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22 Giugno 2023
17:55

Cimitero dei feti, il Garante della Privacy multa il Comune di Roma e AMA per aver diffuso i dati delle donne che hanno abortito

Dure sanzioni dal Garante della Privacy, per un totale di 400mila euro a Roma Capitale e a AMA, per aver diffuso i dati sensibili delle donne che avevano interrotto volontariamente la gravidanza, apponendoli sulle croci del cimitero Flaminio e ledendo così il loro diritto alla privacy.

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Cimitero dei feti, il Garante della Privacy multa il Comune di Roma e AMA per aver diffuso i dati delle donne che hanno abortito
cimitero bambini

176mila euro è quanto dovrà pagare Roma Capitale per aver diffuso i dati personali di molte mamme che hanno deciso di interrompere volontariamente la gravidanza, esponendo i loro nomi sulle targhette del Cimitero Flaminio, scoperto nel 2020.

A stabilirlo è stato il Garante della Privacy, che ha sanzionato anche Ama, la società che si è occupata della gestione dei servizi cimiteriali, con una multa di 239mila euro. 

Ad essere stato violato è infatti il diritto alla privacy di tutte le donne che hanno deciso di optare per una interruzione volontaria di gravidanza, diritto tutelato dalla legge 194 del 78, entro 90 giorni dal concepimento. La norma specifica infatti che in questo caso deve essere seguito “un rigoroso regime di riservatezza”.

L’Asl Roma 1, si legge dal comunicato stampa del Garante per la privacy, ha infatti trasmesso ai servizi cimiteriali i dati identificativi delle donne che hanno effettuato l’interruzione di gravidanza, ledendo la loro privacy: «Le informazioni erano state poi riportate nei registri cimiteriali (determinando potenzialmente la possibilità di estrarre l’elenco di chi aveva effettuato un‘interruzione di gravidanza in tutte le strutture ospedaliere del territorio) e sulle croci, nonostante la normativa specifica preveda che, per l’apposizione della targhetta sul cippo, le informazioni da indicare siano quelle del defunto; quindi tali informazioni non possono in alcun modo essere assimilate a quelle che riguardano le donne che hanno avuto una interruzione di gravidanza».

Il Garante ha specificato all'Azienda sanitaria di non riportare più le generalità delle donne sulle autorizzazioni al trasporto e alla sepoltura e sui certificati medico legali. Ha poi fornito una serie di misure da adottare da qui in avanti per garantire la possibilità di individuare con certezza il feto senza dover risalire all'identità della donna.

Questa è stata una vittoria per le molte donne che da anni intentano battaglie legali nel tentativo di fermare questa pratica lesiva della loro privacy e del diritto a interrompere volontariamente una gravidanza.

Il caso del cimitero Flaminio di Roma

Nell’ottobre 2020 una donna aveva scoperto il suo nome, apposto su una croce bianca, nel cimitero Flaminio di Roma, lì era stato seppellito il suo bimbo, dopo un aborto terapeutico per il quale lei aveva firmato mesi prima.

La donna ha quindi deciso di raccontare la sua storia sui social spiegando che apporre i suoi dati sensibili sulla croce fosse lesivo per la sua privacy: «A questo punto mi sembrano ovvie le riflessioni su quanto sia tutto scandalosamente assurdo, su quanto la mia privacy sia stata violata, su quanto affermare che "ci pensa il comune per beneficenza" abbia in qualche modo voluto comunicare "l'hai abbandonato e ci pensiamo noi”» scriveva.

La legge per la sepoltura dei feti

La legge italiana prevede che, se i genitori lo desiderano, un feto possa essere seppellito a prescindere dalla settimana in cui viene partorito. L'articolo  7 del Regolamento di polizia mortuaria, si occupa di regolamentare i seppellimenti e prevede che un feto morto entro le prime 20 settimane, definito "prodotto del concepimento", sia seppellito se i genitori esprimono questa volontà entro 24ore dal parto. Nel caso in cui non lo decidessero, è l'ospedale a scegliere il da farsi ma non ha obbligo di seppellimento.

Un feto che invece nasce tra la 20esima e la 28esima settimana di gestazione viene definito dalla legge “prodotto abortivo” e la sua sepoltura è obbligatoria. I genitori hanno 24 ore per decidere se farsene carico, altrimenti a farlo saranno la struttura ospedaliera e l’ente comunale che se ne occupa.

I feti invece partoriti dopo 28 settimane di gestazione vengono registrati all’anagrafe e sepolti come qualsiasi altra persona.

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Sophia Crotti
Redattrice
Credo nella bontà e nella debolezza, ho imparato a indagare per cogliere sempre la verità. Mi piace il rosa, la musica italiana e ridere di gusto anche se mi commuove tutto. Amo scrivere da quando sono piccola e non ho mai smesso, tra i banchi di Lettere prima e tra quelli di Editoria e Giornalismo, poi. Conservo gelosamente i miei occhi da bambina, che indosso mentre scrivo fiduciosa che un giorno tutte le famiglie avranno gli stessi diritti, perché solo l’amore (e concedersi qualche errore) è l’ingrediente fondamentale per essere dei buoni genitori.
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