E se nel cervello dei bimbi ci fosse un meccanismo innato in grado di tenerli alla larga dai bulli? Un gruppo di ricercatori dell'Università di New York coordinato dall'Istituto medico Langone ha scoperto, analizzando il cervello dei topi (molto simile a quello degli esseri umani), che potrebbe essere insita in ciascuno di noi la capacità di individuare e di conseguenza respingere i bulli. La ricerca è stata poi pubblicata sulla rivista scientifica Nature.
Per sopravvivere all'interno di un gruppo, non conta solamente trovare le persone più affini a cui avvicinarsi, ma anche quelle "pericolose", dalle quali invece stare alla larga. I topi, di cui il gruppo di ricerca ha studiato gli atteggiamenti, ogni qual volta si trovavano a lottare con altri topi, per i motivi più disparati, quali il cibo da spartirsi, la difesa del proprio territorio, della famiglia o dei compagni, se ne uscivano perdenti, stavano loro alla larga anche per settimane.
Piccoli combattimenti di anche soli 10 minuti hanno indotto, soprattutto i topi maschi o i topi femmina da poco divenute madri, a stare lontani dal nemico e a muoversi molto più rapidamente quando questo per un qualsiasi motivo orbitava attorno a loro.
I ricercatori hanno dunque scoperto che basta una singola sconfitta al cervello dei topi (e presumibilmente anche al nostro che funziona nello stesso modo) a tenerli alla larga dai nemici. Questo perché il dolore che i topi provano a livello fisico, causato dal combattimento con un avversario che li morde o li malmena, innesca nell'ipotalamo, una parte del cervello che si occupa di regolare gli ormoni, l'ordine di rilasciare dell'ossitocina. Questo ormone, generalmente definito "dell'amore" perché in grado di aiutare le persone a creare un attaccamento tra loro, in questo caso agisce al contrario, collega l'odore del nemico che ha causato dolore a un segnale di pericolo che verrà mandato per tutto il corpo al suo avvicinarsi.
Dopo la prima sconfitta, le cellule ricettrici dei segnali dell'ossitocina che si trovano appunto nell'ipotalamo sono molto più rapide e inducono quindi il topo a difendersi dal nemico immediatamente, evitandolo nei giorni che seguono l'attacco anche per intere settimane. Col tempo, invece, queste cellule tornano a lavorare normalmente facendo riavvicinare il topo al nemico, ormai ritenuto innocuo.
Dal momento che il cervello dei topi è del tutto simile a quello degli esseri umani, questa ricerca col tempo potrebbe portare i ricercatori a rilevare le stesse reazioni anche negli esseri umani.
In breve, un bimbo venuto a conoscenza di un episodio di bullismo o dopo averlo vissuto in prima persona, potrebbe essere protetto dal suo stesso cervello, in grado di portarlo lontano da un nemico violento o che potrebbe causare lui dolore anche a livello psicologico. Questo perché il suo cervello sarebbe in grado di riconoscere l'odore del bullo già a metri di distanza e di evirarlo. Spesso infatti i bulli riconoscono di esserlo e cambiano il loro modo di comportarsi, perché vengono lasciati soli ed esclusi da molti contesti sociali dagli altri bambini, che li temono.
I ricercatori hanno anche spiegato che questa particolare ricerca che è andata così in profondità nello studiare le reazioni del nostro cervello potrebbe avere dei risvolti interessanti anche in tema di nuovi trattamenti per disturbi come autismo, ansia e ADHD.