In uno Stato di Diritto mettere al mondo un figlio – così come amarlo ed educarlo – non è sufficiente per diventare legalmente genitori di un bambino: occorre essere in possesso di un documento ufficiale che certifichi il legame di parentela tra l'adulto e il minore. Ciò è necessario per assicurarsi che colui che viene riconosciuto dalla Legge non possa sottrarsi ai propri obblighi di cura e assistenza nei confronti del piccolo.
In alcuni casi però, questo sacrosanto principio di tutela diventa il limite stesso che ne impedisce l'attuazione. Quando si parla di famiglie omogenitoriali infatti, benché i genitori esistano e vogliano esercitare i loro doveri, lo Stato non li riconosce, negando così al figlio quanto espressamente dichiarato l'art. 1 della Legge n.184:
«Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia».
Tale violazione però non rimane sulla carta: ogni giorno infatti l'assenza di adeguate tutele influisce sulla vita di migliaia di bambini e dei loro genitori.
Non è solo una questione di forma
Attualmente la legge italiana non permette ai bambini nati da famiglie con genitori dello stesso sesso di essere registrati come figli di entrambi i membri della coppia: solo i padri o le madri biologiche – ossia con legami di sangue – vengono registrati all'anagrafe come genitori legalmente riconosciuti.
Agli occhi dello Stato l'altro partner rimane un perfetto sconosciuto e per quanto qualcuno possa provare a minimizzare, questa situazione comporta molti una serie di problemi che vanno ben oltre il semplice "pezzo di carta mancante".
Tralasciando il non trascurabile disagio personale del genitore – proviamo a pensare all'idea di non poter essere considerati a pieno titolo mamme o papà degli stessi figli che ogni sera mettiamo a letto con amore – l'assenza di un legame riconosciuto produce una serie di effetti negativi che ogni giorno rischiano di minare il benessere e la sicurezza del minore.
Cosa cambia per i figli?
«Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni» recita l'articolo 315-bis del Codice civile. Vivere in uno stato di famiglia "monco", dove una delle due figure di riferimento per la propria crescita non viene accettata dalla Legge, non sembra però essere la condizione ideale per veder soddisfatto quanto affermato dal nostro stesso Stato.
Partiamo dalle piccole – ma non per questo poco importanti – difficoltà del quotidiano. Tra le altre cose, il genitore sociale, o intenzionale, (ossia quello non biologico) non riconosciuto dalla legge non può andare a prendere i figli a scuola senza delega, non può firmare loro i permessi per le gite scolastiche e non ha facoltà né di partecipare ai consigli di classe né essere eletto rappresentante dei genitori. Non può neanche firmare autorizzazioni di alcun tipo o iscriverlo ad attività sportive o ricreative. Inezie? Forse solo per chi dà queste cose per scontate…
La lista d'impedimenti però non termina certo qui e abbraccia aspetti ben più seri che possono condizionare pesantemente la vita di un figlio o di una figlia.
Cosa succede in caso di separazione?
Gli amori finiscono e le coppie si lasciano, anche quelle omosessuali. Se di mezzo ci sono i figli però, la faccenda è ben più complicata.
In caso di rotture particolarmente gravi infatti, il genitore biologico potrebbe scegliere deliberatamente di non far vedere più i figli all'ex-partner che, in effetti, non sarebbe in possesso di alcun appiglio legale per esercitare una qualche pretesa sui minori. Simile eventualità – purtroppo non così rare – verrebbero a ledere ben due diritti: il diritto del genitore escluso a mantenere un rapporto con i figli e, soprattutto, il diritto dei minori a non essere privati di una figura di riferimento durante la loro crescita.
La cosa però può anche essere dal punto di vista opposto. Senza riconoscimento legale, un genitore non biologico ha la possibilità di abbandonare partner e prole senza l'obbligo di dover corrispondere alcun mantenimento o forma di supporto per la sussistenza e l'educazione dei figli.
