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13 Settembre 2023
18:00

Dispersione scolastica, poche risorse e divario Nord-Sud: il rapporto Ocse mostra i punti deboli della scuola italiana

Il documento Ocse Education at a Glance 2023 ha indagato i sistemi educativi di 20 Paesi nel mondo e il Belpaese non sembra passarsela benissimo. Tra i principali problemi riscontrati un numero troppo elevato di ragazzi che non arrivano al diploma e un sistema scolastico ancora troppo arretrato.

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Dispersione scolastica, poche risorse e divario Nord-Sud: il rapporto Ocse mostra i punti deboli della scuola italiana
problemi della scuola

In Italia abbiamo un grosso problema con il sistema scolastico. È questo ciò che, senza mezzi termini, emerge dall'ultimo rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) che ha messo sotto la lente d'ingrandimento i sistemi educativi di venti Paesi nel mondo.

Stando ai dati riportati dall'Education at a Glance 2023 infatti, il nostro Paese continua ad avere un numero troppo elevato di ragazzi e ragazzi che non riescono a completare il proprio ciclo di studi, un dato che assume tinte ancora più fosche se inserito in un contesto socio-economico quello italiano, dove anche un laureato impiega in media uno o due anni prima di riuscire a trovare un'occupazione (spesso sottopagata e non rispondente alle effettive qualifiche del giovane).

Pochi diplomati e divario Nord-Sud

L'aspetto più clamoroso evidenziato dal documento riguarda senz'altro il 22% di studenti che non riesce ad ottenere il diploma. Una percentuale decisamente alta, soprattutto se confrontata con la media degli altri Paesi Ocse, dove la quota si ferma al 14% .

«L'Italia rimane spaccata in due – ha commentato il Ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara a margine della pubblicazione del report – un fatto moralmente inaccettabile, tanto che abbiamo varato Agenda Sud che coinvolge duemila scuole in particolare primarie, con una sperimentazione su 10 punti»».

La dispersione scolastica sottrae risorse alla società e rischia di negare il futuro a migliaia di ragazzi

In effetti quello della dispersione scolastica è ormai diventato un problema che, anno dopo anno, sembra assumere sempre di più o contorni di un'emergenza diffusa, anche perché i ragazzi e le ragazze che abbandonano le lezioni prima del tempo spesso e volentieri non riescono a trovare accesso al mondo del lavoro.

Scorrendo i dati Eurostat del 2022 riguardanti il fenomeno dei NEET (Neither in Employment nor in Education and Training) ad esempio, emerge che ben 1,6 milioni di italiani tra i 15 e i 29 anni non lavorano, non studiano, né sono inclusi in programmi di formazione professionale.

Ciò significa che nella fascia più giovane del Paese, circa un ragazzo su cinque rinuncia a cercare una collocazione attiva all'interno della società, esponendosi ragionevolmente a contesti di disagio, emarginazione o criminalità.

Tale scenario interessa soprattutto il Mezzogiorno e le regioni dove l'impianto scolastico nazionale appare più fragile. Da qui l'iniziativa citata dal Ministro, quell'Agenda Sud lanciata a Catanzaro lo scorso giugno che vuole investire oltre 265 milioni di euro per combattere l'abbandono della scuola attraverso il potenziamento del tempo pieno, nuove attività oltre l'orario delle lezioni e l'introduzione di nuove metodologie didattiche.

Le falle del sistema

La dispersione scolastica però non è l'unica nota stonata rilevata dall'Ocse. Il documento evidenzia infatti anche un'insufficiente investimento da parte dello Stato nel mondo-scuola e un percorso di studi che molto spesso risulta accidentato anche per chi riesce a tenere duro fino al diploma.

Negli istituti tecnici e professionali infatti, è solamente poco più della metà degli studenti – circa il 55% – ad arrivare alla Maturità senza perdere almeno un anno e di questi solo il 70% arriva a tagliare il traguardo.

Nei licei invece l'asticella si alza al 79% per quanto riguarda il cammino immacolato, non sporcato da una bocciatura, e al 90% per ciò che concerne il numero di allievi che riescono a diplomarsi.

Tutto ciò naturalmente comporta un riverbero anche sul numero dei laureati che in Italia raggiunge appena il 14% (la media Ocse è del 22%).

Insomma, il Belpaese non sembra avere la scuola tra i propri fiori all'occhiello ma ciò non dovrebbe stupirci più di tanto: l'Italia dopotutto spende circa il 4,2% del proprio PIL per finanziare scuole e università, uno sforzo che però si attesta sotto la media Ocse di 5,1% e che soprattutto per medie e superiori rende il nostro comparto scolastico uno dei più "malmessi" tra i Paesi sviluppati: spendiamo meno di un quarto della Francia e i nostri insegnanti sono tra i meno pagati (e più anziani) del Vecchio Continente.

Certo, l'iniezione di risorse fornito dal PNRR potrebbe rappresentare un'importante boccata d'aria ma tra ritardi e bocciature della UE (come quella dovuta alla gestione degli asili) il quadro continua ad apparire piuttosto incerto.

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Niccolò De Rosa
Redattore
Dagli studi umanistici all'esperienza editoriale, sempre con una penna in mano e quel pizzico d'ironia che aiuta a colorare la vita. In attesa di diventare grande, scrivo di piccoli e famiglia, convinto che solo partendo da ciò che saremo in grado di seminare potremo coltivare un mondo migliore per tutti.
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