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25 Febbraio 2023
9:00

Cosa fare se il bambino non mangia? Guerra aperta contro la forchetta!

Una domanda che tormenta nonni e genitori è cosa fare se il bambino non vuole mangiare. Quello del pasto è un momento fondamentale nella crescita, che a volte si traduce in un vero e proprio incubo per il piccolo inappetente e per i grandi che lo accudiscono. Ne abbiamo parlato con la dietista Valentina Muollo.

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Cosa fare se il bambino non mangia? Guerra aperta contro la forchetta!
In collaborazione con la Dott.ssa Valentina Muollo
Dietista
Bambino rifiuta il cibo

Impugna il cucchiaio e lo brandisce in aria come un forsennato. Scuote la testa e serra ermeticamente le labbra. Piange e si infuria di fronte alla nonna che lo prega di assaggiare il minestrone, mimando il volo di un aeroplano. Niente da fare: il bambino non vuole mangiare, rifiuta il cibo, mantiene la fronte corrucciata e continua con i suoi capricci, senza mostrare il minimo segnale di resa.

Cosa fare se il bambino non mangia è un dubbio comune fra gli adulti. Come è riportato nella rivista scientifica Paediatrics & Child Health, più di un bambino su due ha paura di assaggiare un nuovo cibo e uno ogni 20 sotto ai 3 anni sviluppa un rapporto critico con l’alimentazione. Il rifiuto del cibo nel pargolo è un segnale da non sottovalutare, ma, se limitato nel tempo, rientra a pieno titolo nel regolare sviluppo infantile.

«Il rifiuto del cibo è normale e fisiologico: il bimbo può metterci fino a 15 esposizioni all’alimento prima di accettarlo. Diventa un problema solo se cronicizza» spiega a Wamily la dietista Valentina Muollo.

Cosa fare se il bambino si rifiuta di mangiare?

Se il bambino si rifiuta di mangiare la prima regola è non forzarlo, bandendo dal frasario genitoriale intimazioni del tipo “finisci fino all’ultima briciola quello che hai nel piatto” o “non fare storie per qualche maccherone di pasta”.

«La forma di ricatto, del tipo “o mangi le verdure o non ti dò il gelato” oppure “finisci il piatto se no non vai a giocare”, non fa che irrigidire i comportamenti di evitamento del bambino verso il cibo. Far percepire un alimento, per esempio la verdura, come buono e il cioccolatino come proibito, induce il bambino a crescere con l’idea che esistono cibi di serie A, vietati, e cibi di serie B, permessi, e questo è deleterio» spiega la dietista.

Piuttosto, puntare sulla qualità del pasto, anziché sulla quantità di cibo, organizzare una routine alimentare, programmando i pasti a orari fissi, e proporre al figlio di cucinare insieme, sono accortezze che, se seguite dal genitore, aiutano il bambino a normalizzare e migliorare il suo rapporto con la pappa.

«Il genitore deve imparare a non forzare il figlio: se oggi non vuole mangiare un determinato alimento, va bene comunque. Magari, potrebbe coinvolgere nella preparazione di polpette o crocchette il bambino, che così diventa parte attiva e si espone a quell’alimento» commenta la dietista Muollo.

Rifiuto dei cibi nuovi e inappetenza del bambino

“A tavola!” grida la mamma per richiamare tutti in cucina, dove la pastasciutta fumante aspetta già i suoi commensali. Ma il piccolo di casa, che troneggia sul seggiolone, respinge il piatto al mittente. Prima di gettare la parentela nel panico, interroghiamoci sul perché il bambino ha rifiutato la pappa.

Inappetenza e neofobia alimentare non sono la stessa cosa

Innanzitutto, non confondiamo il rifiuto generalizzato per il cibo, anche quello già assaggiato, con la repulsione del bambino per alimenti nuovi, mai provati prima. Quest’ultimo caso è da ricondurre alla cosiddetta neofobia alimentare, un disturbo tanto diffuso da essere ritenuto una fase tipica dello sviluppo dei bambini, destinata a scomparire con la crescita. Diversa è l’inappetenza alimentare e l’insistente avversione per il cibo in generale, anche se già gustata in passato. Uno dei timori più ricorrenti fra i familiari è che il piccolo mangi poco, o non abbastanza: secondo uno studio pubblicato nella rivista scientifica Paediatrics & Child Health, fino al 50% di loro riscontra in figli e nipoti problemi con l’alimentazione.

