Il bi-test è un esame diagnostico che si effettua nelle prime settimane di gravidanza per indagare l'eventuale presenza di anomalie cromosomiche come la trisomia 21 (Sindrome di Down) o la trisomia 18 (Sindrome di Edwards) nel feto. Viene chiamato anche test combinato perché viene composto da un esame del sangue i cui risultati vengono letti in relazione alla translucenza nucale effettuata tramite una semplice ecografia.
Trattandosi di un test di screening, il Bi-test non è considerato invasivo e per le pazienti prevede un semplice prelievo ematico dal quale vengono poi osservati due sostanze in particolare: la free beta-hCG e la PAPP-A .
L'esame però serve solo per elaborare una stima di rischio per il feto e non per individuare con certezza la presenza di una specifica sindrome cromosomica. Ciò significa che in caso di risultato positivo è necessario incrociare i dati ottenuti con le informazioni relative allo stato della gravidanza (età della madre, epoca gestionale, lunghezza e peso del feto ecc..) per poi sottoporsi eventualmente ad esami invasivi quali l'amniocentesi o la villocentesi.
Cos'è e come si fa il bi-test
Il test combinato prevede dunque due fasi: un prelievo di sangue materno e un'ecografia per la misurazione della translucenza nucale.
L'esame del sangue non richiede una particolari preparazione da parte delle pazienti e viene effettuato con l'inserimento di un piccolo ago nella vena della donna. Il campione ottenuto viene poi inviato ad un laboratorio analisi per rilevare la presenza di free beta-hCG (frazione libera della gonadotropina corionica umana) e PAPP-A (proteina A plasmatica associata alla gravidanza), ormoni e proteine specifici della gravidanza che sono considerati ottimi indicatori per calcolare il rischio di un'anomalia cromosomica.
Un prelievo ematico è considerata una praticata non dolorosa, al netto del disagio di chi ha sviluppato una fobia nei confronti degli aghi.
La seconda parte dello screening riguarda invece un'ecografia dove, oltre a constatare il generale stato di salute del feto, viene effettuata la già citata translucenza nucale, un altro test non invasivo che va a misurare la quantità di liquido interstiziale nucale attraverso lo spessore di una striscia osservabile dietro la nuca del piccolo.
Uno spessore maggiore è associato ad una probabilità più alta che vi possano essere problemi dal punto di vista cromosomico.
Per chi è consigliato il bi-test?
L'esame è consigliato per qualunque donna voglia conoscere la possibilità che il proprio feto abbia sviluppato alterazioni cromosomiche. Rimane però particolarmente indicato per le mamme sopra i 35 anni d'età, poiché la statistica ci dice che dopo questa soglia le percentuali di rischio iniziano ad incrementarsi.
Cosa rileva il bi-test?
Come già anticipato il Bi-test non è un esame diagnostico, ma indica solo la probabilità che un feto possa presentare anomalie come:
- Trisomia 21 (Sindrome di Down)
- Trisomia 18 (Sindrome di Edwards)
- Trisomia 13 (Sindrome di Patau)
Quando fare il bi-test
Normalmente le donne che si sottopongono al test combinato lo fanno tra l'undicesima e la 14esima settimana di gravidanza.
Quali sono i valori normali del bi-test?
Il "verdetto" dei due esami è unico e viene espresso attraverso una scala di probabilità (es: 1:350, ossia una possibilità su 350). Se il bi-test risulta negativo, i due esami hanno stabilito una bassa probabilità che il bambino sia affetto da sindromi cromosomiche, mentre un bi-test positivo evidenzia buone possibilità (ma non la certezza assoluto) che il feto presenti anomalie.
I parametri da considerare per l'esito del bi-test sono differenti in base alla settimana di gestazione durante la quale vengono effettuate le rilevazioni e l'età della madre, dunque è necessario che sia una figura professionale a leggere i dati per comunicare il responso alle pazienti.
Per fornire un riferimento, un valore definibile come "normale" per una donna di 35 anni si aggira tra 1:250 e 1:385. Oltre questo tetto il bi-test è da considerarsi positivo (ad alto rischio) ed è bene approfondire la questione.
Rischi e attendibilità dei risultati
Non essendo invasivo, il test non è pericoloso per madri e bambini, anche se potrebbe evidenziare grosse problematiche per la vita futura del piccolo.
L'esame presenta un'attendibilità del 85-90%. Circa il 5% incorre invece in un risultato che viene chiamato "falso positivo", vale a dire che indica la presenza di una sindrome cromosomica quando, invece, la sindrome non è presente. Per una maggiore accuratezza è necessario per forza sottoporsi a test invasivi quali amniocentesi o villocentesi per una diagnosi definitiva.
Il commento dell'ostetrico
«La diagnosi non invasiva come il bi-test è sempre consigliata in gravidanza perché non sottopone ad alcun rischio mamma e bambino» spiega a Wamily l'ostetrico Riccardo Federle.
«Bisogna però ricordarsi che il risultato che ne deriva è una probabilità, un concetto non sempre facile da capire per la popolazione: l'analisi dei fattori presi in esame può cioè evidenziare un aumento della possibilità che si verifichi il problema ma non ci dà alcun tipo di certezza sul problema in sé. La diagnosi effettiva, infatti, può essere fatta solo tramite procedure invasive».