Entrando dall'ingresso del liceo scientifico Bottoni di Milano, si respira aria di novità. Saranno le porte automatiche munite di fotocellula, o forse la recente decisione di togliere le pagelle di fine quadrimestre, ma qui sembra proprio che l'educazione dei ragazzi, al contrario di quanto spesso si dice dell'istituzione scuola, prosegua al passo con i tempi che cambiano.
C'è un cartello appeso in cima alle scale che scende giù fino al piano terra con un enorme "Basta" scritto al centro e tante mani rosse attorno, dipinto per manifestare la rabbia degli studenti davanti a fenomeni come la violenza di genere.
Salendo, al primo piano, tra ragazzi che si spostano da una classe all'altra al cambio dell'ora e docenti che cercano l'aula in cui devono fare lezione, si trova l'ufficio più temuto dagli alunni, di fronte al quale, inevitabilmente, ci tremano ancora un po' le gambe. Una scritta recita "Presidenza" e lì, seduta alla sua scrivania, si trova la preside del liceo Bottoni, Giovanna Mezzatesta, nota ai più per aver scritto una bellissima lettera indirizzata agli alunni bocciati, o come li definisce lei "momentaneamente fermati" dell'istituto.
Come tutti i dirigenti scolastici, anche attorno a lei vi è un' aura di austerità, ma basta ascoltare i suoi racconti giovanili per capire che in lei arde il desiderio di formare più che alunni eccellenti, cittadini in grado di battersi per i propri ideali e contro le ingiustizie.
«Sono stata una studentessa modello nei risultati, non certo nel comportamento, lo dico spesso ai miei alunni, ma erano anni diversi» spiega la docente, raccontando divertita di quanto gli alunni di oggi siano in grado di manifestare molto più pacificamente di un tempo.
L'abbiamo intervistata in occasione della giornata internazionale dell'educazione, cercando di capire, come e se corpo docenti e attività didattiche riescono a far fronte alle richieste degli studenti di oggi, definiti spesso "troppo fragili" o "fannulloni". I suoi alunni, secondo lei, sono ben altro, forse spaventati dal futuro (come tutti sono a vent'anni) e coccolati da genitori che cercano di giostrarsi tra lavori alienanti e il ruolo più difficile del mondo, ma in grado di cogliere nell'inclusione un'opportunità per arricchirsi, nelle manifestazioni non violente la possibilità di ottenere i propri diritti, nello studio la preparazione per il mondo che li attende e nella ribellione un'opportunità per crescere.
Cosa significa essere preside di un liceo?
Essere preside, termine che preferisco rispetto all'ormai più in voga "dirigente scolastico", ha un significato che si trova già insito nella parola. Preside è che deve "presiedere" una scuola, ma anche chi deve "presidiare" attraverso la scuola il territorio, soprattutto in alcuni quartieri in cui la scuola rimane l'unico presidio di legalità, di antimafia e difesa della Costituzione.
Cosa significa educare?
Educare significa condurre. Si educa tirando fuori il meglio che si può ottenere dai ragazzi.
Il termine educare viene solitamente contrapposto a "istruire", ma io penso che nella scuola i due termini non debbano essere contrapposti. Il compito di una scuola penso che sia quello di educare, ossia crescere dei cittadini, e istruire, dando cioè delle istruzioni agli studenti, perché imparino a fare un mestiere, per esempio.
Come stanno gli studenti di oggi?
Io sulla salute degli studenti di oggi ho il dubbio che talvolta si esageri. Sembra che i ragazzi di oggi siano totalmente diversi dagli studenti del passato. Qualcuno più famoso di me, però, diceva «Avevo vent'anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita».
Non ditemi che la più bella età sono i vent'anni, è la peggiore età che si possa avere. A vent'anni nessuno sta bene, perché è convinto che dovrebbe essere altro il modo di vivere, poi ci si adatta.
Questo succede anche agli studenti di oggi, dopo di che sicuramente non si può non considerare il fatto che i ragazzi che oggi sono in quinta ma hanno vissuto gli anni del lockdown. L'isolamento per i ragazzi non è stato doloroso tanto quando tutto il mondo era fermo e chiuso, quanto più quando tutto riapriva, comprese le sale bingo ma le scuole continuavano a rimanere chiuse. Lì i ragazzi si sono sentiti abbandonati, perché come ha detto qualcuno con poca intelligenza politica, nonostante facesse il politico, i ragazzi non producevano PIL, dunque non era necessario riaprire le scuole.
Quali 3 caratteristiche non possono mancare in un bravo insegnante?
