Le prospettive per il futuro demografico del nostro Paese sono agghiaccianti: la denominazione di «inverno demografico», utilizzata dagli esperti per descrivere la tragica situazione in cui versa lo Stivale, calza a pennello. Secondo l’Istat, entro il 2070 la popolazione italiana perderà più di 10 milioni di abitanti (da 59,2 mln del 2021 a 47,7 mln del 2070), nel 2041 una famiglia su cinque non avrà figli ed entro il 2049 i decessi raddoppieranno le nascite.
La Ministra della Famiglia Eugenia Roccella qualche giorno fa a Roma ha presentato un piano di intervento contro il gelo demografico indirizzato alle aziende che punta al sostegno della maternità e delle lavoratrici madri. Tra le misure previste dal nuovo Codice deontologico per le imprese italiane spiccano congedi e aspettative più lunghi, formazione continua per il rientro dopo il parto, part-time, smart working, asili nido aziendali (o il loro rimborso), copertura delle spese per la prima infanzia. L’adesione delle aziende al Codice di Autodisciplina sarà, però, su base volontaria.
Cosa prevede il Codice di Autodisciplina per le imprese
In occasione della sesta edizione dell’annuale convegno di Farmindustria dedicato alle donne dal titolo “Per una primavera demografica. Quali politiche per la natalità”, la Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Roccella, ha illustrato il nuovo Codice di Autodisciplina delle imprese, ad adesione volontaria, che si fonda su tre punti salienti:
- Favorire la continuità di carriera delle madri lavoratrici, offrendo una perenne informazione sull’evoluzione dell’impresa e dell’area professionale durante i periodi di astensione dal lavoro per maternità, nonché un sostegno al benessere psicofisico nella fase di rientro al lavoro e un’analisi di gender pay gap che neutralizzi i periodi di astensione
- Incentivare iniziative di prevenzione e cura dei bisogni di salute, attraverso campagne di prevenzione, di informazione sull’infertilità e di vaccinazione, screening periodici e check-up dedicati alla maternità, attenzione alla medicina di genere, assistenza sanitaria integrativa
- Adattare i tempi e i modi di lavoro, con un sostengo alle spese per la cura e l’educazione dei figli, che si tradurrebbe in congedi, aspettative, flessibilità di orario d’ingresso e d’uscita, lavoro part time, smart working, rimborso delle spese di asilo nido, copertura delle spese per la prima infanzia.
L’attuazione del Codice illustrato dalla Ministra della Natalità, per quanto virtuoso nei suoi tre punti cardine, spetta alla buona volontà delle singole aziende, chiamate a investire in autonomia risorse economiche attingendole dalle proprie casse. Rimane, quindi, un punto interrogativo sulla concreta ed effettiva realizzabilità delle misure da parte delle aziende italiane, in particolare da quelle più piccole, che già faticano a chiudere l’anno con un bilancio positivo.
L’Italia non è un paese per mamme lavoratrici
Nel nostro Paese sono occupate 57,4 donne con figli su 100 nella fascia d’età 25-54 anni, contro l’88,2% dei papà. Fra le mura domestiche, nel 62,6% dei casi è ancora la donna a occuparsi delle faccende di casa. E quasi 21 quote rosa su 100 sono costrette ad accettare un part time, in assenza di una proposta di un contratto di lavoro a tempo pieno, contro 9 uomini su 100.
Numeri terrificanti che lasciano l’amaro in bocca. Il gender gap sul lavoro e la denatalità sono due questioni legate a doppio filo. È un circolo vizioso in cui finché non sarà appianato il divario di genere – a lavoro e in casa – e finché non sarà superata la cultura che concepisce quello fra mamma-donna un binomio inscindibile, la rinascita demografica rimarrà una speranza lontana, e non una immediata realtà.