La paura del parto, in realtà, è soprattutto la paura del dolore. C’è però una buona notizia: nonostante il male, le donne non hanno mai smesso di fare figli e, quando non ne fanno, non è certamente per il dolore del travaglio. Questo perché si tratta di un dolore, seppur intenso, che si tende anche a superare abbastanza velocemente, perché strettamente collegato a quella situazione. Inoltre, è un dolore utile. Stimola, infatti, il cervello a rilasciare gli ormoni indispensabili allo svolgimento regolare e armonioso del travaglio e ad attivare l'istinto di autoconservazione e l'istinto materno.
Come mai si sente male? Il dolore durante il travaglio è causato dalle contrazioni dei muscoli dell'utero e dalla pressione sulla cervice. Può essere avvertito come forti crampi all'addome, all'inguine e alla schiena, oltre a una sensazione di malessere generale. Alcune donne avvertono dolore ai fianchi o alle cosce. Tra le cause di male, ci sono la pressione sulla vescica e sull'intestino da parte della testa del bambino e lo stiramento del canale del parto e della vagina.
Non dobbiamo però spaventarci, perché il dolore durante il travaglio è molto soggettivo, varia da donna a donna, ma anche da gravidanza a gravidanza. Ciò vuol dire che se abbiamo avuto una brutta esperienza di parto, non significa che si debba ripetere e che la sofferenza sia per forza uguale. Inoltre, ci sono alcune cose che possiamo fare per rendere un pochino più sopportabili le contrazioni.
Qual è la parte più dolorosa del parto?
Il percorso verso il parto può essere diviso in diverse fasi e, ovviamente, in ogni fase c’è un’intensità diversa di dolore. È un’escalation che accompagna la nascita del bambino.
- Fase prodromica: è il momento di preparazione. Il collo dell’utero si accorcia, per consentire la dilatazione. E ciò non fa male, anzi potremmo non accorgercene. Questa fase potrebbe durare diversi giorni o settimane e noteremo dolore alla schiena e ai reni, dolori al basso ventre, molto simili a quelli mestruali, e contrazioni irregolari, talvolta anche dolorose.
- Fase dilatante o fase di travaglio attivo: quando le contrazioni si fanno più regolari (ogni 3-5 minuti e della durata di 30/60 secondi) e dolorose, si parla di travaglio. La mamma in questa fase avrà molto male durante la contrazione, ma poi potrà respirare tranquillamente, se il tutto prosegue in modo fisiologico, tra una pausa e l'altra. Quanto dura? Non c’è una regola. Un calcolo medio suggerisce però un tempo che va da 5 a 7h nelle donne che non hanno mai partorito e da 2 a 4h in quelle che hanno già avuto almeno un figlio.
- Fase espulsiva: l’apice del parto è proprio quando il bambino percorre il canale del parto per venire al mondo. Il grosso della fatica è quasi sempre far passare la testa, appena fuori con un’ultima contrazione la mamma dovrebbe poter liberare prima le spalle e poi il resto del corpo del piccolo. In questa fase le contrazioni possono diventare più ravvicinate e provocare anche nausea, vomito, stimolo a defecare, stanchezza o brividi.
- Secondamento: L’ultima fase del parto è quella che prevede l’espulsione della placenta e si verifica circa entro mezz’ora dopo la nascita. Non è doloroso se avviene naturalmente, se invece la mamma ha bisogno di un po’ di aiuto, l’estrazione manuale potrebbe essere fastidiosa.
I segnali dell’inizio del travaglio
Molte donne si chiedono come riconoscere il travaglio o quanto meno il suo avvicinarsi. Se non abbiamo mai partorito, possiamo stare tranquille. Il nostro corpo lancia dei segnali che non sono equivocabili:
- Perdita del tappo mucoso: il collo dell’utero si mantiene chiuso grazie a una sorta di tappo, composto da muco biancastro con striature rosse. Potremmo perderlo nelle settimane antecedenti al parto e quindi potrebbe non coincidere con l'inizio del travaglio. Non fa male, semplicemente andando in bagno potremmo notare questa “perdita anomala”
- Rottura del sacco amniotico: improvvisamente potremmo avvertire scorrere tra le gambe un liquido trasparente e inodore. Non è pipì, ma liquido amniotico. Ci sono, però, donne che lo rompono a travaglio già iniziato e donne invece che lo rompono prima. Se per caso le contrazioni non dovessero manifestarsi entro 12 ore dalla rottura, o il colore del liquido non fosse trasparente, si consiglia di andare comunque in ospedale perché il bimbo non è più in un ambiente sterile e può essere a rischio infezioni.
