterebbe leggere le parole conclusive della lettera, tuttavia, per capire l'importanza di queste opportunità. "Quando gli chiedono: Flavio, che cosa vuoi fare da grande? Lui risponde: voglio lavorare. Perché Flavio è come tutti gli altri ragazzi: Flavio vuole sentirsi utile, realizzare con le sue mani qualcosa di buono e di utile per la collettività. Anche lui con il suo lavoro vuole sentirsi gratificato, importante. In una parola realizzato. Ecco perché la ringrazio: perché sta facendo vivere a mio figlio queste sensazioni".