Niente espatri
Accompagnare i propri figli minori di 14 anni a scoprire il mondo fuori dall'Italia? Assolutamente vietato, a meno che non sia presenta anche l'altro genitore o non si sia in possesso di un documento firmato che certifichi la dichiarazione di accompagnamento. Come se si fosse dei baby sitter.
Il diritto alla salute
Poniamo per ipotesi che durante un pomeriggio di giochi un bambino si senta male o incappi in un infortunio. Dopo la corsa in ospedale l'adulto responsabile – in questo caso il genitore – potrebbe trovarsi a dover firmare il modulo per il ricovero del bambino o dare il nulla osta ad un particolare trattamento medico.
Ebbene, qualora l'adulto presente in ospedale fosse il genitore non riconosciuto, dal punto di vista legale bisognerebbe aspettare di rintracciare l'altro partner e incassare il suo consenso, perdendo così tempo prezioso per le cure e quindi la salute del piccolo.
Ma, senza per forza considerare i casi più gravi, basti pensare a una visita medica programmata. Ebbene anche in quel caso il genitore non legalmente riconosciuto non può portare il piccolo al controllo, se non in possesso di delega dell'altro genitore, completa di fotocopie di documento.
Non proprio il massimo della vita…
L'eredità
In caso di decesso è molto probabile che un padre o una madre voglia che i suoi figli possano godere dei propri lasciti materiali. Se però la legge non riconosce il legame tra i soggetti in questione, anche lasciare dei beni ai posteri diventa molto più complesso.
Senza consanguineità infatti, l'eredità rimane ascendente, il che significa che, anche in presenza di un testamento validato dal notaio, i parenti del defunto (madri, padri, nonni ecc…) potrebbero impugnare il documento e impedire che l'intera eredità vada ai figli (che a titolo di legge, lo ribadiamo, sono degli estranei per il defunto). Un bel patema, soprattutto qualora tra i bene interessati all'eredità rientrasse la casa dove il bambino sta vivendo.
E se il genitore biologico muore?
Un altro caso spinoso riguarda l'eventuale decesso del genitore riconosciuto dalla legge.
Per evenienze del genere non ci sono infatti regole precise e ogni caso fa storia a sé. Certo, la prassi (e la logica) propendono ad affidare "l'orfano" all'altro genitore per salvaguardare l'interesse del minore, tuttavia l'assenza di una normativa univoca comporta scenari talvolta imprevedibili e che non garantiscono al 100% il mantenimento del nucleo familiare.
Soluzioni annacquate
Negli ultimi anni il ricorso all'adozione per casi particolari (stepchild adoption) e le singole iniziative di alcuni sindaci per aprire le registrazioni anagrafiche anche alle famiglie arcobaleno hanno tentato di colmare l'enorme lacuna legislativa. Si è sempre trattato però di pezze, sparuti rattoppi che al di là dei singoli episodi non hanno potuto modificare lo sconfortante quadro generale.
Per quanto riguarda la stepchild poi, la procedura non si limita affatto ad una formalità burocratica: si tratta di un processo lungo, dispendioso economicamente ed emotivamente provante, costellato di indagini e assistenti sociali che s'inseriscono nella sfera privata per valutare la possibilità di adottare un figlio che si sta già crescendo.
Senza parlare poi del fatto che la stepchild richiede il consenso dell'altro genitore. Ciò significa che se durante il lento iter d'adozione la coppia dovesse lasciarsi, il padre o la madre biologica potrebbe negare il permesso a procedere, anche se il 30 dicembre 2022 la Corte di Cassazione ha dichiarato superabile la cosa nella tutela dell'interesse del minore
In simili condizioni l'intera pratica rischia però di trasformarsi in un lancio di moneta, poiché tutto vien lasciato all'interpretazione dei singoli tribunali. E quando si parla di futuro dei figli, non ci si può affidare alla sorte.