Sicuramente un bravo insegnante deve essere preparato, deve essere predisposto all'ascolto, molto più che a saper fare lezione, qualcuno dice che ci vuole anche dell'empatia e se ci fosse anche questo terzo elemento avremmo davanti l'insegnante perfetto.
Poi ci sono mille elementi, uno sostituisce l'altro, magari un insegnante meno empatico riesce a supplire questa mancanza con la sua preparazione, o viceversa un insegnante meno preparato riesce con empatia, capacità di collaborazione con il corpo docenti e con gli alunni e umiltà, ad essere un ottimo insegnante. Penso che l'umiltà in questo lavoro sia necessaria, il docente deve prendere dagli altri ciò che gli manca e dare ciò che solo lui ha.
Lei la scorsa estate ha scritto una lettera agli alunni bocciati. Perché lo ha fatto?
La lettera agli alunni bocciati è nata proprio da un colloquio che si è svolto da me, nell'ufficio presidenza, con una ragazza di seconda liceo, che inizialmente non comprendeva il motivo della bocciatura.
La prima cosa che mi ha detto è stata:«Io in ogni caso cambio scuola, perché se rimango in questo istituto tutti mi diranno che sono una perdente». Ci tengo a dire che adesso la ragazza è iscritta sempre in seconda nel nostro liceo. Lei, come molti altri ragazzi, ha manifestato l'idea che la bocciatura fosse una punizione da parte degli insegnanti. Noi in realtà facciamo degli scrutini lunghissimi per decidere del futuro dei ragazzi, e preferiamo usare il termine "fermare", al posto di "bocciare" che da più l'idea dell'escludere. Con la lettera ci ho tenuto a spiegare questo ai ragazzi.
Qualche giorno fa il Presidente Mattarella, invitato all'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università del Piemonte Orientale, ha dichiarato che educare significa emozionare gli studenti. Cosa ne pensa?
Quello che dice Mattarella è in parte vero, nel senso che educare significa anche emozionare gli studenti, ma non solo. Nel senso che se un docente racconta i suoi problemi personali a ragazzi, loro possono emozionarsi condividendo il suo dolore, ma non è questo l'insegnamento.
Emozionare secondo me è da intendere come empatizzare, dunque mettersi in relazione con gli studenti in modo tale da lasciare davvero qualcosa a loro.
Il liceo Bottoni ha tolto le pagelle valutative di metà anno. Come mai?
Le pagelle valutative di metà anno sono state tolte dal nostro collegio docenti con larghissima maggioranza, in Italia oggi si contano circa 56 scuole che hanno preso questa decisione e il nostro liceo non è stato il primo.
A spingerci a questa decisione sono stati una serie di motivi. I giornali hanno detto che questa misura è una carezza per gli studenti che così spingiamo a studiare di meno, non è vero.
Gli studenti ora studiano anche di più, perché devono farlo ininterrottamente per tutto l'anno, non hanno la pausa che chiude un quadrimestre, aprendo quello successivo.
Ci siamo resi conto che in una scuola già molto cadenzata, questa frattura del quadrimestre, invece di aiutare creava uno stress in più per studenti e insegnanti.
Nel periodo in cui ci sarebbero dovuti essere gli scrutini, facciamo i consigli di classe, durante i quali non si fa la media matematica dei voti ottenuti, cercando di capire se da o meno la sufficienza a un ragazzo, ma si analizzano i suoi progressi.
Questa misura nasce dal tentativo di smontare l'idea di una scuola in grado di produrre solamente verifiche e voti.
Lei pensa che la scuola di oggi metta troppa pressione ai ragazzi?
Io penso che la società di oggi metta troppa pressione ai ragazzi, non tanto la scuola. Anzi a scuola spesso, se i ragazzi sentono questa pressione è perché gliela mettono le famiglie, gli amici, un sistema molto social, che ormai è più fatto di apparenza che di sostanza.
I ragazzi sentono la pressione perché l'idea del successo per loro è il risultato che riescono ad ottenere, non il processo, che invece è nettamente più importante.
Quali sono le materie che ancora mancano alla scuola, perché prepari gli adulti del domani?
Non credo che ci siano delle materie che mancano forse ci sono delle abilità, competenze e conoscenze che non si riescono ad acquisire o perché considerate desuete o perché non rientrano ancora nel patrimonio di un ragazzo.
Anche l'idea di inserire sempre nuove ore di "educazione a.." è giustissima, ma tutte queste educazioni fanno parte di un'educazione trasversale che dovrebbe essere già l'educazione che impartisce la scuola.
Anche educazione civica, come materia a sé fa un po' sorridere, perché fa parte di un'educazione trasversale che dovrebbe insegnare sia il docente di matematica, che quello di inglese che di latino.
