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9 Marzo 2023
17:00

Come funziona la mensa scolastica? Fra diete speciali, educazione alimentare e sprechi di cibo

Il pasto a scuola non è solo un momento di ristoro, ma anche di educazione. Ai tanti attori coinvolti nel sistema della mensa, negli ultimi anni si è aggiunta la Commissione di genitori e insegnanti che assaggia e giudica il pasto degli scolari. Il rapporto non idilliaco dei giovani commensali con il cibo servito a scuola si traduce in sprechi alimentari e rifiuti. Nella Giornata della Refezione Scolastica ne abbiamo parlato con la dietista Valentina Muollo.

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Come funziona la mensa scolastica? Fra diete speciali, educazione alimentare e sprechi di cibo
In collaborazione con la Dott.ssa Valentina Muollo
Dietista
mense scolastiche

Non è facile soddisfare i palati di un’intera famiglia radunata la sera intorno alla tavola della cucina. Ancora di meno lo è proporre passati di verdure e frittate di broccoli ed asparagi a una schiera gremita e variegata di alunni famelici e stanchi dopo ore di attività didattiche. Chi è celiaco, chi ha un’intolleranza alimentare, chi per religione non consuma carne di suino, chi soffre di inappetenza e respinge a prescindere il piatto che ha davanti, sfoggiando il suo broncio a maestre e collaboratrici. Oggi, nella Giornata Internazionale dei Pasti Scolastici, ricordiamo l’importanza di una dieta sana ed equilibrata all’interno delle mense delle scuole. Perché la refezione scolastica è innanzitutto un momento educativo che punta a fornire ai piccoli fin dall’infanzia gli strumenti per intraprendere, un domani, scelte corrette dal punto di vista nutritivo e favorire l’adozione di comportamenti alimentari consapevoli fuori dalle mura di scuola.

«Mio figlio non mangia nulla, eppure pago il ticket della mensa tutti i giorni». «A mio figlio il cibo della mensa non piace». «Lui è abituato a mangiare il prosciutto!». Frasi periodicamente raccolte dai rappresentati di classe e ricorrenti fra mamme e papà che aspettano i figli fuori da scuola. La mensa oggi è quotidianamente al centro di polemiche e a volte additata da genitori e nonni come inadeguata o scadente. Chi sceglie i menù? Cosa sono le diete speciali? Perché così tanto cibo nelle mense viene cestinato? Perché i piatti proposti a scuola sono poco invitanti per i piccoli, tanto da essere scartati? Ne abbiamo parlato con la dietista Valentina Muollo.

Chi sceglie il menù della mensa scolastica?

Il menù proposto ai più piccoli nelle scuole d’Italia è il frutto di un’alleanza fra il Governo, l’Azienda Sanitaria Locale, l’ente committente (il Comune, la scuola paritaria o i singoli soggetti appaltanti), il gestore del servizio di ristorazione, la scuola e, per finire, i giovanissimi commensali (da quelli del nido fino ai più grandi della scuola secondaria, passando per gli alunni della scuola dell’infanzia, della primaria e gli iscritti ai cred estivi). Giocano un ruolo cruciale, quindi, dietisti, dietologi o nutrizionisti che lavorano per le mense scolastiche e i cuochi.

Nel 2010 il Ministero della Salute ha fissato le “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione collettiva”. Rispettare una dieta sana già fra i banchi di scuola aiuta a promuovere la salute e a prevenire patologie e disturbi legati all’alimentazione che oggi sono in preoccupante aumento fra i più giovani, come l’obesità o l’anoressia. Mangiare sano non è esclusivamente un’azione che punta a soddisfare il fabbisogno nutritivo, ma è anche un modo per educare all’alimentazione salutare. Mangiando, s’impara!

Promuovere una sana alimentazione è un modo per prevenire disturbi infantili e adolescenziali in aumento

«Noi dietisti – spiega la dietista Valentina Muollo – nella ristorazione scolastica elaboriamo il nostro menù seguendo le Linee guida regionali per quanto riguarda le ricette da inserire, le porzioni (che variano a seconda dell’età dei bimbi), le frequenze delle proteine (quante volte proporre la carne, quante volte i legumi, quante il pesce, quante il formaggio, e così via): è un gioco ad incastro».

