«Basta, adesso vai in castigo» quante volte i nostri genitori o le insegnanti ci apostrofavano con questa frase, per una risata di troppo, una risposta insolente o una marachella imperdonabile. E così trascorrevamo del tempo in silenzio, da soli, dietro la lavagna o nella nostra cameretta, vedendo annullarsi tutti gli appuntamenti del pomeriggio e della sera, a volte anche per intere settimane.
Ma il castigo funziona davvero con i bambini? No, il loro agire nel giusto o il loro sbagliare, non può essere ridotto a un sistema fatto di premi e castighi, se vogliamo educarli dobbiamo parlare con loro, spiegare perché ciò che hanno fatto non è corretto e ascoltarli, comprendendo le loro motivazioni.
Non insegna ma frustra
Punire il bambino privandolo vedere gli amici, con i quali magari si trova per fare i compiti, obbligandolo a saltare un allenamento, evitando insomma che oltre agli impegni quotidiani possa dedicarsi a qualche attività di svago non gli insegna nulla.
In una discussione durante la quale inevitabilmente i toni si accendono, perché nessuno ne vuole sapere di abbassare la guardia, iniziare a dire al bambino:«Da oggi non usi più i videogiochi per un mese» o «Non esci più il pomeriggio» non fa altro che aumentare la sua rabbia e frustrazione, perché sente di subire l'ennesima ingiustizia. Questo senso di sconforto non gli permetterà di comprendere il motivo del rimprovero, gli insegnerà invece che è giusto quando si subisce un torto, provocarne un altro a sua volta.
Innesca il senso di colpa
Il senso di colpa si innesca con gran facilità nei bambini che tendono ad essere rimproverati a suon di "questo sì" e "questo no", senza alcuna giustificazione. Questo sentirsi sbagliati è però spesso figlio dei castighi che spesso non sono corredati da una spiegazione, se non: non hai rispettato le regole, quindi ti meriti di non poter fare ciò che ti piace fare.
Il bimbo dunque, privato di tutto, anche della parola "Se dici ancora qualcosa, non vedi più il basket per i prossimi mesi", si sentirà perso. Vorrebbe esprimere il suo malessere, spiegarci perché ha reagito così ma noi glielo impediamo. La conseguenza di questo? La totale incapacità di agire, il bambino, mosso solamente dalla paura di vedersi privato delle sue ore di libertà sul campo da basket, preferirà non sbagliare e quindi dire più nulla. Terrà dentro di sé i suoi sentimenti, positivi o negativi e più che portarci rispetto sarà intimorito da noi.
Non agire per paura delle ripercussioni delle proprie azioni, però, non permetterà ai bimbi di misurarsi con i propri errori, di trovare soluzioni, nemmeno di alzare la mano quando la maestra in classe farà una domanda e lui sa perfettamente la risposta.
Fa male all'autostima
Le punizioni fanno molto male all'autostima in primo luogo se sono plateali. Gridare davanti a tutti i compagni di classe «Basta, tu non vai alla festa di Giacomo!», perché il bimbo non ne voleva sapere di scendere dall'altalena e tornare a casa come gli abbiamo chiesto lo farà sentire mortificato, molto più che nell'errore.
Inoltre punire senza dare spiegazioni di alcun tipo, farà credere al bambino di non poter aver voce in capitolo se sbaglia, e quindi che sia giusto subire passivamente ogni volta che fa qualcosa che non va.
Ogni errore nella vita ha delle conseguenze certo, ma il bambino deve essere spinto a riflettere su questo, farlo sentire semplicemente sbagliato, lo convincerà di essere inadatto, scalfendo completamente la sua autostima.
Allora che fare?
Non è semplice, soprattutto quando siamo stanchi e nervosi, riuscire a gestire i capricci dei nostri figli o tutto ciò che ai nostri occhi suona come una mancanza di rispetto. Dobbiamo però cercare di ragionare sul fatto che non si possono educare i bambini ad avere paura di noi, né tanto meno convincerli che la loro parola non valga nulla, dal momento che noi siamo i loro genitori.
I capricci sono momenti di disregolazione emotiva, i bambini stanno imparando a gestire le loro emozioni. I litigi, poi, servono a formare il loro carattere che si delinea proprio contrapponendosi al nostro.
Davanti a una mancanza di rispetto, anche se complesso, cerchiamo di reagire calmandoci, calmando il bambino e spiegandogli perché ciò che ha fatto è sbagliato, cosa ci ha fatto male. Allo stesso modo, poi cerchiamo di ascoltare lui. Quando si è arrabbiati tutto questo può essere molto complicato, ma cerchiamo di pensare che ogni azione compiuta oggi si ripercuote sull'uomo che nostro figlio sarà un domani. Optiamo piuttosto per il silenzio attivo, ammutolirsi durante una discussione, cambiare aria per qualche minuto permette a entrambi di empatizzare e riflettere sui propri errori.