Il parto indotto è l’induzione del travaglio, attraverso una procedura medica, con l'obiettivo di anticipare la nascita del bambino prima che subentrino eventuali complicanze o per evitare il peggioramento delle stesse. In Italia, circa il 20-25% delle gravidanze termina con l’induzione, che rappresenta uno degli interventi di ostetricia e ginecologia più attuati.
Il medico può decidere di avviare il travaglio se abbiamo superato il termine, ovvero la mamma ha passato la 41esima settimana di gravidanza o se ci sono ragioni mediche, come, tra le altre, la rottura prematura delle membrane oltre le 24h o il diabete gestazionale non compensato, per proteggere la salute della donna e del suo bambino.
Il parto può essere indotto con metodi non farmacologici o farmacologici: nel primo caso si eseguono delle tecniche come lo scollamento delle membrane, la rottura artificiale delle acque o si utilizzano dispositivi che dilatano in modo meccanico il collo dell'utero, nel secondo invece si prevede la somministrazione di prostaglandine a livello vaginale o per bocca, oppure di ossitocina per via endovenosa. Con questa stimolazione, si avvia il travaglio e il parto di norma avviene per via vaginale.
È una procedura molto delicata, che espone la mamma e il bambino a diversi rischi, come un aumento dell'interventismo al parto o di emorragie del post partum.
Quando si induce il parto
Il medico deve valutare diversi fattori prima di indurre il parto, tra cui la salute della mamma e le sue condizioni cliniche, lo stato del bambino in pancia, le caratteristiche della cervice uterina e l'età gestazionale. I motivi per eseguire l’induzione sono:
- È stata superata la presunta data del parto di 1 o 2 settimane
- Il travaglio non inizia dopo 24 ore dalla rottura delle membrane (in caso di tampone vagino-rettale per streptococco negativo perchè, se positivo, l'induzione deve essere fatta subito)
- Casi di restrizione della crescita fetale.
- Non c'è abbastanza liquido amniotico (oligoidramnios)
- Diabete gestazionale (in modo particolare se insulino-dipendente)
- Preeclampsia e disordini ipertensivi
- Gravidanza gemellare
- Morte endouterina fetale
Preparazione al parto indotto
L'induzione del travaglio viene generalmente eseguita in ospedale, dove la mamma e il bambino possono essere monitorati. Non è richiesta una preparazione particolare. Sicuramente è meglio che la mamma abbia già mangiato, qualcosa di leggero (riso, frutta, verdura, carne bianca o pesce), anche perché i tempi dell’induzione possono essere molto lunghi. Possono volerci diverse ore o giorni e ciò dipende da quanto è matura la cervice, ma anche dalle tecniche di induzione utilizzate e da come il corpo risponde. Nella maggior parte dei casi, l'induzione del travaglio porta ad un parto vaginale. Un'induzione fallita, invece, potrebbe richiedere l'esecuzione di un taglio cesareo.
Si consiglia, anche, di avere con sé la famosa valigia del parto, con tutto il necessario per la cura della donna e del bambino. Chiediamo 4/5 settimane prima del temine al reparto l’elenco del materiale necessario e come deve essere organizzato.
Tecniche di induzione del parto
L’induzione del parto, ovvero l’induzione del travaglio con metodi artificiali, può avvenire con tecniche diverse: farmacologiche, che quindi prevedono la somministrazione di farmaci, e non farmacologiche, ovvero con azione meccanica di un dispositivo. A seconda delle circostanze, il ginecologo dovrebbe scegliere la procedura più indicata che comunque, di norma, segue un iter ben codificato e si basa su uno score (BISHOP score) che dipende dalle caratteristiche del collo dell'utero.
Normalmente si inizia con procedimenti meccanici come il posizionamento di un palloncino cervicale che stimola meccanicamente la dilatazione della cervice. Se possibile si procede poi allo scollamento delle membrane ovulari.
A seguire, o determinato da un BISHOP più elevato, l'induzione può essere fatta con tecniche farmacologiche come il misoprostolo orale o il dinoprostone vaginale. Qualora il collo dell'utero, invece, fosse già appianato o inizialmente dilatato, può essere eseguita la rottura artificiale delle membrane o l'induzione tramite infusione di ossitocina.