Ultimamente è subentrato un nuovo personaggio nella catena della mensa scolastica: la cosiddetta Commissione mensa scolastica, un organo composto da genitori e docenti che controllano il servizio e i pasti proposti ai figli e agli alunni. Possono intervenire presentandosi in mensa all’ora di pranzo per assaggiare primi e pietanze e giudicarne la qualità, proponendo eventuali modifiche alla scuola o all’Asl territoriale.

Qual è il menù?

I menù si ruotano su quattro settimane, prima di ripetersi, e variano in base alla stagione (primavera/estate e autunno/inverno). Prevedono pranzi completi, con un primo, un secondo, la verdura, il pane e la frutta, elementi onnipresenti sui tavoli delle mense scolastiche. Nello specifico, quali?

Sulle tavole delle mense scolastiche troviamo:

  • Primo: piatti in brodo con o senza proteine animali (come minestre e minestroni con cereali o legumi, passati di verdure, zuppe, gazpacho) e piatti asciutti (paste al sugo, risotti con verdure, cous cous, orzo, insalate di riso integrale o di farro, gnocchi)
  • Contorno: preparazioni con patate (come il purè di patate) e contorni di verdure (come le carote e i finocchi stufati)
  • Secondo: piatti con carne bianca (coscette di pollo al forno, cotoletta, petto di pollo, spezzatino di tacchino), piatti con carne rossa di bovino o di suino (arrosto di vitellone o di maiale, hamburger di carne bovina, scaloppina alla pizzaiola), piatti con pesce (crocchette di pesce), piatti con formaggio (crêpes con erbette e zucchine e ricotta, torta salata con ricotta e broccoli), piatti con uova (frittata con spinaci, uova strapazzate al forno), secondi vegetariani, piatti unici (come il cous cous con verdure, legumi, pollo o la polenta di mais con lo spezzatino di manzo)
  • Pane (bianco o integrale)
  • Frutta fresca
  • Dolci (in occasione di festività): per esempio torta di mele o crostata di marmellata

Diete speciali: celiachia, intolleranze, religione

I giovani commensali hanno diritto ad avere dei menù appositi se hanno specifiche esigenze, quali:

  • Intolleranze e allergie (latte, uova)
  • Celiachia o favismo
  • Patologie come nefropatie croniche, diabete, dislipidemie
  • Culture e religioni differenti (per esempio, nel caso dei musulmani la carne suina è esclusa dal menù)
  • Regimi e filosofie alimentari alternativi (vegetarianismo e veganismo)

«La dietista – continua la dott.ssa Muollo – si occupa delle diete speciali, che oggi sono particolarmente impegnative, considerata l’ingente quantità di celiaci e intolleranti, e per cui vige un’attenzione estrema. La dietista elabora un menù che sia il più simile possibile a quello degli altri bimbi: se a questi ultimi è proposta pasta al pomodoro, ai celiaci sarà servita pasta senza glutine al pomodoro, se a loro il tortino con patate, pan grattato e verdure, ai celiaci un tortino con pan grattato senza glutine o farina di riso».

Il numero di scolari che richiedono diete alternative è in costante crescita

«Le diete celiache, tra l’altro, sono servite prima del pasto degli altri bimbi per evitare contaminazione: se, per esempio, servissi prima in tavola il pollo gratinato col pane, e più tardi la dieta del celiaco, non potrei essere certa che nel bancone o nella forchetta non sia finito del pane, con il rischio che il bimbo stia male. Ovviamente i prodotti dietetici, senza glutine o con farine particolari, costano parecchio e sono un grande impegno per la cucina, perché le richieste sono diverse: oltre al celiaco “tradizionale”, esiste quello senza lattosio, quello vegano. Non è semplice creare un menù che risulti il più vicino possibile a quello delle diete speciali».

mensa

“Il cibo della mensa non mi piace!”

Che il cibo della mensa non sia particolarmente apprezzato dai giovani banchettanti, non è una novità. Il motivo? A casa e nella vita fuori dalle mura di scuola si tende a mangiare piatti ricchi di sale o veloci, diversi da quelli proposti quando si siede a tavola con maestri e compagni di classe. In più, i pasti delle mense sono cucinati all’ingrosso.

