Tra migranti e salario minimo, il congedo parentale è stato uno dei temi caldi nel primo faccia a faccia tra il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la nuova leader del Partito Democratico Elly Schlein.
Nel corso del Question Time alla Camera dei Deputati del 15 marzo, la giovane Segretaria Dem ha infatti incalzato la Premier sulla necessità di adottare un congedo parentale paritario pienamente retribuito e non trasferibile di almeno tre mesi per compiere un ulteriore passo sulla strada della parità e redistribuire il carico di cura familiare che al momento grava ancora quasi esclusivamente sulla figura materna.
Anche perché, come sottolineato dalla stessa Schlein, «vi è un nesso tra la crisi della natalità e la condizione di precarietà in cui versano moltissime donne in questo Paese».
Immediata la risposta di Meloni, che contrariamente agli altri punti toccati dall'avversaria si è detto d'accordo sulla necessità di rendere più equa la legislazione in materia.
«Su questo sono sempre disponibile a confrontarmi e ha parlare» ha chiosato. Miracoli della disparità di genere?
Come funziona oggi?
La questione riguardante il congedo parentale sembra dunque mettere d'accordo tutti, ma di che cosa si tratta esattamente? Per capirlo occorre avere ben chiara la situazione attuale.
Prima di tutto bisogna evitare di confondere il congedo di maternità (o paternità) obbligatoria e il congedo parentale.
Dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo 105 del 30 giugno 2022 poi, alla nascita del figlio un padre lavoratore dispone di 10 giorni di congedo obbligatorio retribuito al 100% . In caso di parto gemellare i giorni diventano venti. Il congedo di maternità obbligatoria invece dura 5 mesi – suddivisi tra pre e post parto o usufruiti integralmente dopo la nascita – ed è pagato all'80% dell'importo dell'ultima busta paga, anche se in casi specifici la retribuzione arriva al 100%.
L'odierno congedo parentale, invece prevede che per ogni figlio o figlia (fino ai 12 anni d'età), ogni genitore abbia a disposizione un periodo continuativo o frammentato di sei mesi per poter astenersi dalle mansioni lavorative e badare ai bambini. I due genitori però non possono usufruire contemporaneamente e, tra mesi goduti dalla mamma e mesi goduti dal papà, sforare complessivamente il tetto dei 10 mesi, che possono diventare 11 il limite se il padre esercita il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo (sempre continuativo o frazionato) non inferiore ai tre mesi.
Queste mensilità però non sono retribuite integralmente, ma sono indennizzati al 30% della busta paga. Un bel taglio nelle economie di casa.
Cos'è il congedo paritario e non trasferibile
La tipologia di congedo invocata da Schlein – e di cui si parla già da tempo – segue invece il modello adottato in Spagna, dove sia madri che padri possono usufruire di 16 settimane di congedo – di cui sei obbligatorie e ininterrotte – pagate al 100%.
Si tratterebbe dunque di un congedo che metterebbe uomini e donne sullo stesso piano ("paritario" appunto), assottiglierebbe le difficoltà economiche dei genitori che ne usufruirebbero e renderebbe più semplice per le donne la scelta di continuare, lasciando ai rispettivi partner la possibilità di dedicarsi alla cura dei figli. In più il congedo sarebbe anche non trasferibile all'altro genitore, dunque senza possibilità di "cedere" i propri mesi al partner in modo da cumularli e quindi squilibrare nuovamente la situazione.
Certo, finanziare un simile strumento di Welfare non è semplice, anche perché come abbiamo imparato da decenni le coperture sono quelle che sono, tuttavia iniziare a investire seriamente su famiglie paritarie non può che contribuire al progresso della società e, di conseguenza, ad un maggior benessere dei nostri figli.