Stimolare il linguaggio del bambino può sembrare un impegno molto complesso per un neogenitore, anche perché la capacità di comunicare non è soltanto un istinto, ma uno strumento per fare amicizia e per ritagliarsi il proprio posto nel mondo. In realtà è molto più facile di quanto non si creda, perché i bambini imparano per imitazione dei grandi, quindi è sufficiente accompagnarlo con l’esempio attraverso questo fondamentale processo di crescita. Le prime parole di solito compaiono tra i 12 e i 18 mesi, quando la lallazione lascia il posto a un linguaggio più strutturato e volontario. Una volta raggiunto questo importante traguardo, il vocabolario del bambino inizierà ad arricchirsi molto rapidamente ed è comune che i genitori si chiedano come favorire l’apprendimento e soprattutto se esistono delle strategie valide?
Le tappe dello sviluppo del linguaggio
Lo sviluppo del linguaggio si può organizzare per tappe, ricordandoci, però, sempre che ogni bambino ha un suo percorso individuale. Ci saranno quindi bimbi molto precoci e bimbi, invece, che hanno bisogno di tempo per conquistare alcune competenze, rimanendo comunque in un quadro fisiologico. Non dobbiamo avere fretta o preoccuparci, ma è corretto monitorare con attenzione la crescita del bimbo e semmai chiedere un consulto a un professionista, in qualsiasi momento compaia un dubbio.
- 12 mesi: a questa età il bimbo dovrebbe iniziare a pronunciare le prime parole (mamma, papà, pappa o cacca)
- 18 mesi: i genitori assisteranno a una vera e propria esplosione del vocabolario, che sarà arricchito da tantissime parole nuove
- 24 mesi: fase combinatoria o di ricombinazione lessicale. Con questo termine si identifica la capacità del bambino di associare due parole. Per esempio, mamma pappa. Non sa ancora costruire la frase: “mamma vorrei la pappa”, ma è in grado di accoppiare parole per esprimere concetti.
Superati i due anni il bimbo imparerà prima a strutturare la frase minima, poi la frase semplice, per completare lo sviluppo del linguaggio a 3 anni. «Un bambino a quest’età parla come un adulto. Usa tutte le strutture e riesce anche a raccontare piccole storie», ha spiegato la logopedista Federica Bernasconi.
Come aiutare i bambini a dire le prime parole
I bambini imparano a parlare ascoltando i genitori, i nonni e chi si occupa di loro, quindi è molto importante che gli adulti parlino al bimbo, raccontando e commentando la routine, ovviamente facendo attenzione a usare un linguaggio corretto in base all’età. «Non bisogna parlare in modo troppo gergale o troppo infantile, né troppo alto», ha chiarito la logopedista.
«I bambini imparano il linguaggio guardando ciò che facciamo. Le prime parole, mamma, papà e pappa, sono proprio i primi suoni che riesce a emettere con le sue prime capacità di movimento». E rappresentano anche le sue necessità e i suoi affetti, ovvero il suo mondo. «È importante che i genitori commentino la routine, dal momento della pappa al cambio del pannolino. E quando non si sta facendo qualcosa di pratico, come mettersi il pigiamino, ma di ludico, si può commentare anche il gioco», ha spiegato l’esperta.
Come stimolare il linguaggio attraverso il gioco
Per stimolare il linguaggio, la prima cosa da fare è parlare direttamente con i bambini, che ci ascoltano anche quando sembrano intenti a fare altro. Una buona strategia è correggerlo quando sbaglia la parolina se è piccolo e poi la frase quando è più grande. Ciò non vuol dire sottolineare l’errore, ma ripetere la parola nel modo corretto. Per esempio se dice leccino per dire lettino, non dobbiamo dirgli "no, hai sbagliato, prova a dirlo di nuovo”, basterà semplicemente ripetergli ad alta voce, scandendo bene le lettere, la parola “lettino”.
Strategie a 12 mesi
Per aiutare un bimbo piccolo a parlare è possibile mettere in atto alcune strategie mentre si gioca, come nella vita quotidiana. È utile dare sempre un’opzione di scelta. Quindi non chiediamogli a che cosa vuole giocare, ma se preferisce giocare a palla o con le macchine. Inizialmente indicherà il gioco preferito, poi crescendo proverà a dire quale gioco preferisce.
Sono utili anche le canzoncine con i versi degli animali o i suoni con i mezzi di trasporto. Vanno bene perché sono ritmate e ripetitive. Ottimi anche i libretti con le singole paroline abbinati al disegno. Al genitore il compito di ripetere la parola e descrivere l’immagine.
Strategie a 2 anni
A 2 anni si consiglia la lettura di libri di storie di routine quotidiana, in cui si raccontano cose che già conoscono e che fanno anche loro. I bambini a quest’età vivono il qui e ora e non hanno la capacità di andare indietro nel tempo, quindi il linguaggio va stimolato su quello che sta facendo. Il gioco deve sempre essere raccontato, quindi mentre fa le costruzioni accompagniamolo con una narrazione: “Bravo Luca, ora metti il mattoncino rosso”, oppure “hai scelto la macchinina blu”.
Strategie a 3 anni
A 3 anni si possono utilizzare storie più complesse e si consiglia di non limitarsi a leggere, ma di arricchire la storia, per esempio, guardando insieme le illustrazioni del libro, chiedendo al bambino di trovare nelle immagini degli oggetti precisi. “Le mamme sono molto brave in questo”, ha rassicurato la dottoressa Bernasconi. “E’ importante cercare di essere creativi e di stimolare il bambino in modo sempre nuovo”.
Quando un bambino ha bisogno di un logopedista?
«Ogni volta che un genitore ha un dubbio, si consiglia di andare dal logopedista. Più sono piccoli i bambini, più gli incontri sono delle consulenze per le mamme e i papà, che possono raccontare le fatiche del loro piccolo e la logopedista può dare delle strategie da seguire», ha spiegato la dottoressa Bernasconi, che ha chiarito che esistono dei campanelli d’allarme che potrebbero far ipotizzare un ritardo del linguaggio, che sono:
- Non sono comparse le prime parole intorno ai 12 mesi (chi un po’ prima, chi un po’ dopo)
- Non cerca il contatto di sguardo
- Non indica gli oggetti o le persone
«Parliamo di ritardo del linguaggio fino a 36 mesi. Alcuni bambini, nonostante un iniziale ritardo, si sbloccano ai 3 anni e iniziano a parlare tanto e bene (sono i cosiddetti late bloomers), altri invece sviluppano quello che viene definito disturbo del linguaggio», ha chiarito l’esperta. «Non siamo in grado di ipotizzare quale percorso farà il bambino, di conseguenza è sempre meglio recarsi il prima possibile da un logopedista, che può fornire degli stimoli che aiuteranno il bambino a sbloccarsi o semplicemente può iniziare a lavorare in modo anticipato a quello che può essere un disturbo».