Viene definita “a rischio” una gravidanza in cui la mamma o il feto presentano un rischio aumentato di mortalità o morbilità (cioè di perdere la vita, sviluppare una malattia o di peggiorare lo stato di una preesistente).
A rilasciare il certificato che attesta la gravidanza a rischio è il medico ginecologo, che durante una delle visite prenatali di routine effettua la valutazione del rischio, esaminando diversi fattori tra i quali l’età, il peso, i problemi avuti in una eventuale gravidanza pregressa, i disturbi emersi prima o durante la gravidanza e l'eventuale assunzione di farmaci. A volte le complicanze sono già presenti prima di rimanere incinta, mentre in tanti casi insorgono quando la gravidanza è già in corso (ad esempio preeclampsia e diabete gestazionale) o durante il travaglio e il parto.
Ottenuto il certificato medico, la gestante ha la facoltà di richiedere l’astensione anticipata dal lavoro, cioè la maternità anticipata, un periodo di astensione dal lavoro che ha inizio prima del congedo di maternità obbligatorio. Tale astensione anticipata è prevista pure nel caso in cui la futura mamma svolga una mansione lavorativa ritenuta pericolosa per la salute sua e/o del feto e il datore di lavoro non abbia la possibilità di ricollocarla in un ruolo meno rischioso.
Cos’è la gravidanza a rischio
Una gravidanza è riconosciuta come “a rischio” quando viene rilevata una condizione che può mettere in pericolo la salute della mamma, del bambino o di entrambi.
In sostanza, prima o durante la gravidanza o il travaglio sono presenti o insorgono dei disturbi o delle complicazioni che rischiano di influire negativamente sull’evoluzione della gravidanza stessa e quindi sulla salute della madre e del suo bambino. Tale condizione può essere determinata da fattori molto vari tra cui patologie pregresse, eccessiva magrezza o obesità, cattivo stile di vita, traumi o specifiche caratteristiche del feto (quindi comunque tutti elementi che vengono ritenuti dal ginecologo rischiosi per il benessere della donna, del feto o di entrambi).
Quali sono le cause
Sono diversi i fattori di rischio che vengono valutati dal ginecologo per certificare una gravidanza come “a rischio”. Caratteristiche fisiche (come l’età e il peso della madre), presenza di malattie già in essere nella donna (come diabete o ipertensione) o che insorgono durante la dolce attesa (ad esempio la preeclampsia), uso di farmaci, complicanze emerse in una precedente gravidanza sono i più comuni. Vediamoli uno a uno:
- Età: in caso di mamme adolescenti, è più alto il rischio di sviluppare preeclampsia, travaglio pretermine, anemia o di partorire neonati sottopeso, mentre le madri over 35 presentano un rischio maggiore di manifestare preeclampsia, diabete gestazionale, anomalie cromosomiche del feto o morte alla nascita, distacco di placenta o placenta previa.
- Peso: le donne più magre (indice IMC inferiore a 18) o che pesano meno di 45 kg hanno più probabilità di partorire neonati sottopeso, mentre coloro che soffrono di obesità o che sono in sovrappeso (indice IMC di 25-29,9) rischiano di avere aborti spontanei, di partorire neonati grandi o al contrario sottopeso, con difetti congeniti, di sviluppare diabete gestazionale, ipertensione o preeclampsia.
- Anomalie strutturali dell’utero o della cervice.
- Altezza: nelle gestanti basse, alte meno di 150 cm, è più alta la probabilità di un travaglio pretermine, neonati sottopeso, e il feto potrebbe avere difficoltà ad attraversare il canale del parto durante il travaglio per le ridotte dimensioni del bacino materno.
- Problemi legati a una gravidanza pregressa tra cui: aborto spontaneo ripetuto, bambino nato morto, neonato prematuro, sottopeso o al contrario che pesa più di 4,5 kg, con difetti congeniti, parto cesareo d’urgenza.
- Disturbi pregravidici: diabete, disturbi o infezioni renali, ipertensione arteriosa, insufficienza cardiaca, anemia falciforme o infezioni sessualmente trasmesse;
- Disturbi durante la gravidanza: placenta previa, distacco di placenta, alterazioni del liquido amniotico, iperemesi gravidica e altro come gravidanza gemellare.
- Esposizioni durante la gravidanza a infezioni (come varicella, epatite, toxoplasmosi), a farmaci o a radiazioni.
