Come prepararci all'arrivo del neonato a casa dopo i giorni in ospedale? Una scorta di pannolini degna dell’area neonatale di un supermercato, un ovetto omologato, la culla «della nonna», una fascia, qualche confezione di garze sterili. E pure una sana dormita, una buona dose di pazienza con i familiari invadenti e un dialogo affiatato con il partner. Quello che occorre a una mamma all’arrivo a casa dall’ospedale non è per forza qualcosa di materiale. Anzi, insieme ai must have per la cura del neonato nei primi giorni di vita, l’ostetrica Gloria Scarpa, nota sui social come "Ostetrica in Rosa", consiglia alle mamme di non trascurare la loro salute psicofisica nei giorni più delicati del post parto.
- 1Il tragitto ospedale-casa
- 2L'occorrente per il neonato a casa
- 3Il rientro a casa della mamma
- 4Il ruolo del partner
- 5Dormire nel letto con il neonato: sì o no?
- 6Dormire in braccio al genitore
- 7Come comportarsi se il bambino continua a piangere?
- 8Come e dove lavare il neonato?
- 9Allattamento a richiesta o a orari fissi?
Il tragitto ospedale-casa
La mamma e la sua creatura sono stati dimessi: è l’ora di salire a bordo dell’auto e imboccare la strada verso casa.
Nel tragitto ospedale-abitazione sistemiamo il bambino nella navicella omologata con una base o nell’ovetto, che posizioniamo sul sedile posteriore della macchina, al contrario del senso di marcia.
Nel caso in cui il sedile posteriore sia inaccessibile, disponiamo la navicella o l’ovetto sul sedile anteriore, sempre in senso di contromarcia e ricordandoci di disattivare gli airbag.
«Se il bambino è avvolto da una coperta o indossa un giubbotto deve essere spogliato – precisa l’ostetrica Scarpa – in modo che in caso di tamponamenti o incidenti non fuoriesca dal dispositivo di protezione».
Se leghiamo il piccolo quando ancora indossa la giacca, infatti, la lunghezza della cintura risulta eccessiva e, in caso di brusca frenata, il bambino rischia di scivolare fuori dal dispositivo di sicurezza.
Attenzione a non lasciare il piccolo nell’ovetto per più di quaranta minuti consecutivi: il rischio è quello di asfissia del neonato.
«Il bambino non può rimanere al suo interno troppo a lungo, perché rischierebbe l’asfissia posizionale, piegando il capo sulla trachea e respirando a fatica. – spiega l’Ostetrica in Rosa – Per tragitti lunghi, quindi, è consigliabile effettuare una sosta di almeno 15 minuti ogni 40 minuti di permanenza nell’ovetto, sfruttando il tempo a disposizione per cambiare il pannolino o allattare. In questo modo, si ristabilisce la posizione verticale del bebé, cioè quella fisiologica, liberando le vie aeree ed evitando il soffocamento durante il sonno».
L'occorrente per il neonato a casa
Quando il neonato varca per la prima volta la soglia di casa, occorrono una serie di dispositivi e prodotti essenziali per la sua cura, preventivamente acquistati dai genitori e conservati nella trepidante attesa del suo arrivo.
Innanzitutto, una culla con il materasso rigido e non inclinato e assolutamente priva di cuscino o copertine mobili all’interno, che potrebbero causare il soffocamento durante il sonno.
«Per intenderci, la culla classica delle nostre nonne» precisa l’ostetrica.
Oppure, una culla del modello next to me, una culla che si tiene vicino al letto dei genitori.
«Nei primi due mesi di vita del neonato consiglio di usare la fasciatura (o swaddling), realizzabile con una mussolina in cotone o in lino, a seconda della stagione» continua l’ostetrica. «La fasciatura garantisce il contenimento corretto al bebè, che tende a manifestare il cosiddetto riflesso di moro, cioè un movimento brusco degli arti superiori che si verifica quando il piccolo è steso in orizzontale».
Un’altra soluzione è quella di utilizzare una fascia, un dispositivo ergonomico che mantiene la fisiologia posturale del bimbo permettendo al genitore di trasportare il neonato in braccio, così il piccolo è sicuro e a contatto a pelle a pelle con la mamma o il portatore in generale.
«Nei primi mesi di vita è importante fare attenzione alla posizione assunta dal piccolino. Infatti, il mantenere sempre la stessa posizione può comportare un rischio per la testa piatta o plagiocefalia posizionale. La fascia può essere un'ottima soluzione poiché aiuta a mantenere il bimbo in posizione verticale» spiega Scarpa.
Indispensabili nella credenza di casa al rientro dall’ospedale, oltre alla scorta di pannolini, sono pure della soluzione fisiologica, utile per eseguire il lavaggio del nasino con siringhe senza ago, delle garze sterili o dei batuffoli di cotone per pulire il moncone ombelicale nei primi 7-14 giorni di vita, e una vaschetta per il bagnetto (o un riduttore, se a casa si hanno lavandini spigolati e non sicuri).
