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11 Novembre 2023
9:00

Citomegalovirus in gravidanza: cos’è e quali sono i rischi per il feto

Il citomegalovirus fa parte della famiglia degli herpesvirus. La maggior parte delle persone lo contrae senza esiti e virus rimane nel corpo tutta la vita in forma silente, pronto a riattivarsi non appena il sistema immunitario è debole. Se però viene contratto durante la gravidanza i rischi per il bambino possono essere molto seri.

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Citomegalovirus in gravidanza: cos’è e quali sono i rischi per il feto
Ostetrico
citomegalovirus in gravidanza

Il citomegalovirus (abbreviato CMV) fa parte della famiglia degli herpes virus. Sebbene i suoi cugini siano ben più noti (come l’herpes simplex che accompagna i periodi di stress di molte persone con lesioni crostose su labbra e narici) vale la pena saperne qualcosa di più, soprattutto in un periodo delicato come quello della gravidanza.

Il suo comportamento è equivalente a quello degli altri virus erpetici: questo significa che, una volta contratto, non sparisce più ma rimane latente per tutta la vita all’interno dell’organismo, pronto a riattivarsi non appena il sistema immunitario si indebolisce per qualche motivo.

Cos’è il citomegalovirus

Il citomegalovirus è un parassita molto diffuso e che può insidiarsi nelle cellule e nel midollo osseo.

Benché si tratti di un evento piuttosto comune nel corso della vita, contrarre l'infezione da citomegalovirus durante la gravidanza potrebbe causare dei danni anche a lungo termine al feto. Si tratta però di una statistica non così frequente e prima di allarmarsi è bene conoscere le caratteristiche di questo virus, come si trasmette e in che modo può influire sulla salute del piccolo dentro al pancione.

I dati parlano chiaro e ci dicono che il citomegalovirus agisce sostanzialmente indisturbato nella maggior parte dei casi: si stima, infatti, che nel corso della propria vita il 40-80% della popolazione dei paesi più industrializzati e quasi il 100% di quelli in via di sviluppo contragga il virus che, nella maggior parte dei casi, non dimostra sintomi ed evolve direttamente in una infezione latente.

Durante la gravidanza, invece, il CMV rappresenta la principale causa di infezione congenita dei paesi sviluppati con un’incidenza compresa tra lo 0.3 e il 2.3% di tutti i nati vivi (in Italia corretta tra lo 0.57% e l’1%) e un motivo importante di patologie più o meno gravi a carico del feto.

Come si trasmette il citomegalovirus?

L’unico effettivo serbatoio di questo virus è l’uomo: si tratta quindi di una malattia strettamente specie-specifica.

Normalmente, un sistema immunitario che funziona correttamente è in grado di tenere sotto controllo l’infezione: sono solo i casi di immunodepressione (i soggetti, cioè, con un sistema immunitario compromesso: persone magari sottoposte a chemioterapia, trapianti d’organo o midollo, sieropositivi per HIV, malati oncologici) a subire le conseguenze del virus.

La trasmissione avviene quindi da persona a persona tramite i liquidi biologici come sangue, urina, saliva, secrezioni vaginali e liquido seminale, ma anche lacrime e latte. È quindi possibile anche una trasmissione per via sessuale se pur piuttosto rara: la modalità principale, infatti, è l’inalazione o l’ingestione di goccioline di saliva o muco.

È inoltre possibile che il CMV passi dalla madre al figlio durante la gravidanza (infezione prenatale), il parto (infezione perinatale) o l’allattamento (infezione postnatale). Complessivamente, comunque, c’è da dire che la storia naturale dell’infezione non è completamente ben compresa.

Che rischi può arrecare alla mamma ed al bambino?

Per comprendere i rischi è necessario prima capire che l’infezione che si contrae può essere di due tipi: si indica quindi come primaria l’infezione che è acquisita per la prima volta durante la gravidanza in una donna precedentemente sieronegativa e secondaria quando avviene a causa della riattivazione del virus latente o dell’infezione da parte di un diverso ceppo di CMV in una donna che aveva già contratto l’infezione.

Ovviamente i rischi sono molto diversi: se, infatti, nell’infezione primaria la possibile trasmissione fetale varia dal 30% al 40% nel primo e secondo trimestre e aumenta fino al 40%-70% nel terzo, in caso di infezione secondaria il rischio di trasmissione al feto è notevolmente più basso e si attesta attorno all’1-2%.

La madre, come abbiamo visto, vive l’infezione per lo più da asintomatica e quasi priva di rischi. La situazione del bambino è completamente diversa.

Soprattutto in caso di infezione primaria, infatti, (e in misura maggiore se nel primo trimestre di gravidanza) si può giungere a conseguenze come parto prematuro, aborto spontaneo e morte fetale. La maggior parte dei neonati (85-90%) con infezione congenita si dimostra asintomatico ma più o meno il 10% presenterà delle conseguenze tardive tra cui, in modo più probabile, un difetto uditivo neurosensoriale più o meno grave.

Il 10-15% circa dei neonati dimostrerà sintomi presenti già al momento della nascita e questi potranno essere di natura transitoria o permanente.

