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24 Ottobre 2023
11:30

«Con quei denti non ti vorrà mai un ragazzo!». Gli studenti di un liceo di Roma accusano i professori di body shaming

Gli studenti del Liceo Mamiani di Roma hanno denunciato insulti, offese e prese in giro che negli ultimi anni sarebbero stati rivolti loro dagli insegnanti. I ragazzi hanno messo nero su bianco le umiliazioni ricevute e hanno appeso i cartelli nei corridoi. «Pretendiamo un rispetto bilaterale» fanno sapere.

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«Con quei denti non ti vorrà mai un ragazzo!». Gli studenti di un liceo di Roma accusano i professori di body shaming
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«Tu con quel collare da cane». «Con quei denti non ti vorrà mai un ragazzo!». «Non mi sono mai ubriacata, sarà per questo che non mi hanno mai stuprato». «Con queste gambe non troverai mai un uomo!». Le citazioni attribuite dagli studenti agli insegnanti di greco, geostoria, educazione fisica sono state trascritte dai ragazzi su fogli bianchi e posizionate in bella vista sulle pareti dei corridoi in segno di protesta. È accaduto al Liceo statale Terenzio Mamiani di Roma, dove le presunte offese ricevute negli ultimi anni in classe dai docenti di latino, greco, geostoria, matematica, educazione fisica sono diventate un pretesto per organizzare una mobilitazione studentesca e discutere di rispetto reciproco nell’ambiente scolastico e body shaming (cioè la pratica di deridere qualcuno per il suo aspetto fisico). L’obiettivo? Un «rispetto bilaterale» tra alunni e professori.

«Pretendiamo che il rapporto tra studenti, corpo docente e preside sia basato su un rispetto bilaterale – sono le parole di Spazio Futura, il collettivo femminista del Mamiani, come riporta Repubblicae che abbia come finalità quella di formare individui maturi e consapevoli e non quella di sminuirci e farci sentire inadeguati. Per questo ieri abbiamo lanciato un’assemblea straordinaria».

Al raduno ha partecipato pure la dirigente scolastica, Tiziana Sallusti, che è intervenuta rimarcando che «le parole hanno un peso e possono essere come pietre, per questo è importante soppesarle». Ma «è importante anche l’intenzionalità» ha aggiunto la dirigente, spiegando che una parte dei colleghi ha chiesto espressamente di essere informata sulle frasi che possono aver disturbato o seccato i loro alunni senza che se ne rendessero conto. La preside, infine, ha espresso la volontà di non lasciar cadere nel vuoto le lamentele degli studenti e di ragionare insieme a loro sulla strada più opportuna da intraprendere «per fare in modo che nessuno si possa più sentire offeso».

Tra le frasi offensive e denigratorie che sarebbero state rivolte agli studenti da alcuni insegnanti (di cui tuttavia non sono state presentate prove), si leggono insulti di ogni genere, dalla presa in giro per difetti fisici alla svalutazione di disturbi d’ansia e di salute mentale. «Abdurre significa ‘aprire’, come fanno troppo spesso le ragazze di oggi», «dovresti proprio andare in palestra», «che palle questa, con gli attacchi di panico» sono solo degli esempi dei commenti e delle esperienze denunciati da adolescenti e giovani adulti, che in più occasioni si sono sentiti sminuiti, umiliati e mortificati da docenti che dovrebbero rappresentare per loro una guida, educativa e morale.

Secondo i ragazzi, alcuni professori non hanno voluto presenziare al sit-in. In ogni caso, l’assemblea si è conclusa positivamente con la promessa di tenere alta l’attenzione sul tema e di trovare una soluzione ai problemi che emergono nell’ambiente scolastico.

Nel febbraio 2022 in un altro Liceo di Roma, il Righi, un’insegnante aveva redarguito un’alunna per l’abbigliamento utilizzando un paragone che aveva scatenato una bufera dentro e fuori dalla scuola. «Copriti la pancia. Che stai sulla Salaria?» l’aveva rimbrottata. Quest’anno il Righi ha deciso di introdurre un regolamento d’Istituto appositamente per vietare ai docenti di discriminare i giovani, secondo quanto riporta Repubblica. Chissà che non ne venga stilato uno anche al Mamiani.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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