Studenti e studentesse delle terze medie del 2023 sono esempio perfetto di nativi e native digitali: sono nati negli anni Dieci del Duemila, non ricordano un tempo senza internet e la loro quotidianità è fatta di chat e TikTok (semplificando all'osso, ma in questo caso è utile per comprendere meglio i risvolti del viaggio). "Ma com'era la vita prima di internet?" è per loro una domanda più che lecita.
L'idea alla base del pellegrinaggio che ha coinvolto la classe terza E della scuola secondaria di primo grado dell'istituto comprensivo di Leno, in provincia di Brescia (già promotore della "scuola senza zaino"), è proprio questa: permettere a ragazzi e ragazze della Generazione Z di provare sulla propria pelle l'esperienza dei cammini analogici, senza tecnologia, senza connessione.
Il viaggio
La strana (ma molto educativa) esperienza è stata organizzata dalla preside dell'istituto comprensivo di Leno, nel bresciano, Vanda Mainardi, insieme ai professori Samuele Maccagnola e Lorenzo Ferrari, e ha rappresentato un'occasione unica per i ragazzi di vivere la quotidianità dei pellegrini di un tempo.
La preparazione
I giovanissimi studenti e studentesse si sono preparati a lungo, e non solo dal punto di vista culturale. A partire dallo scorso autunno, hanno imparato come ridurre progressivamente il peso dello zaino, portando con sé solo l'essenziale per arrivare a un massimo di sette chilogrammi sulla schiena; si sono allenati; hanno studiato il percorso.
Dopodiché hanno chiesto aiuto alla cittadinanza di Leno. Essendo un viaggio costoso (seppur in cammino: alloggi e trasporto non sono di certo economici) la scuola si è affidata al sostegno della comunità locale. Per finanziare il viaggio, è stato quindi avviato un crowdfunding che ha coinvolto oltre cento sostenitori e sostenitrici.
Il pellegrinaggio
Una volta intrapreso il cammino (che ha permesso loro di visitare numerose località attraverso una modalità di slow tourism: Casamari, Isola del Liri con la Cascata Grande, Arpino, l'Acropoli di Civitavecchia e Roccasecca) studentesse e studenti hanno imparato immediatamente cosa significhi lasciare indietro molte delle comodità moderne, compresi gli smartphone, che erano forniti solo ai docenti accompagnatori per eventuali emergenze.
Il risultato? A quanto pare, ragazze e ragazzi hanno affrontato questo sacrificio senza esitazione, senza cedere mai, dimostrando grande maturità ed entusiasmo. La preside Mainardi ritiene che sia stata un'esperienza formativa non solo per gli studenti, ma anche per i genitori, che di fatto hanno dovuto fare i conti con l'assenza di comunicazione per quattro giorni.
Al di là della distanza e della nostalgia, l'esperienza ha giovato all'autonomia dei ragazzi e delle ragazze, avvicinandoli a un modo di vivere più semplice e orientato alla natura, ma anche più indipendente.