- Contrazioni: le contrazioni sono il campanello di allarme per eccellenza. Finché non sono regolari o hanno intervalli lunghi, possiamo stare a casa tranquille. Rechiamoci in ospedale se hanno un intervallo di circa 3-5 minuti.
Come alleviare il dolore delle contrazioni
Durante il corso preparto, tra le tante informazioni utili, insegnano a riconoscere le contrazioni ma anche a gestirne il dolore. Che cosa possiamo fare?
- Tecniche di rilassamento. Per rilassarsi bisogna utilizzare la respirazione. Di solito si chiede alla donna di fare un respiro profondo e poi di buttare fuori molto lentamente l’aria. Durante il picco del dolore, invece, si chiede di respirare rapidamente in modo superficiale. In questo contesto, si colloca la tecnica Lamaze, il metodo più utilizzato negli Stati Uniti. La filosofia Lamaze insegna che la nascita è un processo normale, naturale e salutare e che le donne dovrebbero avere il potere di affrontarlo con fiducia. Le lezioni di Lamaze istruiscono le donne sui modi in cui possono ridurre la loro percezione del dolore, ad esempio attraverso tecniche di rilassamento, esercizi di respirazione, distrazione o massaggi da parte di un partner.
- Usiamo immagini di visualizzazione. Concentriamoci su qualcosa che ci rende felice (come il viso del partner, un'immagine ispiratrice o un oggetto preferito) per coinvolgere i nostri sensi e diminuire la tua consapevolezza del dolore. Ascoltiamo la musica, una voce rassicurante o una registrazione delle onde dell'oceano e immaginiamoci in un posto che ci rilassi.
- Facciamo una doccia o un bagno caldo. L’acqua calda ha potere analgesico, quindi può aiutare a calmarsi. Se facciamo una doccia, dobbiamo sederci su uno sgabello e possibilmente dirigere il getto dell’acqua sull'addome o sulla schiena. Fare il bagno in acqua calda può e rilassare e può persino accelerare il travaglio
- Muoversi. Possiamo muoverci durante il travaglio, anche se lo stiamo affrontando in sala parto. La libertà di movimento, che può essere semplicemente stare in piedi, come camminare, rende più sopportabile il dolore. La postura interviene, inoltre, sulla frequenza, l'intensità e la durata delle contrazioni uterine, ha effetto sulla forza di gravità, condiziona l'allineamento delle ossa pelviche e del canale del parto, interferisce con l'ossigenazione fetale, modifica la sensazione dolorosa provata dalla donna e condiziona lo stato psichico della partoriente.
- Massaggio. Chiediamo a chi ci è vicino di farci un massaggio. Il tocco trasmette rassicurazione, cura e comprensione. Sicuramente potrebbe essere di sollievo l’applicazione di un olio caldo o di una crema nella parte bassa della schiena.
- Digitopressione: La digitopressione è una tecnica, che affonda le radici nella medicina tradizionale cinese, che prevede un massaggio in diversi punti del corpo a seconda dell'effetto che si vuole ottenere. Serve a liberare l'energia e a calmare il dolore. Nel caso del dolore durante il travaglio, i punti di pressione interessati sono il dorso della mano, la parte interna della gamba vicino alla caviglia e nel punto sacro.
Epidurale per non provare dolore
L’analgesia epidurale durante il travaglio permette di controllare il dolore e garantisce alla mamma di partorire in modo naturale. Come funziona? Consiste nell’introduzione di un ago (che poi viene tolto), nello spazio compreso tra il rachide e il tessuto esterno di rivestimento del midollo spinale, in cui viene inserito un sottile tubicino attraverso il quale vengono somministrate dosi di farmaci analgesici. La mamma può, con questo piccolo catetere, muoversi abbastanza liberamente. Ovviamente, ci sono patologie e condizioni che non permettono di ricorrere all’anestesia epidurale e, se il sollievo durante il travaglio è davvero tanto, bisogna però sapere che potrebbe anche lasciare degli effetti collaterali, come forti mal di testa, di schiena o nausea nei giorni successivi.
Attendere la nascita del proprio bambino può creare ansia: c’è la voglia di conoscerlo, l’aspettativa di come sarà e di come saremo noi come mamme e poi c’è la spada di Damocle per eccellenza, il parto. Per affrontarlo serenamente, la prima cosa è non farsi condizionare dai racconti delle altre donne. Quasi tutte hanno avuto un’esperienza da raccontare e, spesso, quando la devono proprio raccontare non è delle migliori. Non ascoltiamo. La nascita del nostro bambino è un momento personale e non esiste un parto uguale all’altro, un dolore uguale all’altro. Ognuno ha il suo e, noi donne, sappiamo cosa può farci sentire meglio.