Quando si parla di Procreazione Medicalmente Assistita, la mente corre subito a ovuli, transfer embrionari e terapie che però, nella stragrande maggioranza dei casi, si associano esclusivamente all’immagine stereotipata di una donna in difficoltà che non riesce a diventare madre. Eppure, in materia d’infertilità, la controparte maschile contribuisce alla casistica tanto quanto quella femminile e quando le difficoltà riproduttive sono tali da dover ricorrere ad una fecondazione eterologa – dove si utilizzano spermatozoi o ovuli provenienti da donatori esterni alla coppia – talvolta sono proprio i gameti maschili a dover essere “sostituiti” per la buona riuscita della pratica.
Naturalmente tale soluzione richiede che vi siano effettivamente dei gameti a disposizione, ma quanti italiani sono a conoscenza della possibilità di donare il proprio sperma? Quanti sanno che sottoporsi a questo tipo di donazione può offrire ampi vantaggi anche dal punto di vista della prevenzione del donatore? Pochi, purtroppo, e la mancanza di comunicazione e campagne di sensibilizzazione sul tema non può che contribuire a lasciare le cose come stanno.
Perché non si parla mai di donazione dei gameti maschili?
La questione è decisamente spinosa e affonda le radici nella diffidenza latente che il nostro Paese nutre ancora oggi nei confronti di tutto ciò che riguarda la PMA, da molti vista ancora come una strada artificiosa e disumanizzante per fabbricare bambini in laboratorio. Basti pensare che dall’approvazione della Legge 40/04 che nel 2004 regolamentò la procreazione assistita in Italia, solo nel 2014 la Corte Costituzionale si pronunciò per cancellare la clausola che vietava la fecondazione con gameti donati (sentenza n. 162/2014) e aveva costretto per un decennio migliaia di italiani a rivolgersi a costose cliniche estere.
A ciò va poi aggiunta una narrazione ancora molto – forse troppo – concentrata sulla figura femminile, considerata l’attrice principale ed esclusiva di tutto ciò che riguarda il concepimento, la gravidanza e la nascita di una nuova vita, relegando l’uomo al ruolo di comparsa o, al massimo, di supporto. Risultato di questa tendenza è il fatto è che se da un lato la donazione o il congelamento di ovuli femminili non solo appaiono ormai pratiche sdoganate, ma anzi vengono lette come segnali di una nuova emancipazione che consente alle donne di esercitare un pieno controllo del proprio corpo, la possibilità di recarsi negli appositi centri di raccolta e donare il proprio sperma non viene quasi mai battuta da media o comunicazioni di ampio respiro.
Non trascurabili infine le innegabili difficoltà pratiche per la raccolta del seme, non semplici come un prelievo del sangue, e un certo pregiudizio che accompagna tale atto: già la masturbazione può sembrare tabù, figuriamoci quella esercitata dentro ad un asettico ambiente medico!
Dunque si comprende bene come un uomo in salute, se non adeguatamente motivato da ragioni mediche o solidali, difficilmente si sentirà stimolato a intraprendere un percorso come quello della donazione dei gameti.
Perché un uomo dovrebbe donare il proprio sperma?
I motivi per cui un maschio adulto potrebbe decidere di donare il proprio seme sono principalmente due.
Il primo, naturalmente, riguarda l’opportunità di offrire una speranza a chi desidera diventare genitore, ma si trova di fronte ad un ostacolo biologico (come l’azoospermia o l’oligospermia, assenza o bassa concentrazione di spermatozoi) che gli impedisce di realizzare il proprio sogno.
Il secondo, forse un po’ meno nobile ma altrettanto valido, è che i donatori vengono sottoposti ad una serie di controlli che non solo vanno a certificare la fertilità o meno del soggetto, ma anche il suo complessivo stato di salute.
Gli esami in questione prevedono:
- Analisi del sangue
- Analisi dello sperma
- Ricerca di eventuali patologie sessualmente trasmissibili (come l’HIV o la gonorrea)
- Ricerca di eventuali patologie genetiche ed ereditarie
- Test psicologici
Insomma, un bel check-up utile anche al donatore per capire se e quanto si sia fertile e fare un po’ di prevenzione andrologica, che non guasta mai, anche perché gli uomini sono mediamente meno attenti delle donne in fatto di controlli periodici e visite specialistiche
Vi è poi una terza ragione, che però non rientra più nel caso della semplice donazione. Congelare il proprio liquido seminale permette di avere un “piano di riserva” per tutelarsi nel caso in cui in futuro si volesse provare ad avere un figlio anche in presenza di ridotte facoltà riproduttive, le quali possono compromettersi nel tempo o a causa di patologie e operazioni o incidenti invalidanti.
Come donare i gameti maschili?
Una volta maturata la decisione, il donatore deve rivolgersi ad un centro di PMA o una banca del seme e dimostrare di avere i requisiti necessari:
- Età compresa tra i 18 e 50 anni
- Ottima salute fisica
- Ottima salute mentale
- Buona qualità seminale secondo i criteri stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
Questi parametri verranno controllati attraverso gli esami che abbiamo già elencato. Inoltre un campione di seme viene congelato e poi scongelato per testarne la resistenza alle condizioni della crioconservazione. La donazione è ovviamente gratuita e garantisce l’anonimato di chi vi si presta, anche perché sono vietate le donazioni tra parenti o conoscenti.
Ora che ne sapete un po’ di più, perché non farci un pensierino?