Elettra Lamborghini, la cantante italiana ideatrice di diverse hit e amante della fantasia animalier è tornata a far parlare di sè, in merito a un tema molto caldo e delicato, quello delle adozioni.
La cantante ha pubblicato una serie di storie, lo scorso 5 novembre, sul suo profilo Instagram, dove la seguono 7,2 milioni di persone, spiegando che dopo aver visto ripetutamente immagini di bimbi sofferenti sotto i bombardamenti che in questi giorni stanno colpendo la striscia di Gaza, e in precedenza quelle di altri bambini vittime innocenti dei conflitti del mondo, si è sentita adatta ad adottarne uno in particolare.
La vicenda
Qualche mese fa, infatti, ha spiegato la cantante su Instagram, ha visto una bimba in un reel: «La bimba era palesemente traumatizzata per colpa delle bombe, aveva perso la parola e stava perdendo i capelli dallo stress. Non mangiava più nemmeno (secondo quello che dicevano), niente ho sentito come un segno del destino, mi ricordava me da piccolina. Mi sono detta basta vado a prenderla… Scrivo all’orfanotrofio immediatamente».
La cantante ha poi pubblicato la risposta dell'orfanotrofio alla sua richiesta, un semplice e secco no, che l'ha molto infastidita: «Inutile dirvi quanto ci sono rimasta male, non lo so, me l'ero presa a cuore…Possibile non ci sia maniera di adottare o prendere in affido questi bimbi?…Mi dicono che non si può, anzi l'orfanotrofio sembrerebbe proprio tenerseli (questo non l'ho capito)» ha digitato la cantante in un'altra storia.
Ciò che evidentemente è sfuggito alla cantante, sicuramente mossa da buone intenzioni e rammaricata all'idea che la bimba rimanesse in orfanotrofio, è che l'adozione non risponde al desiderio dei potenziali genitori di "salvare" un bimbo che vive in condizioni peggiori delle proprie, tanto meno al desiderio di diventare genitori. L'adozione ha come unico obiettivo che un bimbo che ha subito il trauma dell'abbandono o della morte di entrambi i genitori, trovi la famiglia più adatta alle sue esigenze e, seguito da servizi sociali e psicologi, si dica poi lui stesso sicuro che quella sia la famiglia giusta per lui.
«Pensavo che avrebbero accettato subito la mia richiesta»
L'adozione internazionale è un percorso troppo lungo, per essere risolto con un semplice messaggio su Instagram ad un orfanotrofio, fatto di un iter burocratico i cui passaggi sono spiegati all'interno della legge 184 del 1983, con le modifiche apportate dalla legge 149 del 2001. E Elettra, che per quella bimba avrebbe voluto poter intervenire nell'immediato, ha toccato un tema molto caro alle tantissime coppie che desiderano adottare, quello dell'attesa. Un tempo che secondo l'ultimo report della presidenza del consiglio dei Ministri è sempre più lungo e, dal 2021, supera i 4 anni.
«Soprattutto durante la guerra si ha bisogno di interventi immediati… Pensavo avrebbero accettato subito… Figuriamoci» ha digitato Elettra in una storia Instagram.
Chi si avvicina all'adozione segue un iter che seppur lungo è volto a tutelare il bambino. Durante l'attesa vi sono indagini dei servizi sociali, domande da parte di psicologi, un'attenta analisi della coppia da parte del Tribunale dei minori. Il percorso, che mette a dura prova anche la solidità della coppia, obbliga spesso i futuri genitori a scardinare l'immagine di un bimbo che hanno sempre immaginato essere loro figlio, proprio per essere pronti ad accogliere il bimbo che verrà. Devono relazionarsi al trauma, al racconto, al senso di abbandono che il piccolo, crescendo, potrebbe provare.
«La bimba sarebbe potuta stare bene con me»
«Quella bimba me l’ero presa a cuore sapendo ed immaginando quanto sarebbe potuta stare bene con me…Sapendo ed immaginando quanto sarebbe potuta stare bene con me» ha detto la cantante, riferendosi alle immagini di dolore della bimba vista dal reel e pensando di poterle garantire un futuro lontano dai bombardamenti, fatto di cure e acquisti per la piccola.
Ciò nonostante non ci si può definire adatti per un bimbo e soprattutto non lo si può scegliere.
I feed dei social di tutti noi sono costellati da immagini di tremendo dolore, bambini che piangono i propri genitori, feriti, o tremanti in attesa della prossima bomba che distruggerà la loro casa e i loro sogni. È del tutto normale desiderare fare qualcosa per impedire questa sofferenza e sentirsi impotenti davanti ad un "no". Ma i bimbi sono ben diversi da una bella giacca vista in una storia Instagram, con tanto di link sul quale cliccare per inserirla nel proprio carrello, da un meraviglioso lampadario che siamo convinti starebbe benissimo nella nostra sala e che cerchiamo su ogni sito di arredamento online.
I bimbi che vivono situazioni di guerra diventando orfani, che vivono in un orfanotrofio da sempre, che non vengono riconosciuti alla nascita o che vengono abbandonati, meritano un enorme rispetto come prima forma di aiuto, che si costruisce anche frequentando corsi, compilando carte, parlando con psicologi, attendendo la chiamata dal Tribunale che dopo diverse analisi è convinto che il bimbo abbia bisogno proprio di noi. Perché per quanto l'adozione sia comunemente vista come uno dei modi per diventare genitori, va ricordato che al centro vi è il bambino ed è dunque una pratica per dare ad un bambino una famiglia, non viceversa.
In ultimo, ma non per importanza, questa vicenda deve anche ricordarci di quanto le adozioni siano indissolubilmente legate anche agli avvenimenti politici, e che le guerre, purtroppo, rallentano, talvolta interrompono del tutto, anche le pratiche già avviate di genitori pronti a recarsi sul luogo per accogliere un bimbo nelle loro vite.