In Italia nove papà su dieci svolgono un lavoro remunerato, contro meno di sei mamme su dieci. Nello specifico, se la quasi totalità degli uomini con figli (89,3%) ha una vita professionale fuori dalle mura domestiche, nettamente diversa è la condizione delle madri: poco meno della metà di loro (41,4%) non ha un contratto di lavoro e si dedica completamente alla famiglia. I dati sulla disparità di genere nel tasso di occupazione che emergono dal Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, realizzato con il contributo di Credem, Edison, Michelin e Ovs, traducono in numeri il profondo divario che separa uomini e donne con figli sul fronte professionale.
Avere figli penalizza le madri lavoratrici
Avere o non avere figli è una discriminante tutta al femminile nel mondo del lavoro. Lo si evince chiaramente considerando il tasso di occupazione 25-49 anni per presenza di figli a carico e genere:
- Uomini senza figli: tasso di occupazione al 76,7%
- Uomini con figli: 89,3%
- Donne senza figli: 66,3%
- Donne con figli: 58,6%
È interessante notare come il numero degli uomini occupati salga se sono padri, mentre, al contrario, la cifra di lavoratrici donne diminuisca se hanno figli.
E ad allungare ulteriormente le distanze è il numero di figli. Lo ha evidenziato Save the Children nell’annuale report “Equilibriste”, dal quale emerge come a una prole più numerosa corrisponda un aumento nella percentuale di padri occupati e salariati da un lato e di madri disoccupate e casalinghe dall’altro:
- Uomini con un figlio: tasso di occupazione al 90,4%
- Uomini con due o più figli: 90,8%
- Donne con un figlio: 63%
- Donne con due o più figli: 56,1%
In sostanza, quando la famiglia si allarga, a rinunciare al lavoro o ridimensionare le ambizioni professionali sono principalmente le donne.
Tornando al rapporto Censis-Eudaimon, lo squilibrio nel tasso di occupazione di padri e madri è, in punti percentuali, del -30,7 in Italia: 13,3 in più della Germania e 16,3 rispetto alla Francia. La distanza supera perfino quella della Grecia, dove il divario fra il tasso di occupazione delle donne con figli e quello degli uomini con figli è alto (-29), ma comunque meno del nostro Paese.
“Mi dimetto perché sono mamma”
Le madri che lavorano a volte sono costrette a licenziarsi o a trasformare il contratto a tempo pieno in un part time per dedicarsi alla cura della famiglia. La difficile conciliazione fra famiglia e professione continua a costituire il principale movente di migliaia di dimissioni e risoluzioni consensuali fra le quote rosa. Secondo il rapporto, nel 2022 hanno smesso di lavorare 44,7 mila madri e 16,7 mila padri.
Lo scarto è inequivocabile, e si acuisce ulteriormente se si guarda alle motivazioni: il 41,7% delle madri, quindi quasi la metà, ha interrotto il rapporto di lavoro per le difficoltà a conciliare la professione con la vita familiare a causa della carenza di servizi di cura, mentre solo il 2,8% dei padri si è licenziato per badare ai figli.
Dal documento emerge anche come i lavoratori desiderino un welfare aziendale a supporto delle famiglie. Il 72,4% dei dipendenti apprezzerebbe avere a disposizione un consulente di supporto nell’affrontare eventuali problemi con la sanità, la previdenza e la scuola dei figli.
Il 61,5% degli occupati, per finire, ritiene adeguata l’attenzione dell’azienda alle esigenze di chi ha figli, mentre il 71% a quelle delle donne che rientrano dalla maternità.