La mensa della scuola non è la cucina di casa

«Da qui nascono le lamentele dei genitori, che magari dicono: “Il mio bimbo si sente già diverso perché gli arriva sempre la stessa cosa da mangiare”. – continua la dietista – È comprensibile, tuttavia non si tratta della cucina di casa, ma di una mensa che prepara mille, duemila, ottomila pasti al giorno, quindi non si può proporre il prodotto ad hoc per ogni singolo bambino, perché le diete speciali sono tante, specie nell’ultimo periodo dove le intolleranze sono più frequenti rispetto al passato».

«Ricordiamoci – spiega la dott.ssa – che non è una cucina espressa, quindi non è come a casa, dove prepariamo la pasta e la serviamo dopo due minuti. Anzi, a volte il pasto viene preparato 1, 2, 3 ore prima e poi riportato in temperatura, perdendo un po’ di gusto. In più, per una questione dietetica ci devono essere poco sale, olio e grassi nei piatti. Infine, bisogna rispettare le linee guida».

Che spreco! Urge un’educazione alimentare

Lo scarso entusiasmo di parecchi scolari per il cibo che trovano nel piatto della mensa si traduce in una quantità spaventosa di rifiuti, con cassonetti dell’immondizia straripanti di alimenti scartati.

«È complicato trovare piatti con poca carne, pochi formaggi e tanti legumi, che soddisfino le Linee guida e, allo stesso tempo, siano graditi ai bimbi. Questo si traduce in un grosso spreco alimentare, soprattutto sul secondo piatto e sulla verdura perché sono alimenti che a casa di solito i bambini non mangiano. Se i piccoli a casa non sono abituati al fagiolo o all’orzo, naturalmente a scuola lo rifiutano. Di conseguenza, i genitori si lamentano, perché pagano il pasto che il figlio rifiuta e chiedono, al suo posto, il prosciutto e le patatine, ma i menù devono essere validati dall’Ats».

Mangiare in mensa è un momento educativo, tanto quanto quello trascorso in classe

«Essendo la mensa anche un momento educativo, considerato “tempo scuola”, le Linee guida sono funzionali a limitare quegli alimenti che a casa vengono consumati più spesso per magari mancanza di tempo dei genitori, come affettati, formaggi, tonno in scatola, pizza… Non è che a scuola il prosciutto manca perché non va assolutamente consumato, ma perché, contando che probabilmente ci sarà spesso a casa, si evita di proporlo a scuola per garantirne un consumo più moderato».

Una soluzione? Promuovere l’educazione alimentare fra i banchi di scuola.

«Secondo me il compito di una scuola è fare educazione alimentare. Quando lavoravo nelle mense scolastiche e organizzavamo progetti di alimentazione, spiegando ai più piccoli perché veniva inserito quel piatto e perché i legumi e le verdure erano importanti, apprezzavano di più il pasto».

Sperimentare e proporre piatti che appaiano invitanti ai piccoli, pur contenendo le verdure più odiate, è un'ottima idea per abituarli a una sana alimentazione.

«Tocca anche alla ristorazione collettiva impegnarsi per rendere gustosi i piatti, provando ricette che siano effettivamente appetibili. I legumi proposti così come sono non piacciono, quindi una buona idea è pensare a crocchette, in cui nascondere i legumi risultando tutto sommato graditi. In mensa avevamo pensato a polpette con un ketchup fatto in cucina con passata di pomodoro, aceto un po’ di zucchero, oppure pasta al forno con piselli e mozzarella, burger di legumi» conclude la dietista Muollo.

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Rachele Turina
Redattrice
Nata a Mantova, sono laureata in Lettere e specializzata in Filologia. Antichità e scrittura sono le mie passioni, che ho conciliato a Roma, dove ho seguito un Master in Giornalismo concedendomi passeggiate fra i resti romani (e abbondanti carbonare). Il lavoro mi ha riportato nella Terra della Polenta, dove ho lavorato nella cronaca e nella comunicazione politica. Dall’alto del mio metro e 60, oggi scrivo di famiglie, con l’obiettivo di fotografare la realtà, sdoganare i tabù e rendere comodo quel che è ancora scomodo. Impazzisco per il sushi, il numero sette e le persone vere.
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