Il piccolo balbetta, ormai è evidente. Suo fratello alla sua età già parlava per ore, e invece lui soffre di balbuzie: un disturbo del linguaggio che causa ripetizioni nelle sillabe, incertezza nello scandire le sillabe e interruzioni involontaria delle parole e dei suoni emessi per parlare. Sarà stato un trauma? Non lo abbiamo stimolato a sufficienza? Non ci siamo impegnati abbastanza mentre imparava a parlare? Mille interrogativi saltano alla mente quando siamo seduti nell’ufficio del logopedista e arriva la diagnosi di balbuzie.
In realtà, basterebbe sapere che tutti noi balbettiamo. Quante volte mentre parliamo ripetiamo dei suoni o, in una situazione di imbarazzo la lingua sembra arrotolarsi su se stessa e non essere più in grado di produrre suoni comprensibili? Certo, un caso diagnosticato di balbuzie può essere complicato da accettare e, in alcune situazioni, invalidante, ma con l’aiuto di un esperto e la costanza nel fare esercizi, questa condizione può migliorare anche molto.
Uno studio condotto dall’associazione dei logopedisti olandesi ha dimostrato che, nell’ultimo decennio, i nuovi casi di balbuzie annuali sono aumentati dal 5% all’8%. La motivazione sembrerebbe essere un’attenzione maggiore verso il disturbo, che la logopedista Federica Bernasconi ha confermato: «I genitori sono molto più attenti ai disturbi del linguaggio dei bambini, e le richieste per noi logopedisti sono esplose».
Cosa significa balbuzie (e balbettare )
La balbuzie è un disturbo della fluenza del linguaggio, dunque chi ne è affetto sa perfettamente quello che vorrebbe dire e come vorrebbe dirlo, ma non riesce a farlo senza interrompersi, ripetere suoni o parole e incepparsi allungando tutte le sillabe.
Spesso a tutto questo si associano una serie di smorfie facciali, tic e movimenti delle gambe. Ciò che ne risulta all’orecchio di chi ascolta è una parlata molto frammentata e disturbata.
Questa è la parte visibile della balbuzie, ma la logopedista Bernasconi ci spiega che ce n’è anche una invisibile, ben più grossa e relativa all’attitudine comunicativa. «Chi balbetta sviluppa dei pensieri negativi su se stesso e sul proprio modo di parlare, che si tramutano in evitamento di parole o situazioni».
Una persona che, per esempio, è solita balbettare al telefono, cerca di evitare di fare chiamate. Questa situazione può diventare invalidante quando si evitano intere situazioni, e ci si rintana tra le mura domestiche dove si pensa non possa succedere nulla.
Le cause della balbuzie
Sulla balbuzie ci sono tantissimi falsi miti, tra cui che un bambino inizi a balbettare in seguito a un trauma o a causa di un forte spavento, ma non è così. Il fenomeno si manifesta in età prescolare, con un picco tra i 2 e i 3 anni, quando il piccolo inizia a usare frasi più lunghe ed espande il suo vocabolario.
Ad accorgersene possiamo essere noi genitori, soprattutto se il piccolo ha un fratello o una sorella più grande, facendo un paragone. In alternativa lo comprendono in fretta le maestre all’asilo.
La balbuzie si manifesta gradualmente oppure insorge improvvisamente specifica la logopedista Federica Bernasconi: «É normale che i genitori associno un cambiamento improvviso della parlata del piccolo ad un particolare evento, credendo dunque che un forte spavento ne sia la causa».
In realtà non esiste una risposta chiara e specifica alla domanda: “perché il mio bambino balbetta?”, sicuramente, come ci spiega la logopedista Federica Bernasconi, entrano in gioco aspetti come la familiarità e la predisposizione. «È importante infatti fare una buona raccolta anamnestica, spesso accade che così si scopre che anche il nonno, o la cugina, erano balbuzienti».
Ci sono delle situazioni, invece, in cui persone adulte improvvisamente iniziano a balbettare, in questo caso potrebbe essere il sintomo di una patologia psicologica o neurologica che va ben indagata.
Si può guarire dalla balbuzie
No, non si guarisce dalla balbuzie. O meglio, dipende. Ci sono delle situazioni, in età prescolare, che si definiscono di balbuzie transitoria: «Il piccolo conosce e assorbe la realtà circostante, vorrebbe dire un sacco di cose, ma non ci riesce, perché le sue capacità di programmazione del linguaggio, e di articolazione non sono ancora mature». In questo caso, specifica la dottoressa Bernasconi, il disturbo tende a rientrare da solo.
Quando invece dopo uno studio dell’anamnesi del paziente, questo risulta affetto da balbuzie a tutti gli effetti lo specialista agisce in supporto: «Noi logopedisti interveniamo con esercizi e tecniche per insegnare ai piccoli a gestire la disfluenza. I genitori devono supportarli, curandosi che si esercitino spesso a casa», continua Federica Bernasconi.
L’esercizio ripetuto aiuterà i piccoli a migliorare il linguaggio e a rafforzare la fiducia in se stessi senza decidere di evitare, per vergogna, le situazioni sociali.
Cosa fare se il bambino balbetta
Innanzitutto rechiamoci da un professionista, in particolare da un logopedista che farà una diagnosi definendo la tipologia di balbuzie dalla quale è affetto il piccolo: transitoria, lieve, moderata o severa.
A questo punto al piccolo verrà chiesto di esercitarsi e noi genitori, dobbiamo aiutarlo in questo. Noi adulti abbiamo sempre una certa fretta, sconsigliata nei casi di balbuzie . «Frasi del tipo “tranquillo ti aspetto”, o all’opposto, completare le frasi del piccolo, rafforzano in lui l’idea di avere qualcosa di sbagliato» dice la logopedista Federica Bernasconi, che suggerisce di munirsi di pazienza.
Dobbiamo lavorare su noi stessi, imparando rispettare i tempi del piccolo, lasciandolo finire di parlare, evitando che quello che noi intendiamo come un gesto d’aiuto peggiori la situazione.
Teniamo presente anche che va fatto qualche colloquio con le maestre, un lavoro insieme a loro, studiando le strategie migliori per il bambino: «Nella scuola, in particolare nelle situazioni prestazionali come le interrogazioni, o le letture ad alta voce, l’ansia del piccolo aumenta e si crea un circolo vizioso: la paura di balbettare, il terrore di non riuscire a dire ciò che sa rischiano di bloccarlo».
L’unica cosa da fare è rendere il più normali possibili i tempi del bambino, capendo che ha solamente una modalità diversa dalla nostra di esprimersi. Se tra le mura di casa e quelle scolastiche lo faremo sentire sicuro di sé, questa sicurezza lo accompagnerà al di fuori, e imparerà che parlare non è un incubo ma una meravigliosa opportunità.