Imboccare a forza o minacciare non aiuta il bambino a maturare un rapporto salutare col cibo

In effetti, il rifiuto del cibo è un disagio comune, manifestato dai bambini negli anni successivi allo svezzamento e che, nelle forme più gravi, colpisce un bambino ogni venti. Ma imboccare a forza il pargolo, minacciarlo con l’avvertimento di punizioni dietro l’angolo o camuffare il pranzo servito nascondendo al suo interno verdure o alimenti scartati dal piccolo, non sono buoni metodi per aiutarlo a maturare un rapporto salutare con il piatto che ha davanti.

Bambino non mangia

Consigli pratici per combattere l'inappetenza nei bambini

Giù le sopracciglia corrucciate, su i sorrisi: l’inappetenza si guarisce senza ricorrere ai vecchi rimedi intimidatori e minacciosi. Premesso che l’età e lo sviluppo giocano un ruolo cruciale nella perdita dell’appetito nel bambino, per aiutare il piccolo a mangiare pasti variegati e colorati in serenità esistono una serie di buone pratiche da seguire:

  • Pianificare una routine alimentare, programmando i pasti e le merende in specifici orari, senza strappi alla regola
  • Curare il contesto ambientale, creando un’atmosfera conviviale, piacevole e rilassata, senza forzare né minacciare il piccolo inappetente e senza promettergli un premio finale, come il giocattolo o il dolce preferito
  • Coinvolgere il bambino nelle attività in cucina, catturando la sua attenzione nella preparazione del pranzo, della merenda o della cena che mangerete insieme. Amerà maneggiare le pentole, impastare e mescolare la pasta
  • Non parlare delle abitudini alimentari del bambino in sua presenza: discuterne davanti al diretto interessato potrebbe consolidare nel bambino il rifiuto per il cibo
  • Impartire e far rispettare al bambino regole alimentari e buone maniere a tavola, senza cedere passivamente ai suoi capricci. L’adulto, pur evitando atteggiamenti autoritari, deve mantenere un ruolo di guida nei confronti del figlio e, in quanto tale, ha il compito di decidere cosa e come il piccolo debba mangiare
  • Rendere il pasto un momento di aggregazione familiare, durante il quale adulti e bambini si siedono insieme a tavola per gustare un unico menù, senza non soccombere a richieste ad hoc dei più piccoli

«Una buona idea – aggiunge la dietista Muollo – è proporre in tavola più tipologie di cibo e lasciare che il bambino scelga e mangi quello che quella sera si sente. A volte sarà insufficiente, a volte troppo, ma lo aiuterà ad autoregolarsi ai segnali di fame e sazietà».

Occhio alla durata del pasto. Come ci spiega la dietista, ha senso evitare che il piccolo temporeggi e prolunghi il momento della pappa a dismisura, tuttavia non esiste una durata tassativa del pranzo, da rispettare con il cronometro. Anzi, «è giusto rispettare i tempi del bambino, che, soprattutto durante lo svezzamento, potrebbero prolungarsi».

Quando preoccuparsi se il bambino non mangia?

Come abbiamo chiarito, nella maggior parte dei casi il rifiuto del cibo nel bambino rappresenta una fase transitoria della crescita, che svanisce con l’età. Tuttavia, quando il rifiuto si protrae nel tempo e il pasto da incubo diventa la regola, è consigliabile rivolgersi al pediatra di riferimento per accertarsi che la repulsione o la diffidenza per il piatto non sia da ricondurre a problemi di salute.

Campanelli d’allarme che richiedono attenzione da parte del genitore sono:

  • Svogliatezza del bambino a partecipare a feste o pasti con coetanei
  • Carenze nutrizionali, intuibili da specifici sintomi fisici (pallore del viso, secchezza degli angoli della bocca, sanguinamento delle gengive, fragilità di unghie e capelli, dolori muscolari) e psicologico-comportamentali (eccessivo nervosismo, perenne senso di debolezza)
  • Mancato rispetto dei parametri evolutivi e della curva della crescita

Quando si manifestano questi segnali nel bambino, è consigliabile non sottovalutarli e rivolgersi a un esperto.

I campanelli d'allarme sono disattenzione, evitamento sociale e carenze nutrizionali

«Posto che il rifiuto del cibo in età infantile è fisiologico, esistono una serie di segnali da non sottovalutare: uno scarso livello di attenzione, evitamenti sociali (se per esempio preferisce evitare la mensa scolastica o non presentarsi al compleanno dell’amico per non mangiare) o carenze nutrizionali. Quando il rifiuto si cronicizza e si ripercuote sulla crescita, a quel punto si ragiona con un professionista su quale percorso intraprendere» conclude la dietista Muollo.

Bibliografia
Le informazioni fornite su www.wamily.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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