Sintomi
I sintomi di una gravidanza a rischio sono diversi. Si tratta di segnali fisici che potrebbero indicare l'insorgenza di complicanze potenzialmente dannose per la salute della mamma e/o del figlio, così come potrebbero essere sintomi innocui. In caso li si noti, è sempre bene informare il medico, che saprà consigliare alla futura mamma come comportarsi, approfondire la causa del fastidio ed eventualmente individuare precocemente il disturbo, affrontandolo in tempo. Vediamo i sintomi più comuni di una gravidanza precoce:
- Febbre alta, diarrea, nausea, vomito in particolare se legati ad un’infezione in corso (come la listeriosi o la toxoplasmosi)
- Dolore addominale o pelvico a causa della rottura o torsione ovarica;
- Movimenti ridotti del feto a causa della crescita rallentata del feto o di alterazioni del benessere fetale;
- Contrazioni dolorose, sintomo di un parto prematuro o utero perennemente contratto, possibile segnale di un distacco di placenta;
- Sanguinamento vaginale;
- Pressione alta a causa di preeclampsia
Alla comparsa di uno di questi sintomi è sempre bene affidarsi alla competenza di un ginecologo per far valutare il quadro della situazione.
Cosa fare
È il ginecologo a effettuare la valutazione sulla base dei fattori di rischio ed eventualmente a certificare la gravidanza a rischio durante una visita prenatale di routine. Se viene confermata la gravidanza a rischio, la donna incinta viene seguita da più specialisti e sottoposta a diversi controlli. Generalmente si consiglia alla mamma uno stile di vita senza sforzi, mentre nei casi più gravi si valuta il ricovero in una struttura ospedaliera.
In caso di patologie già presenti o di complicanze sperimentate con il figlio precedente, è opportuno, quando possibile, segnalarle al medico già prima di rimanere incinta per eventualmente intraprendere una terapia mirata.
Come presentare la domanda di maternità anticipata
La lavoratrice dipendente in dolce attesa con problemi di salute legati all’evoluzione della gravidanza ha il diritto di richiedere l’astensione dal lavoro anticipata, rimanendo a casa prima del congedo di maternità obbligatorio per legge.
Cosa dice la legge
La legge 151 del 26 marzo 2001 tutela le donne in gravidanza, nello specifico le donne incinte lavoratrici, pure in caso di gravidanza a rischio.
La norma sancisce che il Ministero del lavoro ha il diritto di disporre, sulla base di accertamento medico, l’interruzione del lavoro delle gestanti (cioè la maternità anticipata) in caso di:
- gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza
- quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino
- quando la lavoratrice con gravidanza non a rischio non possa essere spostata ad altre mansioni
Come comunicare la gravidanza a rischio al datore di lavoro
La legge prevede l’obbligo per la lavoratrice incinta di comunicare la gravidanza al datore di lavoro «non appena accertato».
In caso di complicanze, va consegnata al datore di lavoro anche una copia del certificato che attesta una condizione di gravidanza a rischio.
Come fare la domanda
Una volta ottenuto dal ginecologo il certificato che attesta la gravidanza a rischio, occorre compilare la richiesta di interdizione anticipata dal lavoro e consegnarla (fisicamente o in via telematica) alla Segreteria del Distretto dell’Azienda sanitaria locale di appartenenza. La richiesta viene inoltrata all’Inps che eroga il servizio, come nel caso del congedo di maternità.
La maternità anticipata è prevista pure nel caso in cui futura mamma svolga una mansione lavorativa ritenuta pericolosa per la salute sua e/o del feto. Quando l’ambiente o le condizioni di lavoro rappresentano un rischio per il decorso della gravidanza, è però l’azienda a chiedere l’interdizione dal lavoro della futura mamma nel caso in cui non sia possibile provvedere ad un rimansionamento della stessa ad una condizione lavorativa senza rischi. In tal caso, la domanda va presentata all’Ispettorato Territoriale del Lavoro attraverso una dichiarazione del datore di lavoro dalla quale risulti l’impossibilità di adibire la lavoratrice ad altre mansioni.
Chi paga la maternità a rischio
Durante la maternità anticipata la gestante riceve un’indennità pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera calcolata sulla base dell’ultimo periodo di paga precedente l’inizio del congedo di maternità. La quota viene anticipata in busta paga dal datore di lavoro, il quale la recupera sui contributi da versare all’Inps.
Esistono tuttavia dei casi in cui è l’Inps ad erogare direttamente l’indennità, per esempio se la gestante è una lavoratrice stagionale, è disoccupata o sospesa o appartiene a specifiche categorie professionali. Se previsto dal Ccnl, il datore di lavoro contribuisce al restante 20% della quota.
Il consiglio dell'ostetrico
«Il concetto di rischio in gravidanza è molto dinamico. Ad eccezion fatta, infatti, di alcuni fattori di rischio maggiori o presenti già da prima della gravidanza stessa (come tra gli altri il diabete o l'ipertensione) molto spesso sviluppare un fattore di rischio durante la gestazione non significa che poi la situazione non possa ritornare alla normalità e quindi alla fisiologia. Se, ad esempio, una donna in gravidanza sviluppa una infezione alle vie urinarie che poi viene adeguatamente curata tramite antibiotici può ritornare, al termine della cura, ad essere ricollocata in una situazione di rischio basso».