Tra i sintomi transitori, ad esempio, vengono segnalate patologie o problematiche come polmonite, ittero, petecchie, basso peso alla nascita e convulsioni.

I sintomi permanenti si configurano come più gravi e causano diverse forme di disabilità come sordità, deficit visivi, ritardo mentale, ritardo psicomotorio, microcefalia, deficit di coordinazione dei movimenti o epilessia.

Come riportavamo anche in precedenza, il citomegalovirus può essere trasmesso dalla madre al neonato anche durante il parto (infezione perinatale) oppure attraverso l’allattamento (infezione postnatale). Tuttavia questo tipo di infezione non è generalmente associata alla comparsa di sintomi o conseguenze di tipo neurologico se non in rare eccezioni, come ad esempio nei bambini prematuri o con basso peso alla nascita.

Meno di un terzo dei bambini con malattia severa alla nascita muore nel periodo perinatale per disfunzione multi-organo in conseguenza di una grave insufficienza epatica, di problemi di coagulazione o importante danno neurologico.

Quali possono essere i sintomi?

Si è già ribadito come la maggior parte dei soggetti sani, sia adulti che bambini, non manifesti sintomi. L’infezione da citomegalovirus è per lo più silente e, come sottolineato, si traduce silenziosamente nella forma latente.

Nei rari casi sintomatici, possono comparire:

  • Febbre
  • Malessere
  • Ingrossamento dei linfonodi.

In questo caso la sintomatologia simil-influenzale porta spesso a non eseguire alcun tipo di accertamento in proposito. Se abbiamo a che fare con soggetti immunocompromessi, la sintomatologia può essere più consistente e riguardare tutti gli organi provocando, in modo particolare, polmonite, retinite con alterazione della vista ed encefalite.

Nei neonati, oltre a ciò, si aggiungono le conseguenze di sordità, ritardo mentale e psicomotorio, epilessia o, addirittura, morte.

Proprio per la sua sintomatologia scarsa è opportuno far presente che quindi la diagnosi può essere unicamente clinica: le linee guida della gravidanza fisiologica affermano che la diagnosi prenatale dovrebbe essere eseguita tramite amniocentesi, effettuata almeno 7 settimane dopo la data presunta dell’infezione materna e dopo 21 settimane di gestazione. Questo intervallo serve perché sono necessarie da 5 a 7 settimane dopo l’infezione fetale per la replicazione nel rene di una quantità di virus rilevabile nel liquido amniotico.

citomegalovirus

Come si cura il citomegalovirus in gravidanza?

In proposito c’è ancora un forte dibattito: le linee guida della gravidanza fisiologica già nel 2011 affermavano come ci fossero in corso studi sull’utilizzo di gammaglobuline anti-CMV con l’obiettivo di ridurre la frequenza di infezione congenita. Allo stesso modo si è iniziato ad utilizzare alcuni farmaci antivirali con risultati promettenti ma sui quali mancano indubbiamente ulteriori studi e dati statistici.

Sarà quindi il medico infettivologo a valutare caso per caso e a proporre l’eventuale terapia soppesando benefici e rischi.

È importante inoltre sottolineare che, la letteratura scientifica attualmente a disposizione, arriva alla conclusione della mancanza di prove per dimostrare l’efficacia dello screening per CMV di routine mediante test sierologici di tutte le donne in dolce attesa.

Lo screening può invece essere preso in considerazione qualora si avesse a che fare con donne in particolari condizioni di rischio come lavoratrici sieronegative che hanno in custodia dei bambini, donne gravide che hanno figli all’asilo, dopo il rilevamento dei segni ecografici indicativi di infezione da CMV (aspetto che richiede i dovuti approfondimenti e non può in alcun modo essere considerato diagnostico), o in pazienti che sviluppano durante la gravidanza una sintomatologia simil-influenzale.

Molto più significativa nella riduzione della sieroconversione è la prevenzione: la limitazione dei contatti stretti con bambini e l’esecuzione della loro igiene intima utilizzando i guanti, oltre al ripetuto lavaggio delle mani sono atti di prevenzione che hanno ridotto dell’84% la sieroconversione durante la gravidanza.

In ogni caso, dunque, per qualsiasi dubbio è bene rivolgersi al proprio ginecologo o alla propria ostetrica: l’occhio di un professionista sarà sempre insostituibile, a prescindere dalla validità delle linee guida, nel definire il livello di rischio e l’iter di approfondimento maggiormente appropriato da seguire.

Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Riccardo Federle
Ostetrico
Laureato in ostetricia nel 2013 con 110/110 e lode, dopo una specializzazione triennale dedicata alla medicina non convenzionale (2017) nel 2020 ho conseguito un master in “Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza” e uno in “Medical Humanities”. Nel 2023 ho terminato un master in “Management per le funzioni di coordinamento delle professioni sanitarie”. Ostetrico e referente rischio clinico presso l’Ospedale Pederzoli di Peschiera del Garda, sono socio fondatore e presidente dell’associazione di divulgazione scientifica “La Lampada delle Scienze”. Mi occupo inoltre di progetti scolastici e consulenze aziendali.
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