L’ansia da prestazione si può manifestare nei bambini, già da piccoli. Quando iniziano a sentire la pressione o a percepire le aspettative di un genitore o di un insegnante, i nostri figli possono iniziare a manifestare disagio, per esempio prima di una verifica, un’esibizione o una competizione sportiva. Non tutti i bambini, però, sono in grado di esprimere a parole le proprie paure e di dire che si sentono preoccupati. Oppure, potrebbero avere difficoltà a collegare i loro sentimenti di ansia alle loro prestazioni, proprio perché sono ancora piccoli e non si conoscono bene. In ogni caso, i genitori possono offrire rassicurazione e aiuto e fare attenzione al modo in cui incoraggiano il loro bambino.
Come si riconosce e quali sono i sintomi più evidenti
L’ansia da prestazione fa parte dei disturbi d’ansia, ma non è detto però che la tensione del bambino sia per forza un disagio tale da rientrare in questa categoria. “Si può ritenere tale se, e solo se, compromette in modo significativo il funzionamento del bambino”, spiega la psicologa Elisabetta Lupi. “Si manifesta soprattutto in ambito scolastico, in ambito sportivo o familiare. Il bambino che soffre di ansia da prestazione può rimandare la prestazione, per la paura di farla, e tende a manifestare un’ansia anche a livello somatico, per esempio con rossori, palpitazioni, tremori, può anche tentare di evitare del compito o di ritirarsi a livello sociale”. Talvolta può compromettere l’umore, disturbare il sonno (risvegli frequenti o fatica ad addormentarsi) e sviluppare inappetenza e/o vomito.
Alcuni ragazzi desiderano partecipare a un gioco o una conversazione in classe, ma quando vengono chiamati si bloccano. Altri vogliono che il loro lavoro sia così perfetto che finiscono per non consegnarli affatto. Gli insegnanti potrebbero pensare che siano disinteressati o che abbiano un disturbo dell'apprendimento.
Perché può subentrare l’ansia da prestazione
L’ansia prestazionale è molto comune, soprattutto nei bambini che hanno degli standard familiari elevati o bambini le cui aspettative dei genitori sono alte, come in ambito sportivo, scolastico o in ambito sociale. Per fare un esempio, quando chiediamo al nostro bimbo di comportarsi bene a una cena, di mostrarsi bravo ed educato, di non sporcarsi, potremmo inibirne il comportamento. Potrebbe sentirsi giudicato e sottopressione. E, alcuni piccoli, emotivamente più fragili, non sanno come gestire questa tensione, questo piccolo peso che purtroppo può trasformarsi in un macigno difficile da portare.
A che età è più frequente?
L’ansia da prestazione può iniziare a manifestarsi a partire dai 6 anni. E' bene, però, fare una distinzione, perché l'emotività del nostro bimbo non deve sempre essere etichetta come patologia al primo pianto o alla prima volta che si rifiuta di scendere in campo durante una partita. “Per distinguere tra disturbo d’ansia e tratti ansiosi (meno gravi e invalidanti) , classicamente si utilizzano dei criteri temporali (durata) e di gravità (quantità di disagio associato), che permettono di capire se la situazione assume una rilevanza clinica”, ha specificato la psicologa Lupi.
Cosa possono fare i genitori se il bambino soffre d’ansia da prestazione
Molto spesso, purtroppo, sono le aspettative dei genitori a causare l’ansia. Potremmo non avere consapevolezza, ma quel “devi vincere”, “voglio vedere almeno un gol” o “alla tua età ero già campionessa nazionale” potrebbero non essere un incentivo, ma potrebbero condizionare psicologicamente il bambino. “I genitori devono osservare, monitorare, rendersi conto se hanno, anche involontariamente veicolato aspettative eccessive, perché sono loro che possono interferire in questo processo”, ha raccomandato la psicologa. “Se non sono loro, possono essere gli insegnanti. In questo caso il disturbo da ansia da prestazione si declina solo nel contesto scolastico, mentre se l’ansia da prestazione si manifesta in diverse situazioni, allora potrebbe esserci un aspetto di educazione e di interferenza dei genitori abbastanza evidente”. Nel caso i sintomi e le difficoltà compromettano la quotidianità del bambino, che potrebbe rifiutarsi di fare sport, prendere brutti voti a scuola nonostante lo studio, svenire o avere episodi di vomito, non dormire più o non voler frequentare gli amici, è bene contattare uno specialista, neuropsichiatra infantile o psicologo.
Infine, ricordiamoci di non minare l' autostima.
Non dobbiamo quindi:
- fornire aiuto non richiesto poiché invia il messaggio che non lo riteniamo capace di farcela
- farci coinvolgere da allenatori, arbitri o insegnanti a meno che non sia necessario
- proteggere nostro figlio dalle critiche costruttive o dai fallimenti, poiché ciò diminuirebbe le sue opportunità di crescere e imparare
- evitare di affrontare le nostre ansie, soprattutto se ostacolano la vita di nostro figlio.
- mettere in imbarazzo nostro figlio sgridandolo o stravedendo per lui, concentriamoci su feedback positivi specifici e riflettiamo con lui se ha raggiunto l'obiettivo che si era prefissato