Per un bambino il pianto è l'unico modo di comunicare un bisogno o un disagio. Fino all'invenzione di un traduttore universale per vagiti però, questa particolare forma linguaggio non verbale continuerà a gettare nel panico i genitori di qualsiasi generazione, assordati da strepiti martellanti e preoccupati dalle possibili cause di un simile lamento forsennato.
Certo, talvolta il pianto dei bambini è indice di un serio malessere che richiede un pronto intervento, ma il più delle volte si tratta di normalissime esigenze come il desiderio di attenzione o la necessità di avere al più presto un pannolino pulito e asciutto. Con questa rubrica proveremo quindi ad esplorare i differenti motivi dietro al pianto dei bimbi piccoli, aiutando mamme e papà ad individuare gli indizi per intercettare i bisogni dei figli e riportare così calma e serenità senza troppi patemi d'animo.
Iniziamo allora con il classico dei classici: il pianto del bambino che ha fame.
Fame nei neonati
Tra i molteplici motivi che possono causare il pianto infantile – coliche, dentini che spuntano, mal d’orecchi o patologie più serie – la fame è uno dei più comuni.
La routine di un bimbo appena nato, infatti ruota principalmente intorno a due semplici ma fondamentali azioni: mangiare e dormire. L'intervallo che intercorre tra questi due momenti non può essere troppo lungo, altrimenti il piccolo a piangere a dirotto. Ma come accorgersi se il bambino ha effettivamente fame o sta covando qualcosa di più preoccupante?
I bimbi hanno sempre fame
Il primo elemento da considerare è puramente statistico. Se infatti sono trascorse più di tre o quattro ore dall'ultimo pasto, allora potete essere certi al 99% che quel lamento disperato sia dettato da nient'altro che un appetito da lupi.
Nei primi mesi di vita, infatti, i bimbi hanno bisogno di alimentarsi in modo regolare e frequente e sono molto suscettibili ad eventuali ritardi, come un capufficio in miniatura che al posto di strigliarvi decide di tormentarvi i timpani. Per fortuna però quando la pancia si riempie tutto torna tranquillo a le lacrime lasciano spazio ad un sorrisone che scalderebbe anche l'Artico. E questo, con i capufficio, non succede
I segnali del corpo
Le urla e i brontolii di solito monopolizzano l'attenzione del genitore, tuttavia fermarsi ad osservare anche i movimenti del corpo del piccolo può aiutare a comprendere le necessità espresse dal pianto.
Quando ha fame infatti il bimbo compie movimenti che indicano la ricerca del seno o della tettarella:
- Tende a mettersi le mani in bocca
- Scuote continuamente la testolina
- Tira fuori la lingua
- Serra i pugnetti
- Si volta di lato e apre la bocca come per cercare il seno
Fame nei bimbi fino all'età della parola
Dopo l'allattamento, quando i bimbi iniziano a nutrirsi di pappe o cibo sminuzzato, i piccoli non sono ancora in grado di rivelare le proprio necessita con le parole, tuttavia sono già abbastanza "sgamati" da farsi capire con molta più facilità.
Certo, il pianto rimane ancora il pilastro principale nel sistema comunicativo, ma alle lacrime si affiancano anche segnali non verbali molto eloquenti. A questo punto infatti i bambini sono in grado d'indicare la pietanza che ha scatenato un certo languore, agitarsi in presenza di odorini invitanti e perfino afferrare autonomamente cibi o cucchiaini per portarseli con avidità alla bocca.
Come far cessare il pianto?
Nel caso dei "lamenti da appetito", la soluzione alle grida disperate è davvero semplice: prendere il bambino e dargli da mangiare!
Quando sono piccoli, infatti, la fame va sempre assecondata, poiché è lo stesso lattante a dettare i tempi della propria nutrizione. Anzi, se il bimbo salta l'appuntamento della poppata, meglio provare a "convincerlo" avvicinando il capezzolo o la tettarella alle labbra, in modo da stimolarne la suzione.
Discorso leggermente diverso per i bambini dopo lo svezzamento. Verso il primo anno di vita si può infatti iniziare ad impostare la routine dei pasti, abituando dunque i piccoli a scandire la giornata con momenti appositamente dedicati al cibo, via via sempre più distanziati tra loro fino ad arrivare alla canonica ripartizione colazione-pranzo-cena (con merende). Tuttavia anche in questi casi l'appetito del piccolo va spesso soddisfatto senza troppe remore, facendo attenzione però a non fornire porzioni troppo abbondanti o alimenti eccessivamente grassi, salati o zuccherati.