Nell'epoca digitale in cui viviamo, i social media sono diventati una finestra aperta sulla vita privata di miliardi di persone. Tra questi, un fenomeno sempre più diffuso è lo "sharenting", un neologismo che fonde le parole inglesi share (condividere) e parenting (genitorialità), indicando così la pratica dei genitori di condividere contenuti online riguardanti i propri figli.
Sebbene possa sembrare un gesto innocuo, lo sharenting solleva però questioni importanti riguardo la privacy dei minori, il loro benessere psicologico e la stessa sicurezza, visto che un contenuto caricato sul Web può essere facilmente preda di ladri d'identità, malintenzionati o propugnatori di materiale pedopornografico.
In Francia si sta già discutendo da più di un anno sulla necessità d'introdurre una legge che limiti la condivisione dell'immagine dei figli da parte dei genitori e ora anche il Parlamento italiano ha cominciato a discuterne. Il 21 marzo 2024 è stata avanzata una proposta di legge a firma di alcuni onorevoli di Alleanza Verdi e Sinistra che punta a regolamentare la diffusione d'immagini e video di minorenni.
Il documento, suddiviso in tre articoli, propone infatti
- L'obbligo da parte dei genitori di firmare una dichiarazione scritta per poter mostrare i volti dei figli sui social.
- L'istituzione di conti bancari intestati ai minori (e accessibili dagli stessi al compimenti della maggiore età) sui quali veicolare i guadagni ricavati dai vari genitori influencer sfruttando l'immagine dei loro piccoli.
- Il rafforzamento del diritto all'oblio da parte dei figli, permettendo a tutti i ragazzi e ragazze che hanno compiuto 14 anni di poter chiedere la rimozione dai motori di ricerca di tutti i contenuti che li riguardano.
Perché una legge sullo sharenting tutelerebbe i nostri figli?
Che sia per ingenuità o per desiderio di monetizzare su contenuti appetibili e di tendenza, la maggior parte delle madri e dei padri che postano le immagini dei propri figli sui social tendono a sottovalutare la complessità delle implicazioni nascoste dietro un gesto apparentemente innocente come la pubblicazione di una foto o un video sui propri profili online.
Nel momento in cui l'immagine del bambino viene data in pasto al Web, infatti, il genitore immette informazioni importantissime come il nome o il volto dei figli all'interno di un sistema incontrollabile come il Web, finendo involontariamente per violare una serie di diritti fondamentali per lo sviluppo di un minore quali:
- Diritto alla privacy: postare momenti che avvengono nell'intimità familiare espone i bambini a rischi (presenti e futuri) di bullismo, derisione o altri lesivi della dignità personale. È necessario invece che i bambini crescano in un ambiente dove possano esplorare, sbagliare e crescere senza la pressione di essere costantemente sotto l'occhio del pubblico digitale.
- Sicurezza: le informazioni condivise online possono cadere nelle mani sbagliate. Pedofili, rapitori e altri malintenzionati possono utilizzare le foto o i dati postati dai genitori per fini nefasti. Una legge contro lo sharenting aiuterebbe a ridurre il rischio di furto d'identità, cyberbullismo e altre forme di abuso online.
- Diritto all'autodeterminazione: condividendo dettagli della loro vita senza consenso, i genitori privano i figli della possibilità di decidere quali aspetti della loro vita personale rendere pubblici.
A ciò si aggiunge poi il possibile impatto psicologico dato dalla costante presenza online di alcuni bambini diventati influencer a loro insaputa: l'idea di essere oggetto di discussione pubblica può pressione, ansia e problemi di autopercezione durante le delicate fasi di crescita.
Una legislazione adeguata con normative chiare e specifiche potrebbe dunque aiutare le mamme e i papà ad acquisire maggiore consapevolezza sulle conseguenze dei loro comportamenti virtuali, garantendo allo stesso tempo che i bambini non paghino le conseguenze di azioni sulle quali non possono esercitare alcun controllo.