LGBTQIA+. La "i" all'interno di questo acronimo si riferisce alle persone intersessuali. Intersex, colloquialmente e in lingua inglese.
Nascere intersessuali significa venire al mondo con caratteri sessuali primari e/o secondari non ascrivibili esclusivamente alla sfera maschile o a quella femminile. Ma questo non vuol dire essere malati o vivere una condizione invalidante (se non in casi eccezionali). Secondo la studiosa Anne Fausto-Sterling, l'1,7% di tutta la popolazione mondiale è intersessuale. Ciò significa che l'1,7% degli esseri umani presenta alla nascita delle caratteristiche sessuali biologiche che non corrispondono alla definizione di maschile o femminile più diffusa nella popolazione.
In passato le persone intersex non avevano la giusta visibilità e soprattutto venivano etichettate come "ermafrodite", un termine arcaico oggi ritenuto fuorviante e inaccettabile. Non solo perché nel tempo ha acquisito un'accezione offensiva e stigmatizzante, ma anche perché ingabbia in una definizione tutta una serie di condizioni.
L'intersex è una malattia?
Avere cromosomi di un genere differente da quello che emerge fisicamente o genitali diversi dallo standard non è assolutamente indice di malattia.
Secondo l'associazione Intersex Initiative, la parola "intersex" si riferisce a una serie di condizioni che si verificano quando il sesso cromosomiale, anatomico o gonadiale è atipico. In letteratura medica ci si riferisce all'intersessualità come a una Variazione delle Caratteristiche del Sesso (VCS), e in parole molto semplici questo avviene quando il sesso genetico di un bambino o di una bambina (i cromosomi) e quello fenotipico (i genitali esterni o interni) non corrispondono, oppure quando sono "diversi" rispetto alla definizione standard di "femminile" o "maschile".
Le persone intersessuali nascono dunque con i genitali esterni, gli organi riproduttivi interni o il sistema endocrino diversi rispetto alla media. Non c'è dunque una definizione univoca di "corpo intersex". È possibile sviluppare organi esterni intermedi tra maschio e femmina (genitali ambigui), avere cromosomi maschili ma essere immuni agli ormoni (sviluppandosi quindi come femmine), nascere senza l'organo riproduttivo interno (la vagina)…
Se in passato si tentava di "correggere" le varie condizioni chirurgicamente o medicalmente (anche quando non in presenza di situazioni invalidanti o condizioni fisiologicamente pericolose), oggi è più chiaro che non sono solo i cromosomi o i genitali a definire il genere di una persona, ed è quindi consigliato seguire l'attitudine della persona in questione. Attivisti, attiviste e professionisti parlano chiaro: sarà la persona, quando ne sarà in grado, a comunicare il proprio genere. Alla nascita sarà possibile fare una previsione, ma sarà essenziale rispettare poi la persona intersex lasciando che sia lui o lei a determinare il proprio genere, anche in base alle caratteristiche sessuali secondarie che si sviluppano con l'età. In passato non era raro assistere a operazioni chirurgiche su persone che venivano assegnate femmine alla nascita e che poi sviluppavano comportamenti maschili (con conseguenze mediche e psicologiche molto importanti).
Tra le professioniste che hanno studiato e trattato l'argomento c'è la dottoressa Anne Fausto-Sterling, che tuttavia non ha sempre avuto un ottimo rapporto con la comunità intersex. Nel 1993 scrisse infatti un articolo intitolato The Five Sexes: Why Male and Female Are Not Enough, ovvero I cinque sessi: perché maschio e femmina non sono abbastanza. In quel pezzo, la dottoressa sottolineava – con dichiarata ironia per rafforzare i propri studi – che i due generi non bastavano più e che serviva aggiungere tre sessi biologici aggiuntivi che comprendessero anche le persone intersex (merma, ferm e herm). Le persone intersessuali, tuttavia, non si riconobbero in questa definizione, che le discriminava invece di includerle ed esoticizzandole ancora di più nell'immaginario comune. In seguito, quindi, la dottoressa Fausto-Sterling ritrattò le proprie dichiarazioni, continuando comunque le sue ricerche per la comunità e scrivendo un nuovo testo ritenuto più accettabile anche dalla stessa comunità intersex.
C'è differenza tra intersessualità e identità non binarie?
Quando non si conosce bene l'argomento è facile confondersi, ma l'intersessualità è qualcosa di diverso dalla transessualità o dalle identità non binarie, e capire bene questa differenza è importante. Sia perché in questo modo quando si ha qualche dubbio riguardante se stessi è possibile farsi un'idea più precisa della propria identità; sia per supportare al meglio una persona in famiglia che ha queste caratteristiche (come un figlio o una figlia, ma non solo).
