Hannah Megan, mamma londinese di 34 anni, ha scelto di crescere le tre figlie con un’educazione domestica e un approccio di «gentle parenting» (genitorialità gentile). La 34enne, che lavora come dirigente di marketing, ha spiegato sul suo canale TikTok che le piccole, di 13, 10 e 8 anni, anziché andare a scuola durante la settimana partecipano a lezioni di teatro e a gruppi di “apprendimento democratico”, in cui sono loro a dettare le regole e a decidere se svolgere o meno i compiti, mentre quando sono in viaggio con la madre seguono lezioni online di tutoraggio. Megan adotta un modello pedagogico “morbido”, che non prevede premi e punizioni. I video della mamma, che si qualifica come un’esperta di “home education” e “gentle parenting”, hanno acceso un dibattito online, tra chi la critica e chi si complimenta con la donna. Wamily ha chiesto un parere al pedagogista del Comitato Socio-Scientifico di Wamily, il dott. Luca Frusciello.
Il “gentle parenting” di Hannah Megan
Megan, rispondendo sui social alle domande sulla genitorialità gentile, ha affermato che «vivere senza premi e punizioni rende le relazioni più autentiche e genuine perché non dobbiamo sempre stare sull'attenti quando abbiamo a che fare con gli altri, né c'è necessità di manipolare». Secondo la 34enne di Londra, esistono delle soluzioni alternative per sostituire le punizioni:
«Per far si che non ripetano un certo comportamento utilizzo sempre il concetto di "conseguenza naturale”. In pratica non c'è bisogno che io faccia niente, lascio che le conseguenze delle loro azioni parlino da sé, narrandole per far capire meglio come determinate azioni abbiano causato ciò. Poi, spiego come il loro comportamento mi ha fatto sentire. Però non faccio seguire alle mie parole qualcosa di completamente scollegato al discorso, come il fatto che non potranno guardare la tv o usare l'iPad per una settimana. Non è che io voglia essere sempre dolce e carina con loro, ma credo che uno degli strumenti più potenti che abbiamo per modificare i comportamenti sia il senso di colpa, quello spontaneo e naturale».
Il parere del pedagogista
Sulla questione è intervenuto il pedagogista Frusciello, che ha sottolineato come l’errore nelle parole della madre sia linguistico, più che di contenuto.
«La mamma dice che le sue figlie imparano per conseguenze naturali, cioè mettono in atto qualcosa e se è sbagliato lei non interviene, lascia che siano gli eventuali eventi avversi a insegnare loro che quel gesto non va bene, e lei dà loro un feedback emotivo spiegando come si è sentita, – commenta il pedagogista – ma tutto ciò non si chiama né premio, né punizione, si chiama relazione. È concettualmente corretto, però non è vero che lei lascia la libertà completa alle figlie, perché nell’offrire un feedback alle bambine le sta comunque guidando (nonostante non le stia manipolando). Siamo tutti d’accordo sull’evitare di essere controllanti e soffocanti nei confronti dei bimbi e sul lasciarli libero di esprimersi e di sperimentare in autonomia, come ci insegna anche l’approccio montessoriano, ma è naturale che la guida dell’adulto rimanga, come rimane anche per questa mamma. Si tratta quindi di un concetto sano, viziato da un difetto linguistico, non di contenuto».
L’home education della mamma 34enne
Alla nascita della primogenita, oggi 13enne, Megan non era convinta che l’istruzione tradizionale avrebbe giovato alla figlia. Si è rifiutata di iscriverla a scuola, quindi, e ha elaborato un piano di istruzione domiciliare, che ha adottato pure per le due sorelle più piccole. «Dico sempre loro che sono libere di iniziare la scuola se è quello che vogliono – ha dichiarato Megan – ma l’ultima volta che gliel’ho chiesto la loro risposta è stata: “diavolo, no!”». Secondo la 34enne, si tratta di un modello educativo innovativo, meno teorico e più pratico, attraverso il quale le figlie, quando viaggiano, imparano la matematica «convertendo la valuta», praticano nuove lingue e «studiano la geografia, le religioni e la cultura del luogo» che stanno visitando.
Il parere del pedagogista
La questione del rifiuto della scuola come istituzione e come luogo di formazione e socializzazione e l’abolizione dei compiti è più delicata, come sottolinea il pedagogista Frusciello.
«Non è pensabile un’educazione completamente libera – spiega il pedagogista – . I bambini vivono in un contesto pregno di norme sociali e i genitori portano a casa quello che è il mondo e insegnano ai figli i valori. Ammettere che il piccolo disponga di un gradiente di libertà e di autodeterminazione, come quello di un adulto, è sbagliato, perché il bambino è un essere umano informe che deve trovare una forma attraverso un’educazione che gli permetta di strutturarsi, di riuscire a stare in questo mondo, di trovare la sua autenticità. Come può sperimentare le piccole frustrazioni della quotidianità se non va a scuola, dove magari incontra un insegnante scorbutico e arrogante? Non potrà tornare a casa, raccontarlo e avere dei genitori che gli spiegano come affrontare questi problemi, come interfacciarsi con una persona arrogante, come rispondere a una frustrazione dettata da qualcun altro».
La famiglia continua ad evolvere: da normativa, ad affettiva, fino alla genitorialità positiva o gentile.
«Un tempo non ci si interrogava sull’educazione dei figli – continua il dott. Frusciello -. Siamo evoluti, la famiglia da normativa è diventata affettiva, e adesso è in atto un ulteriore cambiamento: sta prendendo piede la famiglia positiva o gentile, dove ognuno nella sua individualità cerca il metodo migliore per educare i figli cercando un’eterogeneità che non ci sta dando valore, ma creando confusione. Non credo che sia possibile isolare un bimbo come alla Jean-Jacques Rousseau, il quale voleva togliere il bimbo dalla società corruttiva per crescerlo in un ambiente dove potesse diventare autentico ed esprimere se stesso, così da creare un individuo migliore. Il concetto del bimbo selvaggio non è riproducibile. La società va avanti e noi dobbiamo evolvere insieme ad essa».