Ma vediamo nel dettaglio come funzionano le singole tecniche:
Induzione meccanica
Viene inserito manualmente un catetere cervicale con due palloncini che si gonfiano nella parte interna ed esterna rispetto al collo dell'utero. I due cuscinetti schiacciando la cervice uterina ne favoriscono il raccorciamento e la dilatazione.
Scollamento delle membrane
Lo scollamento delle membrane può essere eseguita da un ginecologo o da un ostetrica/o inserendo le dita nel collo dell'utero per separare il sacco dalle pareti uterine. Serve sia per indurre il parto sia per velocizzarlo. Spesso dopo lo scollamento possono verificarsi delle perdite che ricordano quella mestruale ma che non devono mai essere troppo abbondanti.
Induzione della maturazione e della dilatazione cervicali
L’induzione della maturazione e della dilatazione cervicali può essere eseguita somministrando prostaglandine sintetiche, per via orale (pastiglie) o per via vaginale (gel o fettuccia).
La fettuccia è un dispositivo medico, simile a un nastro, che viene introdotta in vagina per stimolare la maturazione della cervice uterina. Il nastro è imbevuto di dinoprostone, un ormone sintetico, che, entrando in contatto diretto con la cervice, stimola il travaglio. La stessa procedura si può effettuare con il gel (introdotto in vagina con apposita siringa), ma la fettuccia ha un rilascio graduale.
Le pastiglie per via orale vengono invece somministrate con cadenza regolare alla paziente al fine di indurre le contrazioni.
Somministrazione intravenosa di ossitocina
La somministrazione intravenosa di ossitocina sintetica permette di indurre le contrazioni uterine in modo artificiale.
Amniorexi
L'amniorexi è la rottura artificiale delle acque. Il ginecologo o l'ostetrica/o incidono il sacco amniotico con un gancio di plastica. Si usa questa tecnica se la cervice è già parzialmente dilatata e assottigliata.
Quanto dura il parto indotto?
È molto difficile stabilire quanto possa durare il parto indotto, perché è estremamente soggettivo. Alcune donne rispondono molto rapidamente all'induzione, mentre altre impiegano diverse ore o anche giorni. Non ci sono regole. Tuttavia, buona parte delle gravide tende a raggiungere la fase attiva del parto entro le 24 ore.
Il travaglio attivo è quando le contrazioni sono regolari e dolorose e la cervice uterina raggiunge una dilatazione di circa 5-6 centimetri.
I rischi dell'induzione
Indurre il travaglio può avere alcuni rischi che dipendono dal metodo scelto. Prima di tutto dobbiamo sfatare un falso mito: l’induzione in sé non è più dolorosa, ma viene percepita in modo diverso dalla paziente rispetto ad un dolore fisiologico come quello naturale del travaglio.
Quando il dolore risulta eccessivo e, soprattutto non necessario, si ricorre all'epidurale.
Tra i principali rischi, invece, possiamo contare:
- Fallimento dell’induzione. Si può considerare fallita se i metodi utilizzati non si traducono in un parto vaginale dopo un numero di ore stabilito dalle linee guida. In tali casi, potrebbe essere necessario un taglio cesareo
- Significative alterazioni della frequenza cardiaca fetale. I farmaci usati per indurre il travaglio – ossitocina o prostaglandine – potrebbero causare contrazioni eccessive dell'utero con conseguenti alterazioni della frequenza fetale che, se significative, richiedono di accelerare l'evento nascita con un taglio cesareo
- Rottura dell'utero, in caso di precedente taglio cesareo. Questa è una complicanza rara ma grave in cui l'utero si strappa lungo la linea della cicatrice di un precedente taglio cesareo o di un intervento chirurgico uterino. In questo caso, è necessario un taglio cesareo di emergenza per prevenire complicazioni potenzialmente letali. Potrebbe essere necessario anche rimuovere l'utero se non si riuscisse a suturare e ciò provocasse un sanguinamento eccessivo.
- Emorragia del post partum. L'induzione del travaglio aumenta il rischio che i muscoli uterini non si contraggano correttamente dopo il parto, il che può portare a gravi emorragie post partum.