Le persone transgender o non binarie, infatti, nascono con caratteri sessuali primari o secondari ben definiti, sviluppando un'identità di genere diversa solo in seguito. L'intersessualità, invece, non è un'identità di genere (né un orientamento sessuale) e non è una caratteristica che si acquisisce fisicamente; è una condizione fisica alla nascita ed è solo uno dei tanti aspetti di una persona.
Ha anche una sua specifica bandiera, diversa da quella della visibilità transgender (che è rosa, azzurra e marrone).
Anche secondo Intersex Initiative spesso c'è troppa confusione, soprattutto quando l'intersessualità viene intesa come una sottocategoria della transessualità, dal momento che le persone intersex hanno bisogni specifici, più o meno traumatici, ma certamente peculiari e non assimilabili alle esperienze vissute dalle persone transgender.
Alcuni studi ipotizzano che Lili Elbe, la prima donna transgender a sottoporsi a un trapianto di utero e protagonista del film The Danish Girl, fosse in realtà intersessuale, dal momento che pare trovarono un accenno di ovaie durante l'operazione, ma non è documentato ed è quindi solo una voce.
Intersessuali famosi
Se in famiglia dovessero arrivare un bambino o una bambina con caratteristiche intersessuali, non c'è da farsi prendere dal panico. È giusto informarsi, è giusto avere dubbi (d'altra parte si tratta di una situazione non esattamente comune), ma è altrettanto giusto comportarsi e agire con calma e ragionevolezza. Fortunatamente viviamo in un periodo storico nel quale la comunità intersex sta cominciando a fare sentire la propria voce e nel quale le persone intersessuali sono sempre più rappresentate.
Uno dei primi ad aver dato voce e visibilità alla comunità intersex è Jeffrey Eugenides, che nel 2002 ha pubblicato il romanzo Middlesex, vincendo per questo il Premio Pulitzer per la narrativa nel 2003. Racconta la storia di Cal Stephanides, che presenta una forma rara di intersessualità (il deficit di steroido 5-alfa-reduttasi 2). Il romanzo utilizza un linguaggio oggi superato e ritenuto a tratti offensivo dalla comunità intersex, ma è comunque un primo passo per capire questa condizione. Spesso, infatti, Eugenides chiama Cal "ermafrodite", riferendosi quindi a lui con un termine arcaico e ingannevole (anche se nel romanzo è accettabile, dato che richiama le origini greche della famiglia del protagonista, e quindi la dea Afrodite).
Tra le persone famose notoriamente intersessuali c'è invece lo sciatore Erik Schinegger (nato nel 1948), discesista austriaco che vinse i campionati del mondo quando ancora viveva come Erika Schinegger. Era il 1966. In seguito, la medaglia d'oro non gli fu revocata, ma fu data anche alla sciatrice che arrivò seconda, Marielle Goitschel. Nel 1988 lui gliela volle donare, ma la donna gliela rese, in segno di rispetto reciproco.
Le battaglie degli attivisti e delle attiviste intersex riguardano prima di tutto il trattamento di questa condizione. Se in passato si tendeva a nasconderla e a trattarla preventivamente, oggi si vorrebbe che ai bambini e alle bambine intersex venisse data la possibilità di vivere appieno il loro essere, con il giusto supporto, senza negare le potenziali difficoltà date dall'essere diversi e diverse da quella che è socialmente considerata la norma. Il fine ultimo, quindi, è sensibilizzare riguardo all'esistenza delle persone intersex, cambiando i paradigmi passati verso un'inclusione e una considerazione che siano realmente rispettose.
Come supportare un bambino intersex
Appurato che è ormai superata la prassi delle operazioni chirurgiche in età infantile e dell'assegnazione di uno dei due sessi attraverso il percorso più semplice dal punto di vista anatomico (che non sempre corrisponde con il sesso cromosomico o gonadiale), la cosa migliore da fare quando arrivano in famiglia un bambino o una bambina intersex è fornire loro il miglior supporto medico e psicologico. Anche se l'intersessualità non è infatti una malattia, in alcuni casi potrebbe comunque essere necessaria una supervisione da parte di professionisti e professioniste sanitari. E il fatto di nascere con una caratteristica diversa da quella che è considerata la norma potrebbe rappresentare per il bambino o la bambina un peso o un disagio, da non sottovalutare.
Ascolto, supporto da parte dei professionisti e coinvolgimento nella comunità intersex: ecco i passi più semplici da cui partire, tenendo sempre a mente che ogni condizione di intersessualità è diversa da un'altra e, soprattutto, che ogni persona è unica.