Tra le diverse (e ancora da approfondire) conseguenze del Long COVID vi è anche un certo peggioramento della qualità degli spermatozoi e non è escluso che il danno possa essere permanente.
A dirlo è uno studio multicentrico spagnolo presentato in occasione del congresso annuale della Società europea di riproduzione umana ed embriologia (ESHRE) che si sta tenendo proprio in questi giorni a Copenhagen.
Anche mesi dopo il tampone negativo, infatti, quantità e qualità dello sperma continuano ad apparire "sballati" rispetto ai valori standard. Una conseguenza inaspettata e che i ricercatori hanno dovuto indagare rispettando i cicli di rinnovo dell'apparato sessuale maschile che normalmente impiega circa 78 giorni a produrre nuovi spermatozoi.
«La nostra ipotesi era che la qulaità dello sperma (dopo il periodo di 78 giorni, ndr) sarebbe migliorata, ma così non è stato – ha spiegato Rocio Núñez-Calonge, consulente scientifico dell'Ur International Group at the Scientific Reproduction Unit di Madrid e tra i principali autori della ricerca – Non sappiamo quanto tempo potrebbe essere necessario per ripristinare la qualità spermatica precedente all'infezione e non possono essere esclusi danni permanenti anche negli uomini che hanno avuto una forma lieve di Covid-19».
Lo studio
L'indagine è stata compiuta raccogliendo dati tra 45 uomini di un'età media introno ai 30 – dunque teoricamente ancora nel pieno della propria potenza riproduttiva – che tra il febbraio e l'ottobre del 2020 avevano ricevuto una diagnosi di Covid-19 con sintomi non gravi.
Di questi partecipanti erano già disponibili campioni di sperma raccolti prima dell'infezione, utili per effettuare il paragone con i prelievi successivi, effettuati tutti nell'arco dell'anno e mezzo successivo alla guarigione.
Confrontando i diversi campioni infatti, gli studiosi hanno constato notevoli differenze – tutte in negativo – sul numero degli spermatozoi (inferiore di oltre il 37%), sulla loro motilità e vitalità (rispettivamente -9% e -5%), nonché sul volume dello sperma, calato in media del 20%.
Un dato rilevante, soprattutto perché rimasto costante anche dopo più di 100 giorni dall'ultimo tampone negativo, che va a braccetto anche con un altro elemento non trascurabile: la riduzione di qualità spermatica risulta infatti significativa anche nei pazienti asintomatici o che hanno subito una forma molto lieve della malattia.
Le possibili ragioni
La ricerca presentata dal dottor Núñez-Calonge non arriva a fornire motivazioni certe di quanto riscontrato.
Stando al team spagnolo però, è molto probabile che potrebbero essere diversi gli elementi che concorrono al peggioramenti dello sperma. Tra i principali indiziati, ad esempio, compaiono i livelli ormonali – in particolare il testosterone – che con il Covid risultano spesso scompensati. Tali aspetti devono però essere ancora ulteriormente approfonditi.
All'interno di questo quadro poco rassicurante sembra però esserci una buona notizia. Come riportato anche dal presidente ESHRE Carlos Calhaz-Jorge infatti, anche al netto dei danni causati dal Covid i campioni di sperma sottoposti allo studio riuscirebbero comunque a mantenere una qualità consona ai parametri standard fissati dall'OMS.
Ciò significa che qualora questo dato venisse confermato dalle prossime ricerche, il calo di qualità spermatica non corrisponderebbe ad un significativo calo di capacità riproduttiva nel paziente,