È rimasta incinta dopo solo due settimane nonostante il processo richieda in media cinque anni. È la storia di Kirsty Bryant, australiana trentenne che si è sottoposta a un trapianto di utero, donatole da sua madre, dopo aver subito un'isterectomia in seguito al primo parto.
Nonostante questo non ha voluto rinunciare a diventare mamma per la seconda volta e così le è venuta in aiuto la madre. La donna di 54 anni è riuscita a donarle il proprio utero in seguito a un intervento che nel complesso è durato 16 ore.
Un’intervento quindi impegnativo e con parecchie complicanze.
L'intervento di trapianto dell'utero è una terapia indicata per donne che hanno una sterilità assoluta legata a problemi uterini. Questa condizione, nota come UFI, interessa circa il 3-5% delle donne in tutto il mondo. Si manifesta in seguito a diverse cause, tra cui l'agenesia uterina congenita (sindrome di Rokitansky), gravi malformazioni congenite dell'utero (come l'utero ipoplastico o variazioni dell'utero bicorne/unicorne), l'assenza chirurgica dell'utero o condizioni presentatesi in seguito (come aderenze intrauterine o leiomioma). Queste situazioni possono compromettere il corretto funzionamento dell'utero.
Solitamente è un’operazione temporanea, infatti una volta raggiunta la gravidanza l’utero viene rimosso nuovamente e, nonostante usualmente duri circa 5 anni, ovvero il tempo per permettere alla donna di pianificare una nuova nascita, Kursty è rimasta incinta soltanto dopo poche settimane, sotto lo stupore di tutti i medici.
Ma vediamo più nello specifico come funziona.
Cos'è un trapianto di utero?
I primi trapianti di utero vennero effettuati negli Stati Uniti, per poi diffondersi nel resto del mondo.
Oggi vengono considerati come “l’ultima spiaggia” per chi esprime il desiderio di avere un figlio nonostante non possa, per ragioni quali: tumore alle ovaie o al collo uterino, endometriosi o adenomiosi, per malformazioni congenite (come la sindrome di Morris), o anche, appunto, in seguito a un’isterectomia.
In questi casi, la gravidanza avviene con fecondazione in vitro in quanto non può avvenire naturalmente perché mancano le tube uterine.
La pratica, che tra estrazione e reimpianto dell’utero, solitamente dura intorno alle 15 ore, viene effettuata con una costosissima chirurgia robotica.
Per questo motivo e anche per le numerose complicanze sia per la donatrice che per la ricevente, questo tipo di intervento è ancora in alcuni paesi messo in discussione e considerato come un trapianto minore in quanto non consente di salvare la vita a nessuno.
Nonostante, quindi, dati alla mano, venga valutato come funzionale ad oggi è effettuato soltanto da pochissimi centri chirurgici d’eccellenza e rimane oggetto di un dibattito legato a un dilemma etico.