Il rientro a casa della mamma
La mamma è reduce di un travaglio e di un parto o di un’operazione, nel caso di un cesareo, ed è sottoposta a cambiamenti ormonali. Affrontare il rientro alla vita di tutti i giorni con un neonato a cui badare e delle fastidiose perdite ematiche post-parto, non è una passeggiata. L’Ostetrica in Rosa suggerisce di ricaricare le pile con qualche ora in più di sonno, di ascoltare il proprio corpo e di assumere multivitaminici.
«Innanzitutto, è fondamentale il riposo. – risponde l’ostetrica Scarpa – Nelle prime settimane post parto, fino a un mese dopo, la mamma avrà le lochiazioni, cioè delle perdite ematiche per la pulizia dell’utero, inizialmente abbondanti ma destinate a diminuire entro i 40 giorni post parto. Essendo perdite fastidiose, non è assolutamente consigliabile per la mamma stare a lungo in piedi o seduta nella stessa posizione. È bene, specie in caso di parto cesareo, evitare lavori pesanti e di sollevare carichi importanti, delegando a qualcuno questo tipo di faccende, anche per agevolare l’involuzione dell’utero nella sua posizione corretta».
A causa del cambiamento ormonale, la mamma potrebbe inoltre accusare secchezza vaginale (specialmente se allatta al seno), una condizione che rende fastidiosi i rapporti con il partner.
«Una soluzione efficace è utilizzare un detergente intimo con acido ialuronico, che idrata le mucose. La regola numero uno, comunque, è darsi tempo: non esiste un intervallo minimo o massimo per la ripresa dell’attività sessuale, l’importante è ascoltare il proprio corpo» aggiunge l’ostetrica.
Poiché il parto provoca un abbassamento delle difese immunitarie e la caduta dei capelli, è consigliabile assumere con regolarità un multivitaminico contenente magnesio, biotina per i capelli, vitamina b12, vitamina b6.
Utili consigli da seguire nelle settimane post parto sono pure quelli di affrontare il discorso della contraccezione con il ginecologo e di sottoporsi a una valutazione del pavimento pelvico.
«Il capoparto, cioè la prima mestruazione post parto, può arrivare svariati mesi dopo il parto, soprattutto se si allatta, ma ciò non significa che non sia già ripresa la fertilità» spiega l’ostetrica. «Quindi, a 40 giorni dal parto, quando si effettua la prima visita, è essenziale parlare con l’ostetrica o il ginecologo di contraccezione per valutare insieme l’eventuale introduzione della spirale, della pillola, di un impianto sottocutaneo, o per incentivare l’uso del preservativo».
«Circa a due mesi dal parto, suggerisco alle mamme di effettuare una valutazione del pavimento pelvico per esaminare la diastasi addominale e accertarsi dell’assenza di incontinenza urinaria, emorroidi o dolori durante i rapporti».
A causa del crollo ormonale, dopo il parto si può verificare il maternity blues o la depressione post partum, perciò l’ostetrica sottolinea che potrebbe rivelarsi utile avere la referenza di una psicologa o psicoterapeuta.
Il ruolo del partner
Il partner è un genitore tanto quanto la madre partoriente e quindi si occuperà della gestione del piccolo a 360°, dal cambio pannolino all’alimentazione (se è complementare), dalla cura del moncone ombelicale al supporto della mamma.
L’altro genitore può sembrare uno spettatore passivo del travaglio e del parto, ma non è così. Il partner può far fatica a metabolizzare le emozioni vissute dalla mamma in sala parto, per questo, raccomanda l’ostetrica, un dialogo profondo e uno sfogo emotivo sono la base da cui partire per costruire la vita da genitori.
«In questa delicata fase, è utile allontanare eventuali commenti positivi o negativi e visite di parenti e amici, per dare tempo ai genitori di metabolizzare la nuova vita in casa» consiglia l’ostetrica.
Argomento da toccare col partner è senza dubbio quello della sessualità, ammettendo l’eventuale paura di avere di nuovo rapporti o rivelando che, quando ci si specchia, ci si vede meno o più belle di prima.
«Molto spesso le rotture sono la conseguenza del non dialogo all’interno della coppia. La partecipazione del partner non deve essere richiesta dalla mamma, anzi, l’aiuto deve essere reciproco, in modo che la coppia diventi attivamente partecipe della gestione quotidiana del neonato».
Dormire nel letto con il neonato: sì o no?
C’è spazio per il neonato nel lettone? La soluzione consigliata per risolvere la questione più dibattuta dall’alba dei secoli è appellarsi all’American Academy of Pediatrics, consultando le linee guida sul sonno sicuro. Secondo l’associazione americana di professionisti del settore, posizionare il piccolo nel letto dei genitori è certamente possibile ma fortemente sconsigliato. Gli esperti lasciano ai genitori la scelta, ma è chiaro che bisogna tenere in considerazione i fattori di rischio.
