La parola famiglia è carica di moltissimi significati. Famiglia è quella composta dai nostri genitori e dai nostri fratelli, famiglia sono i nonni e gli zii. Famiglia è quella che costruiamo crescendo, sono i nostri amici o i compagni di squadra. A volte, però, famiglia è quella che non abbiamo avuto, altre, se siamo fortunati, è quella che, con l'aiuto di educatori e psicologi, possiamo ricostruire.
È il caso dei ragazzi e dei bambini che trascorrono una parte della loro vita tra le mura della comunità educativa ControVento di Milano. L'Associazione è attiva nella città dal 1800, anche se prima si chiamava Associazione nazionale per la tutela della fanciullezza ed era a tutti gli effetti un orfanotrofio. Con il tempo ad essere cambiato non è solo il nome dell'associazione ma anche le attività di supporto svolte al suo interno, che sono andate di pari passo con l'evoluzione della società e dei suoi bisogni.
30 gli operatori che giorno e notte lavorano instancabilmente, tra educatori e psicologi, per cercare di ridare ai bimbi l'idea di una famiglia che sia fatta di ascolto, amore, litigi e rappacificamenti. A parlarcene è stata Sonia Oppici, psicologa e responsabile delle comunità educative dell'Associazione.
Perché i ragazzi vivono in comunità?
«I 25 bimbi che vivono nella nostra comunità sono collocati qui per provvedimento del Tribunale, che ne ha disposto il temporaneo allontanamento dalla famiglia» spiega Sonia Oppici.
Figli e genitori vengono separati nella speranza però di un ricongiungimento futuro. L'obiettivo è infatti che durante la separazione i genitori migliorino la propria situazione e siano poi in grado di accogliere nuovamente i loro bambini al termine del percorso fatto.
Il percorso vuole anche rieducare i ragazzi a un'idea di famiglia che avevano o che forse non hanno mai avuto, in che modo? Cercando di rendere il più normale possibile la loro permanenza nella comunità. «I ragazzi e i genitori vivono una situazione di disagio e malessere, normalizzare la loro permanenza qui dentro significa ricreare una routine quanto più possibile simile a quella quotidiana di ogni bambino» dice Sonia Oppici.
Cosa fanno i bambini durante la giornata?
I bimbi vivono in 5 appartamenti che riproducono fedelmente una qualsiasi casa accogliente, con le camerette, la cucina, anche vestiti e giochi in disordine.
I piccoli non sono mai soli, a supervisionarli ci sono sempre 3 educatori, alcune attività le fanno divisi per età, altre volte stanno tutti insieme, così i più grandi imparano anche ad accudire i più piccoli.
«La mattina suona la sveglia e si va tutti a scuola, chi all'asilo, chi alle elementari e chi alle medie. Si pranza tutti insieme, un po' di relax con i giochi o davanti alla tv e poi si passa ai compiti». I ragazzi nel pomeriggio invitano anche i loro compagni di scuola a casa, oppure, se invitati vanno da loro, proprio a voler emulare la routine di qualsiasi altro bambino.
«Nel pomeriggio i bimbi fanno lo sport che desiderano, la vita non ha permesso loro di scegliere molte cose, spesso sono stati succubi delle decisioni degli adulti e quindi dove possiamo noi gli diamo carta bianca». I piccoli si destreggiano tra corsi di danza, basket e calcio ma tutti insieme una volta alla settimana fanno nuoto per prepararsi alle tre settimane di mare che li attendono d'estate.
L'incontro con i genitori
Oltre alle attività di svago al chiuso o all'aperto, il pomeriggio è dedicato a un momento molto delicato per alcuni bambini e ragazzi, l'incontro con i loro genitori. Gli incontri avvengono sempre rispettando quanto deciso dal Tribunale e alla presenza di un educatore, anche perché per i ragazzi, non è facilissimo approcciarsi da soli l'argomento famiglia.
«Abbiamo uno spazio d'incontro in cui bimbi e genitori si ritrovano, l'educatore è fondamentale però, per mediare la relazione e aiutare figli e genitori a rielaborare quanto successo nel contesto familiare, così che possa riattivarsi una relazione funzionale».
Come si festeggia la famiglia in comunità?
Per la festa della famiglia non è stata pensata nessuna attività in particolare e i motivi principali sono due.
Innanzitutto l'argomento famiglia è molto complesso da toccare per i bimbi e i ragazzi che vivono in comunità, spesso evoca in loro sentimenti non proprio positivi, dunque fare un lavoretto per festeggiare non sarebbe la migliore soluzione.
Nonostante questo durante l'anno ai bambini viene proposta qualche attività: «Ai bimbi piccoli viene spesso proposta un'attività basata sul disegno. Devono disegnarsi su una strada, poi dipingere i loro genitori e gli educatori. In automatico i bambini posizionano ogni figura ad un'altezza diversa della strada, e allora ragioniamo sul percorso che insieme ai loro genitori stanno facendo per tornare ad essere una famiglia».
In secondo luogo educatori e psicologi si impegnano tutti i giorni per spiegare a questi ragazzi cos'è la famiglia in maniera molto spontanea. Semplicemente convivendo tutti insieme e anche battibeccando un po'.
«La prima cosa che i ragazzi imparano è che famiglia è dove ci si vuole bene, tra loro e gli educatori si instaura un bellissimo rapporto fatto di amore e rispetto. Poi famiglia è dove devono sentirsi liberi di dire la verità, senza paura. Se sono arrabbiati con l'educatrice perché non ha dato loro l'attenzione che desideravano, lo devono dire. Se sono nervosi imparano a raccontarlo e poi a prendersi qualche minuto per tranquillizzarsi, prima di tornare a giocare con gli altri. Tutto questo i nostri bimbi lo devono imparare perché spesso arrivano da contesti che non hanno rispettato i loro bisogni educativi» spiega Sonia Oppici.
Gli educatori sono parte della famiglia
Gli educatori della comunità, vivono 24 ore al giorno con ragazzi e bambini, tutti i giorni, distribuendosi sui turni. 3 di loro, per ogni abitazione, diventano dei punti di riferimento per i ragazzi e svolgono tutte le attività che di solito fa un genitore. Gli educatori in occasione delle feste, se li hanno, portano i loro figli nella comunità, così che possano conoscersi tutti i membri di questa meravigliosa famiglia allargata.
«Il lavoro che facciamo è diverso da tutti gli altri, non si stacca mai veramente. Certo, cerchiamo di tenere due registri, uno più umano, affettivo ed emotivo e l'altro più professionale. La nostra forza è però che quasi sempre questi due aspetti si sovrappongono, infatti nella nostra comunità c'è solidarietà, calore e le discussioni come in ogni famiglia. A volte va bene, altre va male ma andiamo sempre avanti insieme».
Insieme, la chiave delle vite di questi ragazzi, che dopo essere usciti dalla comunità, una volta adulti, si laureano, si sposano, costruiscono una nuova famiglia o ritrovano i propri genitori. Alla fine però in comunità tornano sempre, chi per salutare, chi per fare due chiacchiere, chi per riabbracciare chi è stato e sarà famiglia. Perché l'insegnamento più grande e forte che la comunità lascia loro è uno: «Famiglia è un posto da dove a volte vai via e dove torni, ma soprattutto è il posto in cui, comunque tu sia, non vieni mai lasciato da solo».