Se educazione sentimentale significa fermarsi a parlare di temi che stanno a cuore ai ragazzi, è qualcosa che a scuola si è sempre fatto, nell'ora di religione o di educazione alternativa. Se deve essere strutturato, deve farlo trasversalmente tra le materie.
Lei che studentessa è stata?
Sono stata una studentessa strana (ride). Ogni tanto lo racconto ai miei studenti, non sempre sono stata una studentessa modello. Non nel rendimento, studiavo e mi impegnavo, ottenendo sempre voti brillanti, ma nel carattere o meglio nella condotta no.
Spesso a fine primo quadrimestre avevo un bel 7 in condotta che si alzava nel secondo quadrimestre, ma mai sopra l'8.
Sono stata una studentessa degli anni 70, era un periodo di grandi movimenti giovanili. Una volta i miei studenti sono entrati in presidenza e dicendomi: «Preside abbiamo pensato di fare un picchetto» ed io ho sentito il sangue gelare, perché ho ricordato i miei tempi, ciò che facevamo quando dicevamo "picchetto", poi si sono spiegati meglio, la loro idea era quella di appendere uno striscione all'ingresso, e mi sono sentita subito sollevata.
Come è cambiata la scuola da quando era lei studentessa ad adesso che è preside?
Per certi versi è cambiata troppo poco, per altri è cambiata un po' male, forse una serie di tensioni ideali non solo quando io ero studentessa, ma anche quando io ero insegnante, forse c'erano un po' di più. Io continuo a dire, so che è una visione molto parziale, che la cesura in Italia è stata Genova 2001. Trascorso quel momento è cambiato il mondo in Italia e per questo c'è un modo diverso anche di fare scuola da parte degli insegnanti, che sembrano sentirsi meno coinvolti e fanno solo il loro pezzettino, per portare avanti il minimo indispensabile.
Lo storico Galli Della Loggia ha recentemente parlato di quello che lui definisce "il mito dell'inclusione", che in realtà risulta un peso per gli studenti. Lei cosa ne pensa?
Io chiederei al signor Galli Della Loggia di fare il suo mestiere. Noto che c'è questo tentativo da parte di tanti di parlare di scuola, in Italia ci si occupa di calcio e di scuola, ma se una volta se ne parlava nei bar, oggi se ne parla sui giornali o sui social. Galli della Loggia non sa cosa sia l'inclusione a scuola probabilmente.
Lui ha parlato dell' "insegnante di sostegno personale", che non esiste. Una delle riforme più importanti della scuola italiana è stata l'istituzione del sostegno alla classe, non al singolo ragazzo. A questo aggiungiamo un'idea dell'eccellenza e del merito che nasce dalla competizione, io penso non sia questo il ruolo della scuola.
Il merito non nasce dall' "io sono più bravo di te" ma nasce dal "io ho delle conoscenze, competenze e abilità che mi permettono di essere un cittadino migliore, grazie al fatto che mi sono arricchito confrontandomi anche con alunni diversamente abili".
Da noi ne abbiamo 11, la prima che è arrivata adesso è in quinta. È una ragazzina con tanti problemi ma ricordo che i suoi compagni hanno sempre definito la loro classe una classe speciale, grazie a lei. La diversità è un problema per Galli Della Loggia, qui a scuola è arricchente. Don Milani diceva che la scuola non può essere un ospedale che cura i sani e respinge i malati, ed è così.
Perché è importante festeggiare la giornata dell'educazione?
Secondo me non è importante festeggiare la giornata dell'educazione, è importante che tutto l'anno si pensi all'educazione dei ragazzi.
È un po' lo stesso discorso che si fa l'8 marzo, non è importante quella dara quanto più che tutto l'anno sia la giornata dell'educazione.
Si parla sempre molto dello psicologo nella scuola. È una figura importante?
Se si trova una giusta risorsa sì.
Si parla sempre degli adolescenti come troppo fragili o svogliati. Lei che li vive tutti i giorni, come pensa che siano gli studenti di oggi?
Ci sono studenti attivi e studenti meno attivi, mi rendo conto però che spesso il problema degli adolescenti sono i genitori, che fanno il lavoro più difficile del mondo e credo cerchino di sublimare il fatto di non essere abbastanza presenti, dal momento che lavorano entrambi, con una sorta di accondiscendenza e cercando sempre di coccolare i figli anche laddove i ragazzi dovrebbero cavarsela da soli. Questo può renderli più fragili, ma anche più ribelli. Io li vedo gli adolescenti di oggi, per fortuna sanno ancora scocciarsi e lottare per sbrigare le loro faccende da soli.