Fin dai primi anni di vita, sia in famiglia che a scuola, il bambino esplora e manifesta interesse e curiosità per il proprio corpo e per la sfera della sessualità. Nelle aule scolastiche della scuola primaria, sono numerose le situazioni in cui i bambini e le bambine, a partire da esperienze quotidiane, attività o letture, pongono domande ed esprimono dubbi relativi a questioni emotive, sessuali, sentimentali e affettive.
I docenti si trovano, quindi, abitualmente a trattare tematiche legate all'educazione sessuale, cercando di prendere in carico con equilibrio e sensibilità i dubbi e i quesiti che gli alunni presentano, lasciandoli liberi di esprimersi, e incoraggiandoli a utilizzare un linguaggio corretto, preciso, vigilando contestualmente anche sulla sensibilità di tutto il gruppo classe.
Ma a chi spetta davvero l’educazione sessuale dei bambini?
Il primo e fondamentale insegnamento è quello impartito dall'esempio della famiglia. Ogni volta che il bambino vede i propri genitori parlare, abbracciarsi o baciarsi riceve un messaggio importante su come viene agita la relazione con l’altro da sé. Pertanto, l’educazione all’affettività, ai sentimenti e quella sessuale si sviluppa soprattutto in famiglia e i genitori sono indubbiamente i primi soggetti che si trovano a trattare questi temi.
Ma, pur riconoscendo il ruolo fondamentale della famiglia nell'insegnare l'affettività ai propri figli, sarebbe ingenuo pretendere che ne siano gli unici responsabili, lasciando l’educazione alla sessualità fuori dalle aule scolastiche. E questo risulterebbe anche problematico, considerando che lo sviluppo dell’identità sessuale è una componente fondamentale della crescita dell’individuo in età scolare, a partire dalla preadolescenza fino ad arrivare alle soglie dell’età adulta.
Le stesse Indicazioni Nazionali per il curricolo del 2012 affermano, infatti, che già a partire dal quinto anno della scuola primaria l’alunno dovrà: “Acquisire le prime informazioni sulla riproduzione e la sessualità” e che il bambino nella sua fase di crescita formativa, abbia: “Consapevolezza della struttura e dello sviluppo del proprio corpo, nei suoi diversi organi e apparati, ne riconosce e descrive il funzionamento, utilizzando modelli intuitivi ed ha cura della sua salute”.
Tuttavia, la questione rimane complessa, poiché la materia, a differenza di molti paesi europei, in Italia non è obbligatoria. Ad esempio, in Svezia, l’educazione sessuale è obbligatoria in tutte le scuole dal 1955.
Nel nostro Paese, nonostante decenni di proposte legislative, essa rimane opzionale ed è affidata alla discrezionalità dei singoli dirigenti e insegnanti. L'assenza di un quadro legislativo unitario che promuova a livello nazionale la salute sessuale dei giovani e delle giovani, come suggerito dalle Linee Guida Internazionali, ha causato iniziative controverse, parcellizzazioni, differenti orientamenti e disomogeneità nelle iniziative educative.
Eppure, alla luce delle terribili notizie di cronaca che occupano le prime pagine dei quotidiani, l’educazione alla sessualità, intesa anche come educazione ai sentimenti e alle relazioni, non può essere lasciata né alla buona volontà dei singoli insegnanti che molto faticosamente si formano per rispondere in modo corretto alle domande dei propri allievi né alla lungimiranza delle singole scuole che colgono l’importanza di avviare precocemente l’educazione alla sessualità, anche a partire dagli ultimi anni della scuola primaria.
La società odierna non si può più permettere che l'educazione sessuale sia ancora una materia facoltativa e frammentata; deve diventare una priorità educativa, per garantire a ogni bambino e a ogni bambina gli strumenti per comprendere il proprio corpo e sviluppare relazioni sane e consapevoli.