Demansionare una donna al rientro dal periodo di maternità è illegittimo e rappresenta una forma discriminatoria. È stata questa la decisione del Tribunale di Milano che nella giornata di ieri ha confermato la condanna pronunciato lo scorso 24 luglio nei confronti del gruppo editoriale del Sole 24 ore per aver affidato ad una propria dipendente compiti e incarichi inferiori al suo ruolo dopo che questa era rientrata dal periodo di maternità previsto dalla legge.
Il magistrato competente Maria Beatrice Gigli ha infatti respinto il ricorso del Gruppo 24 Ore, ratificando l'obbligo a riassegnare alla lavoratrice le mansioni precedentemente svolte e a risarcirla per il danno all'immagine e alla sua professionalità.
La vicenda era cominciata nel 2021, quando la giornalista Lara Ricci era rientrata dall'assenza per maternità.
Vice-caposervizi del supplemento culturale Domenica, Ricci faceva parte della redazione da oltre vent'anni, era curatrice di una rubrica settimanale e gestiva i rapporti con circa 60 collaboratori.
Eppure, dopo la parentesi del congedo parentale, la giornalista si è resa conto di non aver più alcun ruolo, vedendosi affidare solamente articoli da correggere o impaginare e trovandosi esclusa perfino dalla mailing-list interna.
Un lavoro "da stagista", come lo ha definito la stessa Ricci, e per nulla coerente con la sua qualifica e l'esperienza professionale accumulata in oltre 25 anni di carriera. Il tutto, per la sola colpa di essere diventata madre.
La giornalista ha così deciso di adire per vie legali contro il quotidiano di proprietà di Confindustria, il quale si era difeso dalle accuse opponendo una riorganizzazione interna del lavoro che però – come riscontrato dagli stessi giudici – aveva riguardato solo Lara Ricci.
«La sentenza conferma che demansionare al rientro della maternità significa discriminare – ha dichiarato l'avvocato della parte lesa, Margherita Covi, a margine dell'udienza che ha messo fine alla querelle giudiziaria – la strada per la parità uomo-donna è però ancora lunga».