In Italia abbiamo un grosso problema con il sistema scolastico. È questo ciò che, senza mezzi termini, emerge dall'ultimo rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) che ha messo sotto la lente d'ingrandimento i sistemi educativi di venti Paesi nel mondo.
Stando ai dati riportati dall'Education at a Glance 2023 infatti, il nostro Paese continua ad avere un numero troppo elevato di ragazzi e ragazzi che non riescono a completare il proprio ciclo di studi, un dato che assume tinte ancora più fosche se inserito in un contesto socio-economico quello italiano, dove anche un laureato impiega in media uno o due anni prima di riuscire a trovare un'occupazione (spesso sottopagata e non rispondente alle effettive qualifiche del giovane).
Pochi diplomati e divario Nord-Sud
L'aspetto più clamoroso evidenziato dal documento riguarda senz'altro il 22% di studenti che non riesce ad ottenere il diploma. Una percentuale decisamente alta, soprattutto se confrontata con la media degli altri Paesi Ocse, dove la quota si ferma al 14% .
«L'Italia rimane spaccata in due – ha commentato il Ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara a margine della pubblicazione del report – un fatto moralmente inaccettabile, tanto che abbiamo varato Agenda Sud che coinvolge duemila scuole in particolare primarie, con una sperimentazione su 10 punti»».
In effetti quello della dispersione scolastica è ormai diventato un problema che, anno dopo anno, sembra assumere sempre di più o contorni di un'emergenza diffusa, anche perché i ragazzi e le ragazze che abbandonano le lezioni prima del tempo spesso e volentieri non riescono a trovare accesso al mondo del lavoro.
Scorrendo i dati Eurostat del 2022 riguardanti il fenomeno dei NEET (Neither in Employment nor in Education and Training) ad esempio, emerge che ben 1,6 milioni di italiani tra i 15 e i 29 anni non lavorano, non studiano, né sono inclusi in programmi di formazione professionale.
Ciò significa che nella fascia più giovane del Paese, circa un ragazzo su cinque rinuncia a cercare una collocazione attiva all'interno della società, esponendosi ragionevolmente a contesti di disagio, emarginazione o criminalità.
Tale scenario interessa soprattutto il Mezzogiorno e le regioni dove l'impianto scolastico nazionale appare più fragile. Da qui l'iniziativa citata dal Ministro, quell'Agenda Sud lanciata a Catanzaro lo scorso giugno che vuole investire oltre 265 milioni di euro per combattere l'abbandono della scuola attraverso il potenziamento del tempo pieno, nuove attività oltre l'orario delle lezioni e l'introduzione di nuove metodologie didattiche.
Le falle del sistema
La dispersione scolastica però non è l'unica nota stonata rilevata dall'Ocse. Il documento evidenzia infatti anche un'insufficiente investimento da parte dello Stato nel mondo-scuola e un percorso di studi che molto spesso risulta accidentato anche per chi riesce a tenere duro fino al diploma.
Negli istituti tecnici e professionali infatti, è solamente poco più della metà degli studenti – circa il 55% – ad arrivare alla Maturità senza perdere almeno un anno e di questi solo il 70% arriva a tagliare il traguardo.
Nei licei invece l'asticella si alza al 79% per quanto riguarda il cammino immacolato, non sporcato da una bocciatura, e al 90% per ciò che concerne il numero di allievi che riescono a diplomarsi.
Tutto ciò naturalmente comporta un riverbero anche sul numero dei laureati che in Italia raggiunge appena il 14% (la media Ocse è del 22%).
Insomma, il Belpaese non sembra avere la scuola tra i propri fiori all'occhiello ma ciò non dovrebbe stupirci più di tanto: l'Italia dopotutto spende circa il 4,2% del proprio PIL per finanziare scuole e università, uno sforzo che però si attesta sotto la media Ocse di 5,1% e che soprattutto per medie e superiori rende il nostro comparto scolastico uno dei più "malmessi" tra i Paesi sviluppati: spendiamo meno di un quarto della Francia e i nostri insegnanti sono tra i meno pagati (e più anziani) del Vecchio Continente.
Certo, l'iniezione di risorse fornito dal PNRR potrebbe rappresentare un'importante boccata d'aria ma tra ritardi e bocciature della UE (come quella dovuta alla gestione degli asili) il quadro continua ad apparire piuttosto incerto.