«Ovviamente, problemi di vigilanza e di agitazione notturna dovuti alla stanchezza o all’utilizzo di farmaci sedativi, antidepressivi, antidolorifici, sostanze illecite aumentano il fattore di rischio, così come se la mamma è fumatrice» spiega l’ostetrica Scarpa, prima di ricordare che la qualità e la sicurezza del sonno dipendono pure dal dispositivo su cui ci si abbandona a Morfeo. «A seconda se è una superficie morbida, un letto ad acqua, un materasso vecchio, un divano o una poltrona, l’appoggio del genitore e del bambino e, quindi, il sonno saranno diversi» precisa.
Non solo, sono da considerare anche il peso del bambino alla nascita, se il neonato è nato a termine o no, se è allattato al seno o no, quanto è vestito, nonché la biancheria del letto utilizzata.
Dormire in braccio al genitore
«Quello che è senza dubbio concesso – garantisce la professionista – è il sonno in braccio al genitore. Un bimbo che dorme sulla pancia, sul torace o in braccio alla mamma è un bimbo che sta bene: percepisce il battito cardiaco del genitore, si termoregola, e inibisce la quantità di cortisolo (ormone dello stress). Non è vero che tenendo in braccio il neonato lo si vizia, tra le braccia del genitore è il posto più sicuro del mondo».
«In questi casi, mi piace citare l’esempio delle mamme africane: i loro figli sono sempre sul loro petto o sulla loro schiena, così se le mamme avvertono un rischio o un pericolo, come un animale o una strada non sicura, tenendo i loro bimbi in braccio stanno più tranquille… È una questione di fisiologia e di tranquillità, non di vizio».
Come comportarsi se il bambino continua a piangere?
Dietro al pianto di un neonato si nascondono tante motivazioni: le lacrime sono un indizio di fame, e pure di dolore, di terrore, di esigenza di affetto.
«Oltre alla fame, il pianto potrebbe indicare la necessità di scaricare l’intestino, coliche, paura, incapacità a dormire, necessità di contatto. Le lacrime celano tantissime emozioni» spiega l’ostetrica.
Il genitore, commosso o spazientito, si arrovella alla ricerca di una soluzione che acquieti il bebè. L’arma da mettere in campo davanti a un neonato in una crisi di pianto è quella della protezione.
«Il mio consiglio – suggerisce l’ostetrica – è quello di prenderlo in braccio, di tenerlo vicino, di coccolarlo, di valutare se ricerca il seno e quindi manifesta fame e di osservare il suo comportamento: se tira le gambe, emette dei suoni delle flatulenze intestinali o ha troppo caldo o freddo, verificando alla base del collo se suda e, nel caso, effettuando un cambio pannolino o indumento. L’importante è prenderlo in braccio e non lasciarlo solo: i bimbi, alla nascita, sono soli e, pur guardandoci a 20-25 cm di distanza, ci vedono come ombre, perciò se non li consideriamo non si sentono protetti».
Come e dove lavare il neonato?
L’igiene del neonato è un aspetto da non trascurare.
«Per una questione di infiltrazione di patogeni, il bagnetto va fatto a partire dal momento in cui cade il moncone ombelicale, immergendo il neonato nella vaschetta o nel lavandino di casa
Le condizioni e i prodotti ottimali per il bagnetto sono:
- Temperatura dell’acqua di 37,5°, da verificare con un termometro o con l’interno del polso
- Durata dell'immersione di circa 5 minuti
- Bagnoschiuma corpo-capelli da neonato o, se la pelle del neonato è particolarmente irritata, amido di riso
- Vaschetta o riduttore
- Ambiente sicuro, come il bagno di casa o la camera da letto se è presente il fasciatoio con il riduttore all’interno
«Se non abbiamo la vaschetta o il riduttore, ci possiamo aiutare con le mani: con la mano non dominante afferriamo l’ascella del bimbo, così la sua schiena si appoggerà sul nostro avambraccio, e con la mano dominante pratichiamo il bagnetto, lavando il capo e tutta la superficie corporea del piccolo» spiega l’ostetrica.
Il bagnetto può essere effettuato tutti i giorni, pre o post poppata, una volta al giorno perché la pelle del piccolo assorbe una notevole quantità d’acqua.
«Per asciugarlo, lo avvolgiamo nell'accappatoio o nell’asciugamano, senza strofinare la cute del bimbo ma tamponandolo e avendo cura di asciugare le superfici ad alta quantità di umidità (zona ascellare, zona inguinale, cavo popliteo)».
Allattamento a richiesta o a orari fissi?
Se mamma e bebé sono in salute, l’allattamento migliore sarebbe quello a richiesta, perché «si osserva il bimbo, non l’orologio».
«L’allattamento può assumere significati diversi: il piccolo può avvertire fame, sete, o avere necessità esclusivamente di succhiare e non di alimentarsi. La poppata può avvenire anche ogni ora e mezza o due ore, senza una cadenza fissa, soprattutto all’inizio quando ci si deve conoscere» conclude l’ostetrica.