Negli ultimi decenni il ruolo dei padri in famiglia ad interessato ad un processo di profondo cambiamento. Se infatti fino a qualche tempo fa la cura dei figli e gli impegni relativi al ménage domestico risultavano ad appannaggio esclusivo della madri, ora molti papà rivendicano una posizione ben più centrale e attiva nella crescita (e della cura) dei propri figli.
Come spesso accade, però la nostra società non sembra ancora sufficientemente attrezzata per supportare una simile inversione di rotta e uno degli esempi più lampanti che testimoniano questo ritardo riguarda quello che forse è il principale strumento con cui si potrebbe promuovere un coinvolgimento paterno sempre più attivo: il congedo di paternità, uno strumento sociale non solo utile, ma necessario.
Come funziona congedo di paternità?
Ora come ora infatti , il congedo di paternità – che, lo ricordiamo, è diverso dal congedo parentale – viene previsto dall'ordinamento italiano come un'astensione obbligatoria dalle mansioni lavorative che per 10 giorni permette ai genitori di rimanere vicini ai propri bambini appena nati.
Questo congedo, disciplinato dall’articolo 27-bis del decreto legislativo 151/2001, è totalmente retribuito e deve essere goduto dal neo-papà nell’arco temporale che va dai due mesi precedenti la data presunta del parto fino ai cinque mesi successivi alla nascita o dall’ingresso in famiglia, in caso di adozioni o affidamenti.
Ma siamo davvero sicuri che 10 giorni bastino a rafforzare il legame con i propri figli e ad evitare che tutto il carico di cura finisca a gravare sulle spalle delle madri, che invece godono di un periodo d'astensione lavorativa di cinque mesi complessivi?
Congedo davvero obbligatorio?
Il congedo di paternità odierno è considerato da molti lacunosi sotto diversi punti di vista.
Il primo dubbio viene sollevato dall'effettiva attuazione dell'obbligo di rimanere a casa con la famiglia. Per i neo-papà italiani infatti è pratica diffusa godere soltanto una parte dei 10 giorni previsti dal congedo, spinti da incombenze lavorative o pressioni da parte dei propri datori di lavoro.
L'obbligatorietà della misura, invece, svolge un ruolo chiave nella promozione dell'uguaglianza di genere, in quanto aiuta a non vedere la maternità come un'onere esclusivo delle donne, ma piuttosto come una responsabilità condivisa all'interno della coppia. Imporre ad un papà di stare con la sua partner ed il proprio figlio riconosce e valorizza il ruolo paterno, creando una base solida per le relazioni familiari future e contribuendo a spezzare i dannosi stereotipi che vorrebbero gli uomini come "naturalmente" meno adatti alla cura dei bambini.
Per un pugno di giorni…
L'altro grosso punto dolente riguarda poi la durata del congedo di paternità.
Qualora infatti tutti i padri decidessero di rispettare l'obbligo di astenersi dalle mansioni lavorative, l'attuale periodo di 10 giorni appare decisamente troppo risicato.
Certo, qualcuno potrebbe obiettare che qualora si volesse prolungare la propria permanenza a casa un padre potrebbe ricorrere al congedo parentale – 10 o 11 mesi complessivi "spalmabili" su entrambi i genitori – ma ciò implicherebbe un notevole impatto dal punto di vista economico.
A parte il primo mese retribuito all'80% della busta paga, infatti, tutti gli altri mesi del congedo parentale vengono infatti indennizzati solamente al 30% e non tutte le famiglie possono privarsi di una decurtazione così sostanziosa delle entrate mensili, anche perché – scherzetti del gender gap – gli uomini sono spesso coloro che guadagnano di più all'interno della coppia e dunque è molto più frequente che si preferisca lasciare che sia la madre a rimanere a casa e percepire una retribuzione ridotta.
Ora di cambiare
Si comprende facilmente dunque come l'estensione del congedo di paternità, già invocata anche piuttosto recentemente da diverse fazioni politiche, rappresenti un'autentica necessità per promuovere il benessere delle famiglie e l'equilibrio tra vita privata e lavoro, oltre che una maggiore uguaglianza tra generi.
In Europa non mancano le realtà virtuose da prendere ad esempio. Pensiamo alla Spagna, dove madri e padri possono godere dello stesso periodo di congedo: 16 settimane non trasferibili e retribuite al 100% dello stipendio. Di queste, 10 settimane sono facoltative, ma le prime sei sono obbligatorie e da godere per un periodo continuativo.
La crisi delle natalità e il futuro incerto del Paese dopotutto non consentono più tentennamenti: ora più che mai è tempo d'investire sulle famiglie e far sì che l'Italia si allinei alle migliori pratiche internazionali per creare un domani migliore per i propri cittadini.